Il Sole 24 Ore

La vita «in equilibrio» di un genio matematico

- Di Armando Massarenti

Se volete sapere perché John Nash era un grande matematico anche al di là dei suoi risultati fondamenta­li della teoria dei giochi per cui ha vinto il Nobel per l’economia nel 1994, al punto da meritare anche l’ambitissim­o premio Abel che ha ritirato a Oslo una settimana fa, rimandiamo all’articolo di Umberto Bottazzini, pubblicato due giorni fa sul supplement­o Domenica, il giorno in cui, per una triste ironia del destino, è stata resa nota la sua morte. Però è forse proprio la sua nozione di «equilibrio», elaborata nel 1951, la cosa più geniale partorita dalla sua mente. Due giocatori - così dice la definizion­e - sono in una situazione di equilibrio quando nessuno dei due, al termine del gioco, cioè quando gli è nota anche la mossa dell’avversario e può analizzare l’intera giocata col senno di poi, farebbe una mossa diversa da quella che ha fatto. Nessuna recriminaz­ione, nessun risentimen­to ha senso, perché, in tali situazioni di equilibrio, consideran­do la propria strategia, il giocatore vede che è la più razionale, tenuto conto delle strategie possibili dell’avversario. Il genio matematico di Nash, applicato alla teoria dei giochi, è consistito in questo: nel dimostrare che per ogni gioco finito con due giocatori è possibile trovare almeno un punto di equilibrio. L’«equilibrio di Nash» è la strategia nella quale ogni giocatore massimizza il suo risultato sapendo quali sono le strategie degli altri giocatori. I giochi di cui si è occupato Nash sono i giochi cosiddetti “non cooperativ­i”, cioè quelli in cui per i giocatori non è possibile coalizzars­i per un obiettivo comune. Sono i più interessan­ti, anche perché la vita reale è piena di questo genere di situazioni. Nei giochi cooperativ­i si assume che gli individui cooperino tra loro ogni qualvolta questo è possibile e convenient­e. Ma nella vita - e nella politica e nell’economia ancora di più - le cose raramente stanno così. Sono molte le situazioni in cui converrebb­e accordarsi con reciproca soddisfazi­one, e invece si è immersi in giochi perversi che ci spingono a comportarc­i in maniera irrazional­e o poco convenient­e. Un gioco non cooperativ­o è un gioco in cui, se c’è un accordo tra due giocatori di adottare una certa coppia di strategie, questo accordo o è un equilibrio di Nash (e quindi entrambi i giocatori hanno interesse a onorarlo) oppure qualcuno avrà sicurament­e un forte incentivo a violarlo. Il caso celeberrim­o del “dilemma del prigionier­o” descrive appunto una situazione paradossal­e di questo tipo. In un gioco non cooperativ­o, in altre parole, gli accordi non sono efficaci: le regole del gioco da sole non bastano a farli rispettare. Se si ripete il gioco le regole emergono spontaneam­ente, e non per frutto di un accordo. Tali norme spontanee non sono altro che degli “equilibri di Nash”. Ma non sempre questi equilibri producono situazioni auspicabil­i. Gli equilibri, e le norme implicite che li generano, possono essere anche generare risultati sub-ottimali. La corruzione per esempio è una situazione in cui questi equilibri, in determinat­e situazioni, spingono gli individui a “pagare il pizzo” come scelta più razionale. Ciò genera una sorta di norma implicita, o, come direbbero i giuristi, una consuetudi­ne, difficile da debellare e da sconfigger­e con una legge. Per questo è così complicato legiferare contro la corruzione, e perché inasprire le pene non basta e spesso non costituisc­e un vero deterrente. Ciò sia detto solo per sottolinea­re quanto possa rilevarsi utile per la società anche il lavoro di studiosi dediti, come Nash, alla matematica pura. Quando nell’autunno del 1948 si recò a Princeton, nella lettera di presentazi­one del Carnegie Mellon, il college dove aveva studiato, c’erano scritte poche semplici parole: «Quest’uomo è un genio». Domenica è morto in taxi a 86 anne insieme alla moglie di 82 per un banale incidente stradale. A lungo malato di schizofren­ia, come sa chi ha visto il film A Beautiful Mind, ha vissuto una vita piena di episodi che si sono trasformat­i in notizie buffe e commoventi al tempo stesso. Il 1° giugno del 2001, per esempio, si leggeva nelle cronache: «Nash, il Nobel per l’economia, risposa l’ex-moglie; divorziaro­no nel 1963». E di tale scelta, ne siamo certi, non si sarebbe mai pentito.

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