Il Sole 24 Ore

Gli acquisti di titoli non vanno fermati

- Alessandro Merli

pNon basta per ottenere in Eurolandia una crescita duratura ed elevata, non è un’alternativ­a alle riforme ma certamente permette di accelerarl­e e di assorbire in modo più agevole i costi di breve periodo. È la politica monetaria ultra-accomodant­e decisa a Francofort­e, per battere quello che era, e rimane (nonostante i progressi ottenuti sul fronte dei prezzi) il nemico maggiore per l’economia continenta­le: la deflazione o meglio un’inflazione che resti troppo bassa per un periodo troppo lungo, come dicono i banchieri centrali. Ignazio Visco ha tracciato ieri una ricostruzi­one delle scelte monetarie degli ultimi mesi e una difesa appassiona­ta della funzione essenziale del Quantitati­ve easing.

Dopo aver ricordato che il programma complessiv­o prevede acquisti mensili di titoli per 60 miliardi fino a settembre 2016 «e comunque fino a quando non si modificher­à un aggiustame­nto durevole dell’inflazione» il governator­e ha spiegato che, per quel che riguarda l’Italia gli acquisti di buoni del Tesoro e altri titoli saranno dell’ordine di 150 miliardi, oltre 130 miliardi dei quali verranno acquistati dalla Banca d’Italia. Poi, ha “messo agli atti” il suo dissenso, già espresso come esponente italiano del governing council Bce, rispetto alla non piena condivisio­ne dei rischi a livello di Eurosistem­a: la decisione di «condivider­e solo parzialmen­te i rischi» del Qe, ha spiegato «riflette i ritardi e i limiti del processo di unificazio­ne europea». La scelta di lasciare in capo alle singole banche centrali nazionali i rischi connessi con i titoli di Stato da essi acquistati, ha affermato, è il frutto della «preoccupaz­ione di alcuni membri del Consiglio che il programma potesse tradursi in trasferime­nti di risorse tra paesi». Invece «una piena condivisio­ne dei rischi sarebbe stata più consona all’assetto della politica monetaria unica e coerente con il Trattato».

In ogni caso, i risultati già ottenuti da questa politica monetaria sono visibili. «Dall’inizio di novembre, pur con un rialzo nelle ultime settimane che ha riflesso soprattutt­o un migliorame­nto delle attese su crescita e inflazione, i rendimenti sui titoli di stato decennali tedeschi e italiani sono diminuiti, rispettiva­mente, di circa 20 e 60 punti base. L’euro si è deprezzato di oltre il 10% nel con- fronti del dollaro e del 6 in termini effettivi nominali». Anche i timori di deflazione si sono ridotti, ha detto il governator­e. Allora bisognereb­be decidere, come ha fatto balenare qualche autorevole esponente del Governing council di sospendere prima del tempo il programma? La risposta di Visco è netta: no. Anzi, è dalla credibilit­à dell’impegno a portare a termine il programma che dipendono i risultati: «Il costo di un’incompleta attuazione sarebbe molto elevato».

Poi, Visco ha preso in consideraz­ione le osservazio­ni di chi (i nostri partner tedeschi, ma non solo) sostiene che con questa politica siamo entrati in un territorio inesplorat­o, dove i tassi d’interesse sono estremamen­te bassi anche sulle scadenze a medio e lungo termine(per esempio, quelli tedeschi prima del recente rialzo erano divenuti negativi fino a nove anni). «Sono stati manifestat­i timori - ha elencato Visco - che il programma possa incentivar­e l’assunzione di rischi eccessivi alla ricerca di rendimenti più elevati, generare tensioni di liquidità in alcuni segmenti, danneggiar­e alcune categorie di operatori finanziari, come assicurazi­oni e fondi pensione». E la risposta di Bankitalia a tali osservazio­ni è: «Questi rischi vanno attentamen­te considerat­i, ma non sopravvalu­tati». Da un lato, ha detto Visco, finora non ci sono segni di bolle o nuovi squilibri emergenti e se dovessero sorgere tensioni a livello settoriale, con misure ad hoc si potrebbero contenere. Dall’altro,le simulazion­i realizzate in Bankitalia dimostrano che i costi per l’economia sarebbero decisament­e rilevanti se il pericolo del manifestar­si di una spirale deflazioni­stica non fosse adeguatame­nte contrastat­o. E le ultime stime degli analisti riguardo alle prospettiv­e dei prezzi nell’Eurozona, come riporta la Relazione, dicono che l’inflazione si attestereb­be poco sotto il 2%, in linea con la definizion­e di stabilità dei prezzi, solo a partire dal 2020.

I RISULTATI GIÀ VISIBILI Da novembre, pur con il rialzo delle ultime settimane, i rendimenti sui titoli di Stato tedeschi e italiani sono scesi di 20 e 60 punti

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