Il rischio di una ripresa senza nuova occupazione
primi mesi del 2015 hanno fatto registrare «una forte espansione» dei contratti a tempo indeterminato (per effetto anche dei consistenti sgravi fiscali in vigore da gennaio). Un segnale che l’occupazione «potrebbe crescere» e orientarsi verso forme più stabili con il consolidarsi della ripresa.
Ma il mercato del lavoro italiano riflette ancora «la debolezza della domanda» e «gli ampi margini di capacità produttiva inutilizzata». E c’è il rischio, «particolarmente accentuato nel Mezzogiorno», che la crescita (da tutti auspicata) «non sia in grado di generare occupazione» nella stessa misura in cui è accaduto in passato all’uscita da fasi congiunturali sfavorevoli. La domanda di impiego da parte delle imprese più innovative potrebbe pertanto non bastare «a riassorbire la disoccupazione nel breve periodo».
La fase è «delicata», e una valutazione degli effetti del Jobs act «è prematura», dice il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, presentando, a Roma, la consueta Relazione annuale. C’è però una direzione che è stata tracciata dal governo: sono stati estesi i meccanismi di sostegno al reddito per i disoccupati (la Naspi è operativa dal 1°maggio) e, per i nuovi assunti, è stato ridotto «il disincentivo alle assunzioni a tempo indeterminato connesso con l’incertezza sugli esiti della risoluzione dei rapporti di impiego» (dal 7 marzo l’articolo 18 è diventato più flessibile, e in caso di licenziamento illegittimo, la regola generale è, ora, l’indennizzo monetario che cresce con l’anzianità di servizio, e non più il reintegro automatico in azienda).
L’attuazione del Jobs act deve adesso procedere spedita: in particolare, si devono integrare politiche attive e passive. «Sarà più facile adeguarsi all’innovazione tecnologica - spiega Visco - se le competenze necessarie potranno essere acquisite con efficaci percorsi di riqualificazione e se il sostegnoalredditodurantelafase di disoccupazione consentirà di affrontarli dignitosamente».
Oggi l’Italia sconta il fatto che ha centri pubblici per l’impiego altamente improduttivi; e che l’investimento nelle politiche di attivazione al lavoro è modestissimo (3-4 miliardi di euro a fronte degli oltre 20 miliardi spesi per i sussidi).
Certo, dal 2008 è arrivata la crisi, che ha colpito duramente tutti i settori produttivi.
Ma il 2014 ha mostrato segni di lievissima ripresa. Che vanno quindi colti e alimentati con le riforme (anche proseguendo la strada della riduzione del cuneo fiscale).
Dopo quattro semestri di calo 7 La Cig è un sussidio erogato dall’Inps per integrare o sostituire la retribuzione dei lavoratori che vengono a trovarsi in precarie condizioni a causa di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. La cassa integrazione può essere ordinaria (per le imprese in momenti di difficoltà temporanea) e straordinaria (per le crisi più strutturate). C’è anche la cassa in deroga, che è l’anticamera del licenziamento, ed è finanziata dallo Stato (scomparirà a fine 2016). consecutivo, l’occupazione lo scorso anno ha smesso di diminuire; è stata sostenuta prevalentemente dalla ripresa della componente alle dipendenze a tempo determinato, trainata, a sua volta, dalla domanda di impiego delle imprese più coinvolte dall’espansione degli scambi con l’estero. La manifattura, per esempio, ha visto crescere le ore lavorate, ed è quindi sceso il ricorso alla cassa integrazione (-7,5 per cento di ore autorizzate). Nel settore dei servizi c’è stato un tiepido aumento delnumerodioccupati. Laripresa della forza lavoro alle dipendenze (specie nelle grandi aziende) ha compensato il lieve calo dei lavoratori autonomi (che restano ancora in difficoltà).
Le assunzioni a tempo indeterminato hanno cessato di aumentare nell’ultimo trimestre del 2014 (le imprese hanno aspettato gli sgravi fiscali in arrivo a gennaio 2015). Il tasso di disoccupazione è però rimasto elevato (intorno al 13%, sfiorando il 43% tra gli under25). Le dinamiche retributive si sono confermate piuttosto modeste. Inoltre, tra il 2011 e il 2014 a fronte di una perdita di circa 300mila posti di lavoro le persone in cerca di impiego sono aumentate di oltre un milione (si è trattato essenzialmente di donne e giovaniche, perrimpinguareibilanci familiari, si sono rimessi in cerca).
A preoccupare è poi il numero dei disoccupati di lunga durata (oltre due anni). Nel 2014, si legge ancora nella relazione di Banca d’Italia, il numero è ancora cresciuto, «giungendo a costituire oltre il 60 per cento delle persone in cerca di una occupazione» (era il 45,2 per cento nel 2008). Il prolungamento della durata media della disoccupazione ha interessato un pò tutti i profili professionali; si rischia un depauperamento ancor più forte delle competenze possedute dai lavoratori (e così si porta ad ampliare quel mismatch, già oggi esistente, con le richieste che arrivano dalle aziende).
JOBS ACT Per Bankitalia una valutazione della riforma è «prematura»: ora serve una più compiuta integrazione tra politiche attive e passive