Prada, tengono i ricavi Dividendo stabile a 11 cent
Il cda approva il bilancio: fatturato a 3,552 miliardi, corrono Usa e Giappone Il ceo Bertelli: «Nuovi investimenti in capacità produttiva»
pAssemblea e cda di Prada confermano tutti i dati preliminari approvati il 27 marzo, compresa l’entità del dividendo, che «sarà distribuito intorno al 15 giugno» ed è di 11 centesimi, stabile rispetto all’esercizio precedente e pari a un pay out del 62% sull’utile netto di gruppo, in aumento rispetto al 45% del 2014. Confermata poi la composizione dello stesso cda per i prossimi tre anni: i membri saranno sempre Carlo Mazzi (presidente), Miuccia Prada e Patrizio Bertelli (entrambi ceo, anche se con ruoli leggermente diversi), Donatello Galli, Alessandra Cozzani e Gaetano Micciché. Consiglieri indipendenti restano Gian Franco Oliviero Mattei, Giancarlo Forestieri e Sing Cheong Liu.
Il 2014 è stato per Prada – che è il più grande gruppo italiano della moda e del lusso – un anno definito da Patrizio Bertelli «di transizione». Dopo un 2013 di crescita a due cifre, nell’esercizio chiuso al 31 gennaio 2015 il fatturato è rimasto sostanzialmente stabile (sia a cambi correnti sia a cambi costanti) a 3,522 miliardi di euro (-1% sull’eser- cizio precedente), mentre gli indici di redditività hanno subito cali a due cifre, legati sia al mancato aumento del fatturato sia a investimenti nel network di negozi – strategico per la crescita a medio-lungo termine di tutti i marchi (Prada, Miu Miu, Church’s e Car Shoe– sia in ca- pacità produttiva.
L’ebitda è stato di 954 milioni (-16,5% rispetto all’esercizio chiuso al 31 gennaio 2014), l’ebit di 702 milioni (-25,3%) e l’utile netto di 451 milioni (-28,2%), pari al 13% dei ricavi consolidati. Al 31 gennaio 2015 la posizione finanziaria netta era positiva per 189 milioni e il cda aveva già precisato che «nell’esercizio la capex aveva raggiunto i 450 milioni, finanziata con un cash flow operativo di 484». Nell’esercizio pas- sato inoltre erano stati distribuiti dividenti per 282 milioni.
Tornando alle prospettive per il 2015, durante l’investor e analyst day che si è tenuto a Londra il 30 marzo, il presidente del cda Carlo Mazzi aveva sottolineato la solidità delle basi poste dal gruppo negli ultimi cinque anni («dal 2009 Prada ha più che raddoppiato fatturato e numero di negozi, passati da 265 in 36 Paesi e 594 in 55 Paesi»). Altro punto di forza è l’equilibrio tra aree geografiche: l'Europa vale il 34% delle vendite, le Americhe il 13%, il Far East il 38% (con la sola Greater China che assorbe il 26%), il Giappone il 12% e il Medio Oriente il 3%, cresciuto (+9,9%) nonostante il calo dei turisti russi.
Come per tutte le aziende della moda e del lusso (si veda anche l’analisi Bain-Altagamma pubblicata su Moda24 di venerdì 22 maggio), il 2014 è stato un anno di estrema volatilità e imprevedibilità dei cambi. A correre di più, in particolare nel trimestre novembre 2014-gennaio 2015, è stato il mercato americano, chiudendo l’esercizio con un +7,7% a cambi correnti e +7,2% a cambi costanti. Bene anche il Giappone (+7,7% a cambi correnti, +13,3% a cambi costanti).
Bertelli ha confermato che nel 2015 proseguiranno sia gli investimenti nella rete di negozi – che dal 65% del 2009 assorbe oggi l’85% delle vendite e nell’esercizio in corso dovrebbe aumentare di altre 30 unità– sia quelli in capacità produttiva in Italia. I nuovi o ampliati stabilimenti serviranno per sostenere la crescita non solo di Prada e Miu Miu, i due marchi di punta del gruppo, ma anche quella di Church’s e Car Shoe, che nel 2014 hanno visto aumentare le vendite, rispettivamente, del 15% e 12%.
«Non ci preoccupa il rallentamento della redditività operativa – ha concluso Bertelli –. Il gruppo ha una strategia di medio-lungo periodo basata su innovazione e ricerca della qualità. Continueremo a razionalizzare i costi e a studiare variabili ed evoluzione del mercato del lusso globale». Il titolo Prada, quotato a Hong Kong, ha chiuso ieri a 44,15 dollari locali (+0,46%).
TITOLI IN SCADENZA NEI PROSSIMI MESI
LA STRATEGIA Dal 2009 la rete di negozi è più che raddoppiata, da 265 in 36 Paesi a 594 in 55 Paesi e il retail assorbe oggi l’85% delle vendite