Cara Europa, per la crescita gli schematismi non servono
Vuoi perché è evidente il cambio di passo nello stile e nel metodo, vuoi perché la Banca d’Italia acquisterà, nel quadro della nuova politica monetaria decisa dalla Bce, 130 miliardi di titoli di Stato italiani, conviene non lasciare cadere le “considerazioni finali” del Governatore Ignazio Visco nella rete dei moniti accigliati e delle prediche utili per un giorno.
In una relazione asciutta nei toni e nel testo giudizi e messaggi - piacciano o no, compresi quelli che per differenza mancano al tradizionale appello - possono emergere più chiari. Questo è il caso: vale per quelli sul governo Renzi, sulla politica in generale, sulle imprese, sulle banche. E vale per l’Europa in debito d’ossigeno solidale e per le sue istituzioni dove l’ “anima tecnica” si confronta con quella politica in un duello paralizzante.
Al Governo la Banca d’Italia chiede di insistere e accelerare sulle riforme in modo da consolidare la ripresa. In Europa, “si fa meglio ascoltare chi dimostra di far bene a casa propria, di onorare appieno i propri impegni”, ha detto Visco. A livello internazionale, istituzioni e mercati hanno riconosciuto l’impegno a rimuovere gli ostacoli che frenano lo sviluppo. La riforma del mercato del lavoro è positiva, e il Governo deve andare avanti “per non deludere le aspettative di cambiamento”. I benefici non sono immediati? Ecco un motivo in più per agire, osserva il Governatore, “perseguendo un disegno organico e coerente”.
Nessun accenno alle privatizzazioni e al livello della pressione fiscale. Un passaggio rapido sulla revisione della spesa pubblica nel quadro della riforma della Pa. Un sostegno inequivoco alla riforma Fornero sulle pensioni (garantisce la sostenibilità di lungo periodo della finanza pubblica “più che in altri Paesi europei”). Un richiamo forte all’istruzione e all’investimento in conoscenza (l’Italia è in ritardo e Bankitalia fa riferimento all’indispensabile metodo dei test-valutazione dei servizi offerti e delle conoscenze acquisite). Una notazione sulla lievitazione del debito pubblico in rapporto al Pil dovuta “soprattutto alla mancata crescita economica”.
Un’analisi del genere non può che far tirare un sospiro di sollievo al Governo. Ma questo non significa che possa riposarsi su allori che non stati peraltro ancora conquistati. La crescita italiana risulta più debole di quella media dell’Europa e la politica monetaria non può garantire una crescita duratura ed elevata. Gli investimenti esteri diretti sono modesti. Le imprese continuano a segnalare «con chiarezza – ha spiegato Visco- le difficoltà dovute al sovraccarico degli adempimenti burocratici e all’instabilità delle norme».
Difficoltà che sono anche alla base della mancata crescita di molte aziende, tasto sul quale la Banca d’Italia insiste da tempo richiamandole ad una maggiore spinta innovativa. Ma è la stessa Banca centrale a sottolineare che gli ostacoli all’attività d’impresa, alla loro crescita e al recupero di produttività vengono, oltre che dai limiti di natura finanziaria, «soprattutto dal contesto in cui è condotta l’attività economica: complessità del quadro normativo, scarsa efficienza delle procedure, ritardi della giustizia, carenze nell’istruzione e nella formazione, corruzione e presenza della criminalità organizzata».
Il tema della giustizia civile in affanno ritorna anche sul mercato del credito e sull’onda dei prestiti deteriorati (150 miliardi, mentre sono a quota 200 miliardi le sofferenze bancarie) su cui incidono tempi lunghi e variabili delle procedure di insolvenza e di recupero dei crediti. «Diffuse inefficienze», le definisce Visco, al quale si aggiunge uno sfavorevole trattamento fiscale delle rettifiche su crediti. In un quadro dove le banche italiane sono sottoposte a nuove e pressanti regole sul capitale, leva e liquidità: il sistema sarà più stabile, ha spiegato il Governatore, ma le banche si assumeranno meno rischi e diminuirà il rendimento dei capitali e in esse investiti. Risultato: l’erogazione dei prestiti sarà più selettiva e bisognerà trovare il modo di favorire lo sviluppo di forme alternative di finanziamento. Il che, per un sistema bancocentrico come quello italiano, si prospetta come un’operazione di eccezionale portata.
Senza riattivare in pieno il credito per famiglie e imprese non può esserci d’altra parte ripresa vera. Che si fa, in attesa della svolta epocale per un mercato dei finanziamenti più aperto e articolato? Visco ha insistito per lo sviluppo di un mercato secondario dei crediti deteriorati, in pratica la famosa “bad bank” con il «concorso del settore pubblico» di cui si discute da tempo. Il confronto con l’Europa è duro. Trovare il punto di equilibrio tra mercato e concorrenza da un lato e governo dell’economia e della finanza dall’altro non è facile in generale e in particolare è ancora più difficile di fronte ai fallimenti del mercati. Il rispetto sostanziale delle regole a tutela del mercato e della parità concorrenziale «resta imprescindibile» ha osservato Visco. Però nel valutare il ruolo pubblico nella risoluzione delle crisi bisogna distinguere tra politiche «volte ad attivare i meccanismi di mercato da aiuti distorsivi della concorrenza». Come dire: cara Europa apriti al confronto e non restare prigioniera di un schematismo che s’avvita su se stesso, alla fine proprio contro il mercato.