Gli acquisti di titoli non vanno fermati
pNon basta per ottenere in Eurolandia una crescita duratura ed elevata, non è un’alternativa alle riforme ma certamente permette di accelerarle e di assorbire in modo più agevole i costi di breve periodo. È la politica monetaria ultra-accomodante decisa a Francoforte, per battere quello che era, e rimane (nonostante i progressi ottenuti sul fronte dei prezzi) il nemico maggiore per l’economia continentale: la deflazione o meglio un’inflazione che resti troppo bassa per un periodo troppo lungo, come dicono i banchieri centrali. Ignazio Visco ha tracciato ieri una ricostruzione delle scelte monetarie degli ultimi mesi e una difesa appassionata della funzione essenziale del Quantitative easing.
Dopo aver ricordato che il programma complessivo prevede acquisti mensili di titoli per 60 miliardi fino a settembre 2016 «e comunque fino a quando non si modificherà un aggiustamento durevole dell’inflazione» il governatore ha spiegato che, per quel che riguarda l’Italia gli acquisti di buoni del Tesoro e altri titoli saranno dell’ordine di 150 miliardi, oltre 130 miliardi dei quali verranno acquistati dalla Banca d’Italia. Poi, ha “messo agli atti” il suo dissenso, già espresso come esponente italiano del governing council Bce, rispetto alla non piena condivisione dei rischi a livello di Eurosistema: la decisione di «condividere solo parzialmente i rischi» del Qe, ha spiegato «riflette i ritardi e i limiti del processo di unificazione europea». La scelta di lasciare in capo alle singole banche centrali nazionali i rischi connessi con i titoli di Stato da essi acquistati, ha affermato, è il frutto della «preoccupazione di alcuni membri del Consiglio che il programma potesse tradursi in trasferimenti di risorse tra paesi». Invece «una piena condivisione dei rischi sarebbe stata più consona all’assetto della politica monetaria unica e coerente con il Trattato».
In ogni caso, i risultati già ottenuti da questa politica monetaria sono visibili. «Dall’inizio di novembre, pur con un rialzo nelle ultime settimane che ha riflesso soprattutto un miglioramento delle attese su crescita e inflazione, i rendimenti sui titoli di stato decennali tedeschi e italiani sono diminuiti, rispettivamente, di circa 20 e 60 punti base. L’euro si è deprezzato di oltre il 10% nel con- fronti del dollaro e del 6 in termini effettivi nominali». Anche i timori di deflazione si sono ridotti, ha detto il governatore. Allora bisognerebbe decidere, come ha fatto balenare qualche autorevole esponente del Governing council di sospendere prima del tempo il programma? La risposta di Visco è netta: no. Anzi, è dalla credibilità dell’impegno a portare a termine il programma che dipendono i risultati: «Il costo di un’incompleta attuazione sarebbe molto elevato».
Poi, Visco ha preso in considerazione le osservazioni di chi (i nostri partner tedeschi, ma non solo) sostiene che con questa politica siamo entrati in un territorio inesplorato, dove i tassi d’interesse sono estremamente bassi anche sulle scadenze a medio e lungo termine(per esempio, quelli tedeschi prima del recente rialzo erano divenuti negativi fino a nove anni). «Sono stati manifestati timori - ha elencato Visco - che il programma possa incentivare l’assunzione di rischi eccessivi alla ricerca di rendimenti più elevati, generare tensioni di liquidità in alcuni segmenti, danneggiare alcune categorie di operatori finanziari, come assicurazioni e fondi pensione». E la risposta di Bankitalia a tali osservazioni è: «Questi rischi vanno attentamente considerati, ma non sopravvalutati». Da un lato, ha detto Visco, finora non ci sono segni di bolle o nuovi squilibri emergenti e se dovessero sorgere tensioni a livello settoriale, con misure ad hoc si potrebbero contenere. Dall’altro,le simulazioni realizzate in Bankitalia dimostrano che i costi per l’economia sarebbero decisamente rilevanti se il pericolo del manifestarsi di una spirale deflazionistica non fosse adeguatamente contrastato. E le ultime stime degli analisti riguardo alle prospettive dei prezzi nell’Eurozona, come riporta la Relazione, dicono che l’inflazione si attesterebbe poco sotto il 2%, in linea con la definizione di stabilità dei prezzi, solo a partire dal 2020.
I RISULTATI GIÀ VISIBILI Da novembre, pur con il rialzo delle ultime settimane, i rendimenti sui titoli di Stato tedeschi e italiani sono scesi di 20 e 60 punti