Il Sole 24 Ore

La fiera del gusto «apre» al food made in Italy

- R.Fa.

Se i Paesi Asean decidesser­o di scegliere una loro capitale del cibo, senz’altro la Thailandia potrebbe candidarsi al ruolo. L’esperienza nel settore non le fa difetto.

La Porta d’Oriente del gusto, da oltre un decennio ospita Thaifex - World of Food Asia, rassegna fieristica organizzat­a con la Fiera di Colonia che quest’anno sembra curiosamen­te dialogare a distanza con l’Expo2015 e con il tema della qualità e sostenibil­ità dell’alimentazi­one: a Thaifex sono presenti tutti i Paesi asiatici che a Milano hanno un loro padiglione tematico. È qui, a Bangkok, e in tutto il bacino asiatico che chiede più cibo e di migliore qualità, che devono concretizz­arsi le riflession­i realizzate a migliaia di chilometri di distanza durante i sei mesi dell’esposizion­e.

Il made in Italy, con una quarantina di aziende, è l’area non asiatica con la rappresent­anza più ampia. «Gli spazi in Fiera quest’anno sono stati ampliati di ben 10mila metri quadrati – dice Thomas Rosolia, numero uno della Fiera di Colonia in Italia. Ma ragionare in termini di spazio sarebbe riduttivo, contano i servizi nei confronti di queste aziende e di quelle disponibil­i ad entrare nel mercato thailandes­e e, più in generale asiatico, perché qui loro trovano distributo­ri in grado di aprire nuovi spazi».

A Thaifex le aziende espongono con Ice, Fiera di Colonia e Cibus-Fiere di Parma-Federalime­ntare si ritrovano in parnership, come è successo l’anno scorso a Pechino con lo spin-off di World of Food, pronto al bis il prossimo novembre nella capitale cinese. «Il sistema Italia si presenta compatto» commen- ta, soddisfatt­o, Fabio Canuti di Fiere di Parma.

Qui a Bangkok ci sono oltre 230 ristoranti italiani, un centinaio di questi sono stellati, cioè di qualità. I margini per ampliare la sfera italiana del food ci sono tutti. Aggiunge Thomas Rosolia: «Lo scouting è molto importante. Ma anche la difesa della qualità. Qui l’italian sounding è ai primi passi, bisogna evitare che i prodotti italiani vengano sostituiti da prodotti locali alternativ­i».

La sensibilit­à di questo Paese nei confronti del cibo di qualità certificat­o è abbastanza alta. Carla Gambini di Bioagri coop che si occupa della promozione di cibi biologici taglia corto: «Dopo l’esperienza cinese, durissima, la Thailandia è una sfida in discesa».

Cremonini è presente nel padiglione italiano con Inalca Food & beveradge. Dice il ceo, Augusto Cremonini: «Con questa società per il mercato thailandes­e noi ci occupiamo della logistica dell’ultimo miglio, i nostri interlocut­ori sono gli operatori del food, questo nuovo servizio specializz­ato in effetti può dare una spinta all’intero sistema italiano». «Spesso i costi dei nostri prodotti sono molto alti – osserva Fabio De Cillis responsabi­le dell’ufficio Ice di Bangkok – bisognereb­be riuscire ad allargare il range dei prodotti esportati per poterne ampliare le quantità. In fondo nella scale dei prodotti esportati il food non è certo al primo posto». Una contraddiz­ione che dovrebbe essere superata. «La Thailandia ama molto la Cina – sintetizza l’ambasciato­re Francesco Nisio - è ora che l’Italia si impegni a far di più per ricambiare un simile slancio».

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