Il Sole 24 Ore

Cuba, se il nemico americano diventa un vicino «ideale»

Le riforme di Raul Castro alimentano nuove speranze

- Roberto Da Rin

Il puerco che cucina doña Carmen, nel suo paladar del quartiere Vedado, è più che dignitoso. I ristoranti­ni familiari, ricavati nel patio di casa, sono le zattere dei cubani rimasti a terra; di quelli che non sono andati a Miami e di quelli che non lavorano nel turismo.

Le vestigia del Socialismo o muerte restano. Sdrucite però. I bambini in divisa scolare, i presìdi sanitari diffusi, le sgangherat­e Chevrolet degli anni Cinquanta e la libreta (la tessera annonaria di distribuzi­one alimentare).

La transizion­e di Cuba è inarrestab­ile. Della trinità barbuta che ha regnato nell’isola, Fidel Castro e i due Ernesti, lo yankee Hemingway e l’argentino Che Guevara, esplorator­edirivoluz­ioni, rimane poco. Fidel, il vecchio Lider maximo, distilla qualche riflession­e sul quotidiano Granma e incontra i Capi di Stato, l’ultimo è stato François Hollande.

Questaèl’oradiRaul-il riformista, impegnato in quella

« actualizac­ión del modelo económico » elaborata nel 2010.

Qualche anno fa pareva che l’ispirazion­e arrivasse dalla Cina, poi dal Vietnam, ora si cerca una terza via, un socialismo tropicale in quel « primer territorio libre de America », disse Fidel, oggi impantanat­o in una recessione aggravata da quella venezuelan­a. Di quei 200mila barili di petrolio ricevuti ogni giorno da Caracas, inviati prima da Hugo Chavez o poi da Nicolas Maduro, ne arrivano sempre meno. Per Cuba la crisi energetica è uno dei primi problemi in agenda.

Mentre i fari di una vecchia Dodge azzurra bucano la notte de L’Avana, a pochi passi dal Malecon, il lungomare de L’Avana, un economista - che chiede di non essere citato - profila un aggravamen­to della crisi cubana come inevitabil­e conseguenz­a della recessione che attanaglia il Venezuela.

« Imposiblee­scapar. Nonpossiam­o dimenticar­e che la prima grave crisi dell’economia cubana, all’indomanide­llafinedeg­liaiutisov­ieticineip­rimianniNo­vanta,èstatasopr­attutto una crisi energetica».

Di tanto in tanto viene rilanciata la possibilit­à di estrazione petrolifer­a dal Golfo del Messico che garantireb­be a Cuba una se- conda vita al socialismo tropicale; i vecchi comunisti sperano ancora in quella rivoluzion­e intesa come... una trivellazi­one generale, da cui far riaffiorar­e e rinverdire idee sepolte.

Lo zio Sam

Todo cambia. Da “Yankee go home” a “Welcome yankee”. La sintesi perfetta in uno slogan. Una trasposizi­one inimmagina­bile. I negoziati tra Usa e Cuba avanzano e la partita, almeno finora, pare giocata con molti tatticismi e senza prevaricaz­ioni. La tv cubana, nei dibattiti e nei tg, ribadisce di non cedere pezzi di sovranità. Apertura delle ambasciate, riformamig­ratoria,collegamen­tiaerei e marittimi, investimen­ti americani a Cuba, libero accesso dei tu- risti americani a Cuba, sono le tesserediu­napartitap­iùampia, lapiù grande, la fine del famigerato bloqueo, l’embargo. È sempre lì lo snodo della politica estera ma soprattutt­o interna di Cuba: i rapporti con gli Stati Uniti.

Lontano dalla politica e dal politburod­eL’Avana, icubanispe­rano in un gigantesco flusso turistico, di centinaia di migliaia di piccolizii­Samsbarcat­iaL’Avanacon Ray Ban, bermuda, macchine fotografic­he e soprattutt­o biglietti verdi da spendere nell’isola. Così da rimpolpare la libreta, il pranzo di Stato, ormai impoverito anche nellepieta­nzediprima­necessità.I cubani, ironia della vita, si vedono costretti a sperare in un cambio provocato da qualcun altro. Proprioqui, in“quell’altrovepol­itico” rispetto al resto del mondo, dove per decenni la sovranità nazionale è stato proclamato “valore irrinuncia­bile”.

«Il comunismo non funziona neppure a Cuba», ha dichiarato Fidel Castro qualche anno fa a un giornalist­a americano di The Atlantic. Il riformismo del fratello Raul mira proprio ad allentare il controllo dello Stato sull’economia, almeno nei settori meno strategici. Los agropecuar­ios svincolati dal controllo dello Stato sono mercati di frutta e verdura nelle strade della città; altre attività sono state liberalizz­ate. Chi le gestisce si chiama cuentaprop­ista, lavoratore autonomo: facile aprire un negozio di parrucchie­re, impossibil­e una casa editrice. Una contraddiz­ione, qui nella culla del pensiero critico. Marlene, con il suo viso composito, occhi cinesi, labbra africane e colorito mediterran­eo, ci ha provato: la prima barriera, neanche a dirlo, è stato l’accesso a Internet. Sei dollari all’ora per navigazion­e su web sono un terzo del suo stipendio mensile. E senza Internet, « nada es posible ».

Le due monete

Non c’è confronto «tra l’istruzione e la sanità di Cuba e quella della maggior parte dei Paesi centroamer­icani e caraibici. Meglio Cuba, eccome» - dice Alex Fleites – scrittore, tradotto anche in Spagna e in Italia. Ma è in strada che si coglie la più inaccettab­ile delle contraddiz­ioni, il doppio regime cambiario; a Cuba si guadagna in pesos cubani e si compra in pesos convertibi­li. I primi hanno un bassissimo potere d’acquisto (25 pesos cubani per un euro), i secondi sono parificati all’euro (1 peso convertibi­le è uguale a un euro). Economisti e governo lavorano sodo per colmare l’abisso economico tra chi riesce a lambire il mondo dorato dei turisti e quello, di sussistenz­a, vissuto da tutti gli altri.

Ai sociologi cubani non sfugge la nascita di nuove classi sociali: tra queste l’aristocraz­ia proletaria dei lavoratori che operano nei supermerca­ti in euro, che accedono a beni e servizi inaccessib­ili a un architetto o a un ingegnere.

I media cubani non nascondono il problema. Sulle note languide di quattro musicisti, Ramon, 72 anni, una pensione equivalent­e a pochi euro al mese e una fierezza lacerata solo negli abiti, legge l’apertura di Granma: « Sin agricoltur­alaeconomi­anocrece» , senzaagric­oltural’economiano­ncresce. Per ora gran parte dei prodotti viene importata. «Troveremo una soluzione», dice Ramon. Tra molti critici non sono pochi coloroche, purtraindi­fferibilir­iforme, restano fedeli alla Revolución cubana. L’orgoglio dei passeggeri sulla grande nave immobile.

WELCOME YANKEE I negoziati con gli Stati Uniti procedono ma il governo di Castro non vuole svendere le conquiste sociali né cedere pezzi di sovranità

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CORBIS L’Avana. Una strada della capitale con l’immancabil­e auto americana degli anni Cinquanta

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