Un modello circolare al posto dell’usa e getta
Prodotti che passano «dalla culla alla culla» e non «dalla culla alla tomba»
Non più usa e getta, ma usa e ricicla. Dopo la rivoluzione dei prodotti monouso, partita all’inizio del secolo scorso, quando le risorse del pianeta sembravano inesauribili, e attualmente estesa a vaste fette del mercato dei beni di consumo, oggi siamo in una fase in cui c’è chi guarda in un’altra direzione. La coperta delle risorse è sempre più corta (o costosa), la plastica lasciata nell’ambiente invade gli oceani e l’inquinamento ci toglie l’aria, perciò il sistema economico internazionale deve ripensare i suoi modelli di sviluppo, anche per rallentare il cambiamento climatico in atto, con il suo carico di problemi. Bisogna quindi - facilitati da nuove tecnologie e nuovi materiali - imparare buone pratiche, partendo dalla fine vita e non dalla facilità di consumo dei prodotti, sia nei processi industriali che negli acquisti.
Anche l’industria può trarre - e conferire alle sue comunità di riferimento - indubbi vantaggi da un nuovo modo di produrre, distribuire e recuperare,ovveroentrandonelcircolovirtuoso dell’economia circolare e trasformando rifiuti e residui in risorse. E i consumatori possono imparare a scegliere i prodotti più sostenibili, consumarli in modo responsabile, condividerli se possibile e poi ripararli o manutenerli per farli durare di più, conferendo poi nel luogo giusto residui e rifiuti.
Al modello lineare - che si conclude nella pattumiera, con prodotti «cradle to the grave» (dalla culla alla tomba) - si può sostituire gradualmente un sistema circolare, pensato in chiave rigenerativa, con beni «cradle to cradle» (dalla culla alla culla), come li ha definiti Michael Braungart negli anni Ottanta. Rispetto al primo, questo sistema, dopo le fasi di scelta delle materie prime, design, produzione, distribuzione e consumo, prevede altri due passaggi, la raccolta e il riciclo, che nel modello lineare tradizionale mancano.
Questa concezione è stata annoverata fra le prioritàdell’Unioneeuropeadal2014, conlaproposta di un pacchetto di misure sull’economia circolare. Un pacchetto parziale, però, incentrato in prevalenza sulla mera gestione dei rifiuti, giudicato da più parti punitivo nei confronti dell’industria, quindi ritirato e ridiscusso in queste settimane (se ne parlerà anche in una grande conferenza a Bruxelles il prossimo 25 giugno), per essere ripresentato riscritto integralmente entro fine anno.
Quel pacchetto conteneva la comunicazione«Versoun’economiacircolare:unprogramma a zero rifiuti per l’Europa» (citata anche in Italianeltestodeldecretocompetitivitàdopola conversioneinlegge),doveeranopresentatigli enormivantaggisulpianodell’efficienzaedella valorizzazione dei processi, realizzabili attraverso l’economia circolare. «Migliori strategie per l’eco-design dei prodotti, per la prevenzionedeirifiutieperilriusopossonofarrisparmiare al business europeo fino a 600 miliardi di euro, riducendo nel contempo le emissioni di gas serra - scriveva la Commissione Ue -. Misure aggiuntive per aumentare la produttività delle risorse impiegate del 30% entro il 2030 potrebbero far crescere il prodotto interno lordo europeo di circa l’1%, creando due milioni di posti di lavoro addizionali».
Nonmancanoglistudiasupportodiquestateoriadeibeneficicondivisidell’economiacircolare. Apartiredallaricerca-pioniera, realizzataper laEllenMacArthurFoundation(chehauncentinaio di influenti soci industriali) dalla società di consulenza strategica più gettonata dalle multinazionali, McKinsey. Lì c’è una prima stima dei benefici per alcuni segmenti del manifatturiero mondiale, generati dai soli risparmi in materie prime realizzabili se venisse adottato su vasta scala il modello dell’economia circolare: 630 miliardi di dollari all’anno.
Su questo tema si sofferma anche un recente studiodellasocietàdiconsulenzainternazionale Accenture. «Leimpreseintransitoversounmodellocircolarestannoacquisendovantaggicompetitivi rilevanti e sostenibili (da Renault ad Amazon, da Philips a Google, da Michelin a Marks&Spencer) - spiega Danilo Troncarelli, managingdirectorUtility& sustainabilitydiAccenture Strategy -. Il 2000 ha segnato la fine di un’eracaratterizzatadarisorse(energia,materie prime, metalli, fertilizzanti, alimenti) abbondantieconprezzistabilioincalo.Poi,dal2000al2013, per ogni incremento del Pil mondiale dell’1%, il prezzodellerisorseèaumentatodell’1,9%(mentrenei25anniprecedentierascesodello0,5%).Ei costi di estrazione e sfruttamento delle risorse salirannosempredipiù.Perquestoleopportunitàdibusinesslegatealleiniziativedicirculareconomysonointeressanti,considerandochesipuò recuperare quasi tutta l’enorme quantità di materialiprimioggipersa(stimabiledal60%al90%, in base al materiale, al Paese e alla industry)».
Anche il Green economy observatory (Geo) dell’UniversitàBocconiègiuntoaconclusionisimili in uno studio recente. «Si stima che nel 2020 circa 82 miliardi di tonnellate di materie prime saranno utilizzate dall’economia mondiale: il 30% in più del livello attuale; e allora, come farà l’economiamondialeagirareallostessoritmoattuale? - si chiede Fabio Iraldo, coordinatore Geo Bocconi-.Questo30%sipuòconsiderarelasommadelleoccasioniperdutedalflussodell’economia circolare, che le autorità mondiali stanno cercando di innescare. Basti pensare che solo un terzodei60metallipiùcomunihauntassodiriciclo più alto del 25%: una percentuale da alzare drasticamente, mediantepoliticheadhocchefacilitino la rimozione delle attuali barriere». Ma qualisonolecauseall’originediquesteoccasioni perdute? «Le forze centrifughe - spiega Iraldo - che distraggono risorse potenziali dal modello circolare, derivano da una serie di inerzie: culturali, tecnologiche, istituzionali, di mercato e così via. Soltanto superando queste inerzie sarà possibile realizzare la circolarità dell’economia».
Fin qui i benefici economici che potrebbero derivare dal passaggio da un modello lineare a uno circolare dell’economia. Benefici che hanno una loro valenza forte, perché sono la leva più potente per spingere i governi e l’Unione europea a legiferare in materia, con strategie premianti (mentre l’approcciopunitivogenerasololevatediscudi, in una congiuntura economica difficile come quellaattuale). Nonvannotrascurati, tuttavia, i benefici ambientali.
Secondo un recente studio dell’associazioneClubofRome, attivadal1968, sel’economia diventasse circolare le emissioni risulterebbero tagliate di conseguenza del 70%, senza leggi né tasse ad hoc. Un risultato che rallenterebbe il cambiamento climatico in atto: emergenzaglobale,questa,chesaràalcentrodeinegoziati della prossima conferenza Onu postKyoto, la Cop21 di dicembre a Parigi. Tutti questi benefici sono ben noti alle imprese pioniere dell’economia circolare e a quelle aderenti al programma per la sostenibilità delle Nazioni Unite, il Global compact. Anche le altre aziende - e i Governi - farebbero bene a entrare in partita, anche gradualmente: è un gioco win-win, in cui tutti possono guadagnare.