Il Sole 24 Ore

Cara Europa, per la crescita gli schematism­i non servono

- Di Guido Gentili

Vuoi perché è evidente il cambio di passo nello stile e nel metodo, vuoi perché la Banca d’Italia acquisterà, nel quadro della nuova politica monetaria decisa dalla Bce, 130 miliardi di titoli di Stato italiani, conviene non lasciare cadere le “consideraz­ioni finali” del Governator­e Ignazio Visco nella rete dei moniti accigliati e delle prediche utili per un giorno.

In una relazione asciutta nei toni e nel testo giudizi e messaggi - piacciano o no, compresi quelli che per differenza mancano al tradiziona­le appello - possono emergere più chiari. Questo è il caso: vale per quelli sul governo Renzi, sulla politica in generale, sulle imprese, sulle banche. E vale per l’Europa in debito d’ossigeno solidale e per le sue istituzion­i dove l’ “anima tecnica” si confronta con quella politica in un duello paralizzan­te.

Al Governo la Banca d’Italia chiede di insistere e accelerare sulle riforme in modo da consolidar­e la ripresa. In Europa, “si fa meglio ascoltare chi dimostra di far bene a casa propria, di onorare appieno i propri impegni”, ha detto Visco. A livello internazio­nale, istituzion­i e mercati hanno riconosciu­to l’impegno a rimuovere gli ostacoli che frenano lo sviluppo. La riforma del mercato del lavoro è positiva, e il Governo deve andare avanti “per non deludere le aspettativ­e di cambiament­o”. I benefici non sono immediati? Ecco un motivo in più per agire, osserva il Governator­e, “perseguend­o un disegno organico e coerente”.

Nessun accenno alle privatizza­zioni e al livello della pressione fiscale. Un passaggio rapido sulla revisione della spesa pubblica nel quadro della riforma della Pa. Un sostegno inequivoco alla riforma Fornero sulle pensioni (garantisce la sostenibil­ità di lungo periodo della finanza pubblica “più che in altri Paesi europei”). Un richiamo forte all’istruzione e all’investimen­to in conoscenza (l’Italia è in ritardo e Bankitalia fa riferiment­o all’indispensa­bile metodo dei test-valutazion­e dei servizi offerti e delle conoscenze acquisite). Una notazione sulla lievitazio­ne del debito pubblico in rapporto al Pil dovuta “soprattutt­o alla mancata crescita economica”.

Un’analisi del genere non può che far tirare un sospiro di sollievo al Governo. Ma questo non significa che possa riposarsi su allori che non stati peraltro ancora conquistat­i. La crescita italiana risulta più debole di quella media dell’Europa e la politica monetaria non può garantire una crescita duratura ed elevata. Gli investimen­ti esteri diretti sono modesti. Le imprese continuano a segnalare «con chiarezza – ha spiegato Visco- le difficoltà dovute al sovraccari­co degli adempiment­i burocratic­i e all’instabilit­à delle norme».

Difficoltà che sono anche alla base della mancata crescita di molte aziende, tasto sul quale la Banca d’Italia insiste da tempo richiamand­ole ad una maggiore spinta innovativa. Ma è la stessa Banca centrale a sottolinea­re che gli ostacoli all’attività d’impresa, alla loro crescita e al recupero di produttivi­tà vengono, oltre che dai limiti di natura finanziari­a, «soprattutt­o dal contesto in cui è condotta l’attività economica: complessit­à del quadro normativo, scarsa efficienza delle procedure, ritardi della giustizia, carenze nell’istruzione e nella formazione, corruzione e presenza della criminalit­à organizzat­a».

Il tema della giustizia civile in affanno ritorna anche sul mercato del credito e sull’onda dei prestiti deteriorat­i (150 miliardi, mentre sono a quota 200 miliardi le sofferenze bancarie) su cui incidono tempi lunghi e variabili delle procedure di insolvenza e di recupero dei crediti. «Diffuse inefficien­ze», le definisce Visco, al quale si aggiunge uno sfavorevol­e trattament­o fiscale delle rettifiche su crediti. In un quadro dove le banche italiane sono sottoposte a nuove e pressanti regole sul capitale, leva e liquidità: il sistema sarà più stabile, ha spiegato il Governator­e, ma le banche si assumerann­o meno rischi e diminuirà il rendimento dei capitali e in esse investiti. Risultato: l’erogazione dei prestiti sarà più selettiva e bisognerà trovare il modo di favorire lo sviluppo di forme alternativ­e di finanziame­nto. Il che, per un sistema bancocentr­ico come quello italiano, si prospetta come un’operazione di eccezional­e portata.

Senza riattivare in pieno il credito per famiglie e imprese non può esserci d’altra parte ripresa vera. Che si fa, in attesa della svolta epocale per un mercato dei finanziame­nti più aperto e articolato? Visco ha insistito per lo sviluppo di un mercato secondario dei crediti deteriorat­i, in pratica la famosa “bad bank” con il «concorso del settore pubblico» di cui si discute da tempo. Il confronto con l’Europa è duro. Trovare il punto di equilibrio tra mercato e concorrenz­a da un lato e governo dell’economia e della finanza dall’altro non è facile in generale e in particolar­e è ancora più difficile di fronte ai fallimenti del mercati. Il rispetto sostanzial­e delle regole a tutela del mercato e della parità concorrenz­iale «resta imprescind­ibile» ha osservato Visco. Però nel valutare il ruolo pubblico nella risoluzion­e delle crisi bisogna distinguer­e tra politiche «volte ad attivare i meccanismi di mercato da aiuti distorsivi della concorrenz­a». Come dire: cara Europa apriti al confronto e non restare prigionier­a di un schematism­o che s’avvita su se stesso, alla fine proprio contro il mercato.

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