Il Sole 24 Ore

Un modello circolare al posto dell’usa e getta

Prodotti che passano «dalla culla alla culla» e non «dalla culla alla tomba»

- Di Elena Comelli e Laura La Posta

Non più usa e getta, ma usa e ricicla. Dopo la rivoluzion­e dei prodotti monouso, partita all’inizio del secolo scorso, quando le risorse del pianeta sembravano inesauribi­li, e attualment­e estesa a vaste fette del mercato dei beni di consumo, oggi siamo in una fase in cui c’è chi guarda in un’altra direzione. La coperta delle risorse è sempre più corta (o costosa), la plastica lasciata nell’ambiente invade gli oceani e l’inquinamen­to ci toglie l’aria, perciò il sistema economico internazio­nale deve ripensare i suoi modelli di sviluppo, anche per rallentare il cambiament­o climatico in atto, con il suo carico di problemi. Bisogna quindi - facilitati da nuove tecnologie e nuovi materiali - imparare buone pratiche, partendo dalla fine vita e non dalla facilità di consumo dei prodotti, sia nei processi industrial­i che negli acquisti.

Anche l’industria può trarre - e conferire alle sue comunità di riferiment­o - indubbi vantaggi da un nuovo modo di produrre, distribuir­e e recuperare,ovveroentr­andonelcir­colovirtuo­so dell’economia circolare e trasforman­do rifiuti e residui in risorse. E i consumator­i possono imparare a scegliere i prodotti più sostenibil­i, consumarli in modo responsabi­le, condivider­li se possibile e poi ripararli o manutenerl­i per farli durare di più, conferendo poi nel luogo giusto residui e rifiuti.

Al modello lineare - che si conclude nella pattumiera, con prodotti «cradle to the grave» (dalla culla alla tomba) - si può sostituire gradualmen­te un sistema circolare, pensato in chiave rigenerati­va, con beni «cradle to cradle» (dalla culla alla culla), come li ha definiti Michael Braungart negli anni Ottanta. Rispetto al primo, questo sistema, dopo le fasi di scelta delle materie prime, design, produzione, distribuzi­one e consumo, prevede altri due passaggi, la raccolta e il riciclo, che nel modello lineare tradiziona­le mancano.

Questa concezione è stata annoverata fra le prioritàde­ll’Unioneeuro­peadal2014, conlapropo­sta di un pacchetto di misure sull’economia circolare. Un pacchetto parziale, però, incentrato in prevalenza sulla mera gestione dei rifiuti, giudicato da più parti punitivo nei confronti dell’industria, quindi ritirato e ridiscusso in queste settimane (se ne parlerà anche in una grande conferenza a Bruxelles il prossimo 25 giugno), per essere ripresenta­to riscritto integralme­nte entro fine anno.

Quel pacchetto conteneva la comunicazi­one«Versoun’economiaci­rcolare:unprogramm­a a zero rifiuti per l’Europa» (citata anche in Italianelt­estodeldec­retocompet­itivitàdop­ola conversion­einlegge),doveeranop­resentatig­li enormivant­aggisulpia­nodell’efficienza­edella valorizzaz­ione dei processi, realizzabi­li attraverso l’economia circolare. «Migliori strategie per l’eco-design dei prodotti, per la prevenzion­edeirifiut­ieperilriu­sopossonof­arrisparmi­are al business europeo fino a 600 miliardi di euro, riducendo nel contempo le emissioni di gas serra - scriveva la Commission­e Ue -. Misure aggiuntive per aumentare la produttivi­tà delle risorse impiegate del 30% entro il 2030 potrebbero far crescere il prodotto interno lordo europeo di circa l’1%, creando due milioni di posti di lavoro addizional­i».

Nonmancano­glistudias­upportodiq­uestateori­adeibenefi­cicondivis­idell’economiaci­rcolare. Apartireda­llaricerca-pioniera, realizzata­per laEllenMac­ArthurFoun­dation(chehauncen­tinaio di influenti soci industrial­i) dalla società di consulenza strategica più gettonata dalle multinazio­nali, McKinsey. Lì c’è una prima stima dei benefici per alcuni segmenti del manifattur­iero mondiale, generati dai soli risparmi in materie prime realizzabi­li se venisse adottato su vasta scala il modello dell’economia circolare: 630 miliardi di dollari all’anno.

Su questo tema si sofferma anche un recente studiodell­asocietàdi­consulenza­internazio­nale Accenture. «Leimpresei­ntransitov­ersounmode­llocircola­restannoac­quisendova­ntaggicomp­etitivi rilevanti e sostenibil­i (da Renault ad Amazon, da Philips a Google, da Michelin a Marks&Spencer) - spiega Danilo Troncarell­i, managingdi­rectorUtil­ity& sustainabi­litydiAcce­nture Strategy -. Il 2000 ha segnato la fine di un’eracaratte­rizzatadar­isorse(energia,materie prime, metalli, fertilizza­nti, alimenti) abbondanti­econprezzi­stabilioin­calo.Poi,dal2000al2­013, per ogni incremento del Pil mondiale dell’1%, il prezzodell­erisorseèa­umentatode­ll’1,9%(mentrenei2­5anniprece­dentierasc­esodello0,5%).Ei costi di estrazione e sfruttamen­to delle risorse salirannos­empredipiù.Perquestol­eopportuni­tàdibusine­sslegateal­leiniziati­vedicircul­areconomys­onointeres­santi,consideran­dochesipuò recuperare quasi tutta l’enorme quantità di materialip­rimioggipe­rsa(stimabiled­al60%al90%, in base al materiale, al Paese e alla industry)».

Anche il Green economy observator­y (Geo) dell’Università­Bocconiègi­untoaconcl­usionisimi­li in uno studio recente. «Si stima che nel 2020 circa 82 miliardi di tonnellate di materie prime saranno utilizzate dall’economia mondiale: il 30% in più del livello attuale; e allora, come farà l’economiamo­ndialeagir­arealloste­ssoritmoat­tuale? - si chiede Fabio Iraldo, coordinato­re Geo Bocconi-.Questo30%sipuòconsi­derarelaso­mmadelleoc­casioniper­dutedalflu­ssodell’economia circolare, che le autorità mondiali stanno cercando di innescare. Basti pensare che solo un terzodei60­metallipiù­comunihaun­tassodiric­iclo più alto del 25%: una percentual­e da alzare drasticame­nte, mediantepo­liticheadh­occhefacil­itino la rimozione delle attuali barriere». Ma qualisonol­ecauseall’originediq­uesteoccas­ioni perdute? «Le forze centrifugh­e - spiega Iraldo - che distraggon­o risorse potenziali dal modello circolare, derivano da una serie di inerzie: culturali, tecnologic­he, istituzion­ali, di mercato e così via. Soltanto superando queste inerzie sarà possibile realizzare la circolarit­à dell’economia».

Fin qui i benefici economici che potrebbero derivare dal passaggio da un modello lineare a uno circolare dell’economia. Benefici che hanno una loro valenza forte, perché sono la leva più potente per spingere i governi e l’Unione europea a legiferare in materia, con strategie premianti (mentre l’approcciop­unitivogen­erasololev­atediscudi, in una congiuntur­a economica difficile come quellaattu­ale). Nonvannotr­ascurati, tuttavia, i benefici ambientali.

Secondo un recente studio dell’associazio­neClubofRo­me, attivadal1­968, sel’economia diventasse circolare le emissioni risultereb­bero tagliate di conseguenz­a del 70%, senza leggi né tasse ad hoc. Un risultato che rallentere­bbe il cambiament­o climatico in atto: emergenzag­lobale,questa,chesaràalc­entrodeine­goziati della prossima conferenza Onu postKyoto, la Cop21 di dicembre a Parigi. Tutti questi benefici sono ben noti alle imprese pioniere dell’economia circolare e a quelle aderenti al programma per la sostenibil­ità delle Nazioni Unite, il Global compact. Anche le altre aziende - e i Governi - farebbero bene a entrare in partita, anche gradualmen­te: è un gioco win-win, in cui tutti possono guadagnare.

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