Più ricavi per chi punta su R&S ed export
pLe parole del governatore descrivono un dualismo dell’imprenditoria italiana che, se possibile, la crisi ha reso ancora più evidente: «I risultati delle imprese più efficienti, che hanno aumentato le vendite sui mercati esteri, investito e real i zzato i nnovazioni, contrastano con quelli di una parte considerevole del sistema produttivo, caratterizzata da una scarsa propensione a i nnovare e da strutture organizzative e gestionali più tradizional i» . In al tr e parole, s olo l’avanguardia sta riuscendo a cogliere nel profondo i benefici di una fase congiunt urale caratteri zzata da buoni risultati dell’export. Ed è quest’avanguardia, in misura prevalente, a determinare le speranze di risalita degli investimenti.
Nel 2014, rileva Bankitalia, si è attenuata la flessione degli investimenti e nell’ultimo trimestre si è registrato un lieve aumento. Ancor più significativo che, nei programmi delle imprese per il 2015, il dato tornerebbe a crescere per la prima volta dall’avvio della crisi del debito sovrano. Ma l’incremento sarà concentrato soprattutto nelle imprese di maggiore dimensione e sarà più intenso per quelle che riportano attese più favorevoli sull’andamento del fatturato.
A questo proposito, tra le pagine della relazione annuale spicca un piccolo grafico (pubblicato qui a fianco) dall’elevato significato, dal quale emerge che nel 2014 le imprese che innovano hanno visto mediamente crescere il fatturato dell’1,2%, performance analoga a quella messa a segno dalle aziende esportatrici. Il medesimo grafico mostra, al contrario, un andamento sotto lo zero per le realtà meno dinamiche, che hanno rinunciato (o non hanno avuto la possibilità) di investire in ricerca e sviluppo o nell’internazionalizzazione.
Due dinamiche ben diverse, la cui risultante - stando all’indagine svolta dalle filiali di Banca d’Italia su 4.260 imprese con almeno 20 addetti che operano nell’industria in senso stretto e nei servizi privati non finanziari - è una crescita del fatturato rispetto al 2013, in termini reali, dello 0,3 per cento.
Banca d’Italia parla di «spiccato dualismo dimensionale » , con una proporzione molto elevata di microimprese. Il sistema appare ancora condizionato dalla «predominanza di assetti gestionali incentrati sulla famiglia proprietaria, da una struttura finanziaria sbilanciata verso il credito bancario e con un limitato apporto di capitale di rischio». A frenare «il recupero del potenziale di crescita nel medio termine » concorre anche « una più bassa propensione all’ado- zione di tecnologie avanzate e a un’internazionalizzazione basata più su scambi e accordi commerciali che su investimenti diretti all’estero». Nella stessa capacità di presidiare i mercati internazionali c’è un limite dimensionale da considerare. «In Italia le esportazioni, a differenza che in altri paesi europei - sottolinea Banca d’Italia - non sono in prevalenza riconducibili a poche grandi imprese, ma anche al contributo si gnificativo (poco meno del 30 per cento) di quelle medie. L’alta incidenza delle aziende piccole e medie nel nostro sistema produttivo rimane nondimeno un elemento di debolezza, in quanto la dimensione di impresa è un fattore fondamentale della capacità di penetrazione commerciale sui mercati esteri, misurata dalla percentuale del leaz ie nde esportatrici sul totale, dalla quota di mercato, dal numero e dalla distanza dei mercati raggiunti».
LE STIME Fatturato per le aziende con più di 20 addetti in crescita dello 0,3%, ma performance negativa per quelle ferme al core business domestico