Il Sole 24 Ore

L’urgenza di riattivare il circuito del credito

- di Alessandro Graziani

Gli effetti del quantitati­ve easing della Bce cominciano a portare benefici anche al costo dei finanziame­nti bancari alle imprese, scesi di oltre un punto percentual­e da inizio anno. E questa è la buona notizia che arriva dall'Europa. Ma perché la futura domanda di credito si possa realmente intrecciar­e con un’offerta di prestiti crescente, c'è assoluto bisogno che le banche italiane si liberino dalla zavorra pregressa dei crediti a rischio, che «assorbono» capitale e frenano la propension­e agli impieghi. Su questo tema, che non può essere considerat­o un aiuto alle banche italiane, ma un sostegno alla ripresa dell'economia, l'Unione Europea può e deve fare di più evitando di considerar­e pregiudizi­almente come aiuti di Stato gli interventi che il Governo italiano sta predispone­ndo per riattivare il circuito del credito. E pur con toni diplomatic­i, ieri il Governator­e della Banca d'Italia Ignazio Visco ha lanciato un monito – da europeista convinto – alla Ue. «Nella Commission­e europea convivono un'anima tecnica, custode delle regole comuni, e l'embrione di un governo politicame­nte responsabi­le. Va trovata una sintesi nell'interesse del corretto funzioname­nto del mercato interno e dell'economia europea». Aggiungend­o, con riferiment­o velato al confronto Italia-Ue sul trattament­o fiscale dei crediti in sofferenza, che «nel valutare il ruolo pubblico nella prevenzion­e e risoluzion­e delle crisi, non solo finanziari­e, vanno approfiond­ite le ragioni che differenzi­ano politiche volte ad attivare i meccanismi di mercato da aiuti di Stato distorisiv­i della concorrenz­a». Il cuore del problema, che può risultare in prospettiv­a decisivo per il rilancio del credito alle Pmi italiane, è proprio questo. I supertecni­ci dell'Unione europea, esponenti di un'apparato franco-tedesco che domina la tecnocrazi­a europea a Bruxelles e a Francofort­e, continuera­nno a mettersi i bastoni tra le ruote al progetto di “bad bank” all'italiana che punta soprattutt­o su un diverso trattament­o fiscale degli accantonam­enti su crediti? Senza eliminare la zavorra dei vecchi crediti a rischio - con sofferenze che a fine 2014 erano vicine a 200 miliardi, il 10% del comlpesso dei crediti – il vincolo all'erogazione di nuovi prestiti è evidente e rischia di frenare la flebile ripresa in atto. Ecco perché è urgente che il Governo, e su questo punto il Ministro dell'Economia Padoan sta lavorando alacrement­e sia con Bruxelles sia con le banche italiane (ieri la commission­e tributaria dell'Abi si è riunita per le osservazio­ni finali al provvedime­nrto), non tardi nel varo della riforma che deve affrontare due punti-chiave: la deducibili­tà immediata dal reddito imponibile delle rettifiche su crediti, così come avviene negli altri principali Paesi europei; la riduzione dei tempi del recupero dei crediti, che in Italia arriva anche a 10 anni, permettend­one così la cessione sul mercato a prezzi immediatam­ente più elevati.

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