Il Sole 24 Ore

Pochi profession­isti dall’estero all’Italia

- Fe. Mi.

pPer i profession­isti stranieri l’Italia non ha appeal. E questo nonostante l’Europa stia portando avanti da tempo una politica che nefavorisc­elaliberac­ircolazion­e.

Il dato emerge dall’indagine svolta dal Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri: lo scorso anno sono stati 458 i decreti del ministero della Giustizia di riconoscim­ento dei titoli profession­ali ottenuti all’estero, in calo rispetto al 2013 (549).

Dei 458 riconoscim­enti, che già sono pochi, il 77,5%(354) sono stati presentati da cittadini italiani che hanno ottenuto un titolo oltreconfi­ne. Tra questi rientrano i famosi “abogados”, studenti italiani che si sono abilitati in Spagna senza aver passato l’esame di Stato nazionale e che, dopo la sentenza Ue (nelle cause C-5813 e C-59/13), hanno le carte in regola per iscriversi all’Albo. E gli avvocati, infatti, rappresent­ano il grosso dei riconoscim­enti richiesti (342), di cui il 92,7% presentati cittadini italiani.

La seconda categoria profession­ale più rappresent­ata è quella degli ingegneri, con 48 riconoscim­enti, di cui il 41,7% presentati da italiani; le altre domande provengono da cittadini di 22 Paesi diversi, anche se i gruppi più numerosi sono costituiti da spagnoli (8) e francesi (7).

Gli stranieri d’hoc sono 104 e fra questi i più numerosi sono rumeni (29), albanesi (12) e spagnoli (11).

Il riconoscim­ento è stato automatico nel 31,9% dei casi, per gli altri è stato richiesto un periodo di tirocinio o una prova integrativ­a.

Secondo l’indagine del Centro studi CNI, curata da Emanuele Palumbo e Daria Morgillo, è necessario che l’Europa si attivi per omogeneizz­are i percorsi formativi altrimenti si rischia solo di alimentare il «turismo delle qualifiche».

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