È partito il conto alla rovescia per il «bail-in»
Il Governatore esorta a varare le norme necessarie per smaltire i 350 miliardi di crediti deteriorati
pFare, fare bene, fare in fretta. Mai prima d’ora il richiamo della Banca d’Italia a un intervento articolato sui crediti in sofferenza era stato così chiaro e reiterato. Non una delle tante moral suasion ai vigilati, quella indirizzata ieri dal governatore Ignazio Visco nelle sue considerazioni finali, ma un appello vero e proprio ai decisori italiani e soprattutto a quelli europei, cui spetta il via libera ultimo e definitivo su azioni che rischia- no di essere bollate come aiuti di Stato e quindi dissuadere le banche a farne uso.
Ora o mai più, sembra dire Visco. Perché la situazione, ha fatto intendere ieri, è unica e irripetibile. Da un lato c’è la marea di liquidità iniettata dalla Bce attraverso Qe e soprattutto T-Ltro (di cui un terzo finita alle banche italiane) e i tassi «scesi di oltre un punto dall’inizio dello scorso anno», con «il differenziale rispetto a quelli francesi e tedeschi che si è più che dimezzato rispetto ai massimi di due anni fa». Dall’altro lato, c’è una ripresa finalmen- te concreta ma che va consolidata. In mezzo, le imprese con la loro domanda di credito non sempre soddisfatta e soprattutto le banche, ancora caute negli impieghi più rischiosi per via degli impatti sul capitale (dove Bce non fa sconti, anzi) e delle rettifiche sui crediti deteriorati, in calo ma pur sempre su livelli elevatissimi: solo alle 12 banche quotate, nel primo trimestre sono costati 2,7 miliardi.
Di qui l’input del Governatore: saldare i conti del passato per immaginare un futuro diverso. Come? Abbattendo la montagna dei 350 miliardi di crediti dubbi che si trova tuttora in pancia alle banche italiane: 200 miliardi di sofferenze, ricorda Visco, cui si aggiungono i 150 miliardi degli altri prestiti deteriorati; in totale, fa il 17,7% degli impieghi in essere. «Lo sviluppo di un mercato secondario dei crediti deteriorati contribuirebbe a riattivare appieno il finanziamento di famiglie e imprese», dice Visco. Ricordando che «proponiamo da tempo iniziative in questa direzione, anche con il concorso del settore pubblico: stiamo collaborando con il Governo a disegnarle, nel rispetto della disciplina europea degli aiuti di Stato».
Come ormai noto, il piano studiato dal Mef prevede tre misure: Visco cita espressamente la riforma delle norme fallimentari che regolano il recupero dei crediti e l’allineamento al resto d’Europa su un anno per la deducibilità fiscale delle perdite sui crediti ma non menziona la bad bank, che è il terzo punto. Non perché sia ritenuta non necessaria, ma perché è il fronte più arduo da spendere politicamente e quello su cui la Commissione europea per ora resta più intransigente; e poi perché l’auspicio in Via Nazionale è che con le prime due misure ben implementate forse della terza si possa anche fare a meno.
«Sul tema è in corso una discussione con le autorità europee, che auspichiamo sia rapida e costruttiva», dichiara Visco, facendo capire che non si tratta solo a Bruxelles, negli uffici della Commissione, ma anche a Francoforte, in Bce. La sensazione è che qualche spiraglio, finalmente, ci sia: «All’inizio abbiamo trovato un muro, adesso si sta ragionando», diceva ieri un alto funzionario di Bankitalia molto attivo sui vari fronti comunitari.
I banchieri, dal canto loro, si preparano a cogliere l’attimo. Su 350 miliardi di Npl, negli ultimi mesi sul mercato ne sono finiti appena 3,5 in una manciata di deal che ha visto protagonisti Mps, Bper, UniCredit: una goccia nel mare. I principali specialisti delle sofferenze bancarie si sono posizionati, lo spazio di manovra potenzialmente è immenso. Se il mercato degli Npl «oggi è inesistente», come ha brutalmente ricordato sempre Visco, è per una questione di prezzo, cioè i 29 punti percentuali che mediamente – secondo un recente report di Goldman Sachs – separano il prezzo a cui le anche sono disposte a vendere i propri Npl dal prezzo che gli operatori sono disponibili a pagare per comprarli. Sempre Goldman, però, ha calcolato che oltre la metà di questo gap potrebbe essere colmato con la revisione delle norme sul recupero crediti. La montagna, dunque, può esseree sca scalfita.
LE MISURE NECESSARIE Visco cita la riforma fallimentare per facilitare il recupero e la norma sulla deducibilità fiscale, ma non menziona la «Bad bank»