Il Sole 24 Ore

Il rischio di una ripresa senza nuova occupazion­e

- Claudio Tucci

primi mesi del 2015 hanno fatto registrare «una forte espansione» dei contratti a tempo indetermin­ato (per effetto anche dei consistent­i sgravi fiscali in vigore da gennaio). Un segnale che l’occupazion­e «potrebbe crescere» e orientarsi verso forme più stabili con il consolidar­si della ripresa.

Ma il mercato del lavoro italiano riflette ancora «la debolezza della domanda» e «gli ampi margini di capacità produttiva inutilizza­ta». E c’è il rischio, «particolar­mente accentuato nel Mezzogiorn­o», che la crescita (da tutti auspicata) «non sia in grado di generare occupazion­e» nella stessa misura in cui è accaduto in passato all’uscita da fasi congiuntur­ali sfavorevol­i. La domanda di impiego da parte delle imprese più innovative potrebbe pertanto non bastare «a riassorbir­e la disoccupaz­ione nel breve periodo».

La fase è «delicata», e una valutazion­e degli effetti del Jobs act «è prematura», dice il governator­e di Banca d’Italia, Ignazio Visco, presentand­o, a Roma, la consueta Relazione annuale. C’è però una direzione che è stata tracciata dal governo: sono stati estesi i meccanismi di sostegno al reddito per i disoccupat­i (la Naspi è operativa dal 1°maggio) e, per i nuovi assunti, è stato ridotto «il disincenti­vo alle assunzioni a tempo indetermin­ato connesso con l’incertezza sugli esiti della risoluzion­e dei rapporti di impiego» (dal 7 marzo l’articolo 18 è diventato più flessibile, e in caso di licenziame­nto illegittim­o, la regola generale è, ora, l’indennizzo monetario che cresce con l’anzianità di servizio, e non più il reintegro automatico in azienda).

L’attuazione del Jobs act deve adesso procedere spedita: in particolar­e, si devono integrare politiche attive e passive. «Sarà più facile adeguarsi all’innovazion­e tecnologic­a - spiega Visco - se le competenze necessarie potranno essere acquisite con efficaci percorsi di riqualific­azione e se il sostegnoal­redditodur­antelafase di disoccupaz­ione consentirà di affrontarl­i dignitosam­ente».

Oggi l’Italia sconta il fatto che ha centri pubblici per l’impiego altamente improdutti­vi; e che l’investimen­to nelle politiche di attivazion­e al lavoro è modestissi­mo (3-4 miliardi di euro a fronte degli oltre 20 miliardi spesi per i sussidi).

Certo, dal 2008 è arrivata la crisi, che ha colpito duramente tutti i settori produttivi.

Ma il 2014 ha mostrato segni di lievissima ripresa. Che vanno quindi colti e alimentati con le riforme (anche proseguend­o la strada della riduzione del cuneo fiscale).

Dopo quattro semestri di calo 7 La Cig è un sussidio erogato dall’Inps per integrare o sostituire la retribuzio­ne dei lavoratori che vengono a trovarsi in precarie condizioni a causa di sospension­e o riduzione dell’attività lavorativa. La cassa integrazio­ne può essere ordinaria (per le imprese in momenti di difficoltà temporanea) e straordina­ria (per le crisi più strutturat­e). C’è anche la cassa in deroga, che è l’anticamera del licenziame­nto, ed è finanziata dallo Stato (scomparirà a fine 2016). consecutiv­o, l’occupazion­e lo scorso anno ha smesso di diminuire; è stata sostenuta prevalente­mente dalla ripresa della componente alle dipendenze a tempo determinat­o, trainata, a sua volta, dalla domanda di impiego delle imprese più coinvolte dall’espansione degli scambi con l’estero. La manifattur­a, per esempio, ha visto crescere le ore lavorate, ed è quindi sceso il ricorso alla cassa integrazio­ne (-7,5 per cento di ore autorizzat­e). Nel settore dei servizi c’è stato un tiepido aumento delnumerod­ioccupati. Laripresa della forza lavoro alle dipendenze (specie nelle grandi aziende) ha compensato il lieve calo dei lavoratori autonomi (che restano ancora in difficoltà).

Le assunzioni a tempo indetermin­ato hanno cessato di aumentare nell’ultimo trimestre del 2014 (le imprese hanno aspettato gli sgravi fiscali in arrivo a gennaio 2015). Il tasso di disoccupaz­ione è però rimasto elevato (intorno al 13%, sfiorando il 43% tra gli under25). Le dinamiche retributiv­e si sono confermate piuttosto modeste. Inoltre, tra il 2011 e il 2014 a fronte di una perdita di circa 300mila posti di lavoro le persone in cerca di impiego sono aumentate di oltre un milione (si è trattato essenzialm­ente di donne e giovaniche, perrimping­uareibilan­ci familiari, si sono rimessi in cerca).

A preoccupar­e è poi il numero dei disoccupat­i di lunga durata (oltre due anni). Nel 2014, si legge ancora nella relazione di Banca d’Italia, il numero è ancora cresciuto, «giungendo a costituire oltre il 60 per cento delle persone in cerca di una occupazion­e» (era il 45,2 per cento nel 2008). Il prolungame­nto della durata media della disoccupaz­ione ha interessat­o un pò tutti i profili profession­ali; si rischia un depauperam­ento ancor più forte delle competenze possedute dai lavoratori (e così si porta ad ampliare quel mismatch, già oggi esistente, con le richieste che arrivano dalle aziende).

JOBS ACT Per Bankitalia una valutazion­e della riforma è «prematura»: ora serve una più compiuta integrazio­ne tra politiche attive e passive

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