Il contesto che frena le imprese
La complessità del quadro normativo e delle procedure, l’inefficienza delle amministrazioni pubbliche aggiunte alle carenze nel sistema dell’istruzione e della formazione rallentano lo spostamento di risorse produttive versoleatti vità piùefficienti. Questo processo che gli economisti chiamano “efficienza allocativa” è uningrediente fondamentale della crescita della produttività, edin Italia haunruolo minore che in altri paesi.
In altri termini questo significa che le imprese più efficienti, non crescono abbastanza velocemente per guadagnare quote di mercato a scapito di quelle meno produttive. Eallostesso tempononsonoin grado di creare un numero sufficientedipostidilavoroperriassorbireladisoccupazionesalitaalivelli drammatici con la crisi. Ovviamente il tema dell’efficienza allocativa è moltoserioin un paeseche ha ancora una struttura fortemente dualistica del sistema produttivo, dove accantoaimprese innovative e dinamiche sopravvivono attività troppo piccole e statiche per essere competitive ma che ancora assorbano una quota molto significativa del la forzalavoro.
Il problema è soprattutto evidente perle impresed inuova costituzione. Queste danno un contributo fondamentale all’occupazione. Tra il 1991 e il 2007, secondo la Relazione della Banca d’Italia, il 50% de inuoviposti dilavoron el paese sono stati creati da imprese nei loro primi tre anni di vita. Le nostre imprese, però, crescono a tassi inferiori e per un periodo più breve che le loro consorelle negli Stati Uniti (due anni contro 10). Il che significa che una nuova azienda italiana, osservatadopo10 a nnidivita, sarà moltopiùpicco la eavràcrea to molti meno posti di lavoro di una coetanea americana.
La domanda ovviamente è quanto ques tosiadovutoal lecarat teristiche delle imprese (attività specializzate con poche economie di scala) o ai limiti degli imprendi- tori (timore di perdere il controllo conlacrescita) opiuttosto aivincolidi contestoacui il Governatoreha datomoltaenfasi.
Che il contesto abbia un peso molto rilevante lo rivela l’Indagine svolta dalla Banca sull’impatto de ll’introduzione dello SportelloUnico per le Attività Produttive (SUAP) nel 2008, che semplifica notevolmente gli oneri amministrativi per aprire e gestire attività produttive. Questa misura avrebbe permesso un innalzamento di 0,2 punt ipercentuali del tasso dinatalità delle imprese nei servizi privati e nelle costruzioni ed un aumento del las tessa proporzione del tassodisoprav vivenzaun annodopo la fondazione. Nonostante queste semplificazioni abbiano aiutato, nonostante la riforma delle regoles ulla voro coniljobsact favoriscano la mobilità del lavoro tra imprese, nonostante la riforma della giustizia civile abbia iniziato ad incidere, seppur marginalmente, sui tempi della risoluzione delle controversie, il lavoro da fare è ancoraenorme. Une sempiotramolti è la riforma del diritto fallimentare che rende incerta e lunghissima la gestione delle crisi di imprese e la migrazione delle risorse verso impre sepiùefficienti.
Le Considerazioni finali portano in realtà ad una riflessione più ampia sul confine tra Stato e Mercato, emersanella partefinale del la relazione. Per uscire da crisi profonde come quella attuale lo Stato devepotermettereincampo risorsecheil mercato dasolonon sarebbein gradodierogare. Inal tritermin iifallimenti del mercatohan noun picco nelle fasi di crisi e il ruolo dello Stato diventa indispensabile. In questo contesto, sostiene Visco, «vanno approfondite le ragioni che differenziano politiche volte ad attivare i meccanismi di mercato da aiuti di Stato distorsivi della concorrenza». È un messaggio alla Commissione Europea sulla necessità disuperare un approcciorigido sugli aiuti di Stato che impedirebbe di sostenere il sistema produttivo anche utilizzando strumenti come il fondo Juncker. Ma anche un messaggio al Governo che il confine tra politiche virtuose edistorsiveèqui moltolabile. Eche il ruolo di finanziatore (o garante) del leim preseprivatesi puòfaresolo sul la basedianalisi approfondite e procedure chiare edefficienti.