L’urgenza di riattivare il circuito del credito
Gli effetti del quantitative easing della Bce cominciano a portare benefici anche al costo dei finanziamenti bancari alle imprese, scesi di oltre un punto percentuale da inizio anno. E questa è la buona notizia che arriva dall'Europa. Ma perché la futura domanda di credito si possa realmente intrecciare con un’offerta di prestiti crescente, c'è assoluto bisogno che le banche italiane si liberino dalla zavorra pregressa dei crediti a rischio, che «assorbono» capitale e frenano la propensione agli impieghi. Su questo tema, che non può essere considerato un aiuto alle banche italiane, ma un sostegno alla ripresa dell'economia, l'Unione Europea può e deve fare di più evitando di considerare pregiudizialmente come aiuti di Stato gli interventi che il Governo italiano sta predisponendo per riattivare il circuito del credito. E pur con toni diplomatici, ieri il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha lanciato un monito – da europeista convinto – alla Ue. «Nella Commissione europea convivono un'anima tecnica, custode delle regole comuni, e l'embrione di un governo politicamente responsabile. Va trovata una sintesi nell'interesse del corretto funzionamento del mercato interno e dell'economia europea». Aggiungendo, con riferimento velato al confronto Italia-Ue sul trattamento fiscale dei crediti in sofferenza, che «nel valutare il ruolo pubblico nella prevenzione e risoluzione delle crisi, non solo finanziarie, vanno approfiondite le ragioni che differenziano politiche volte ad attivare i meccanismi di mercato da aiuti di Stato distorisivi della concorrenza». Il cuore del problema, che può risultare in prospettiva decisivo per il rilancio del credito alle Pmi italiane, è proprio questo. I supertecnici dell'Unione europea, esponenti di un'apparato franco-tedesco che domina la tecnocrazia europea a Bruxelles e a Francoforte, continueranno a mettersi i bastoni tra le ruote al progetto di “bad bank” all'italiana che punta soprattutto su un diverso trattamento fiscale degli accantonamenti su crediti? Senza eliminare la zavorra dei vecchi crediti a rischio - con sofferenze che a fine 2014 erano vicine a 200 miliardi, il 10% del comlpesso dei crediti – il vincolo all'erogazione di nuovi prestiti è evidente e rischia di frenare la flebile ripresa in atto. Ecco perché è urgente che il Governo, e su questo punto il Ministro dell'Economia Padoan sta lavorando alacremente sia con Bruxelles sia con le banche italiane (ieri la commissione tributaria dell'Abi si è riunita per le osservazioni finali al provvedimenrto), non tardi nel varo della riforma che deve affrontare due punti-chiave: la deducibilità immediata dal reddito imponibile delle rettifiche su crediti, così come avviene negli altri principali Paesi europei; la riduzione dei tempi del recupero dei crediti, che in Italia arriva anche a 10 anni, permettendone così la cessione sul mercato a prezzi immediatamente più elevati.