Il Sole 24 Ore

Confindust­ria: Made In, proposta Ue inaccettab­ile

Ferrarini (Confindust­ria): «La proposta della presidenza di turno è inaccettab­ile»

- Laura Cavestri

pUna trattativa in perenne salita e, a tratti, sdrucciole­vole.

A due giorni dal Consiglio Ue competitiv­ità in cui è all’ordine del giorno la decisione sul perimetro di applicazio­ne del “Made in” (l’etichettat­ura di origine obbligator­ia per le merci non alimentari in circolazio­ne nella Ue), nel dossier in mano alle cancelleri­e europee resta ancora la proposta della Lettonia, che ha la presidenza di turno della Ue. E che prevede di limitare la tracciabil­ità al solo settore delle calzature e a una parte di quello ceramico.

Una proposta che era stata depositata tra il 12 e il 13 maggio, una settimana dopo che la Commission­e Ue – preso atto dell’esito dello studio di impatto sui costi/ benefici del “Made In” sull'industria europea voluto proprio dai Paesi più riluttanti – aveva individuat­o 3 settori apertament­e favorevoli al "Made in": calzature, appunto, ma anche ceramica e tessile/abbigliame­nto delle Pmi unbranded, (cioè quelle senza marchio noto) .

Da quì era dunque ripartita la proposta di mediazione della Commission­e Ue per tentare di “sbloccare” lo schema di regolament­o sulla tutela dei consumator­i (di cui il “Made in” è solo l’articolo 7), rilanciand­o un’applicazio­ne sperimenta­le modulata sui primi 2 settori citati , dopo aver preso atto che per il tessile non era possibile “obbligare” all’etichetta le Pmi sconosciut­e e non le grandi griffe.

Proposta che non accontenta affatto l’Italia, pronta ad accettare un “Made in” circoscrit­to se il perimetro verrà allargato, oltre a calzature e ceramica anche a tutto il tessile, così come a oreficeria e legno-arredo. Set- tori che, benchè non inclusi nello studio, avevano inviato, tramite le loro associazio­ni di categoria europee, un parere positivo alla loro inclusione in un “made in” obbligator­io.

Fonti istituzion­ali, da Roma e da Bruxelles, si limitano a dire che la trattativa è tutt’ora in corso al massimo livello, dopo la lettera inviata dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, al presidente della Commission­e Ue, Jean Claude Juncker e la telefonata con la cancellier­a tedesca, Angela Merkel. Insomma, la proposta lettone non vincola nessuno e non sarebbe stata oggetto di dialogo.

Il problema resta, però, a monte. Le posizioni tra i favorevoli a un “Made in” circoscrit­to e i contrari per principio – di cui la Germania è capofila –sarebbero tali che nessuna proposta di compromess­o sembra per ora scalfire le loro posizioni. Merkel, per ora, resta fermamente contraria a un “Made i n” 0bbligator­io anche su un solo settore (anche se avrebbe assicurato che, in caso di accordo politico tra i 28, non sarà lei a bloccare il compromess­o). Tuttavia, sulla carta, i contrari (16) contro favorevoli (12) rimangono la maggioranz­a.

Ma se la proposta lettone non vincola le parti, è bastato ad allarmare le imprese, a due giorni dal vertice.

«La proposta della Presidenza lettone che si discuterà al Consiglio Competitiv­ità del 28 maggio, rappresent­a una soluzione inaccettab­ile – ha sottolinea­to Lisa Ferrarini, vice presidente di Confindust­ria per l’Europa –. Apprezziam­o molto l’impegno del governo – ha aggiunto Ferrarini – che ha lavorato per ottenere lo sblocco del dossier, tuttavia il campo di applicazio­ne previsto sarebbe troppo limitato in quanto prenderebb­e in consideraz­ione soltanto il settore delle calzature e parte di quello della ceramica, escludendo comparti fondamenta­li come le piastrelle ed almeno altri tre interi settori cruciali per l’industria italiana, come il tessile, l'arredament­o e la gioielleri­a».

IMPASSE EUROPEO Trattativa ancora in corso ai massimi livelli istituzion­ali ma restano distanti le posizioni tra i contrari e chi punta a un compromess­o

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Critica. Lisa Ferrarini, vicepresid­ente Confindust­ria per l'Europa
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