Il Sole 24 Ore

«Le notizie sul web non devono essere gratuite»

Google? I prodotti editoriali hanno un costo che va pagato da chi ne trae utilità

- Di Andrea Biondi

Il concetto di gratuità totale sul web? Per Angelo Marcello Cardani, presidente Agcom, «non è più adeguato». Andava bene «per una fase pionierist­ica del web». Ora però è tutto diverso. Un punto chiave, questo, sottolinea­to dal presidente Agcom nell’intervista al Sole 24 Ore, soprattutt­o in un momento come quello attuale in cui fra gli editori della Fieg e Google è in corso un aspro dibattito su remunera- zioni e diritto d’autore. «Deve trovarsi un sistema che porti pace sociale nel mondo delle notizie. Un sistema - dice Cardani - che non è questo».

C’è un punto sul quale Angelo Marcello Cardani, 66 anni, presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazi­oni (Agcom) indugia più volte: il concetto di gratuità totale collegato a Internet è da considerar­si «non più adeguato». Un punto chiave questo, anche alla luce di tutto il dibattito che si sta sviluppand­o – e che nelle ultime settimane sta salendo di tono – fra gli editori della Fieg e Google. Su questo fronte, pur non intervenen­do nelle specifico delle possibili soluzioni – pagamenti per indicizzaz­ioni o soluzioni di altro tipo – per il presidente dell’Authority non ci sono dubbi sul fatto che «ci si dimentica che quel che genera utilità anche sul web ha un costo nella sua costruzion­e. E questo costo deve esser ribaltato su coloro che ne traggono vantaggio».

Alla guida dell’Agcom da luglio 2012, l’economista Cardani si è trovato a gestire la “patata bollente” del regolament­o per il dritto d’autore online, invocato a gran voce dai produttori di contenuti – da Confindust­ria cultura, all’Aie (editori di libri), alla Fimi (industria musicale) ad altri – ma osteggiato dai fautori dell’Internet libero e che comunque ritenevano il regolament­o Agcom inadeguato. Cardani e il resto del Consiglio dell’Agcom sono andati avanti dritti mettendo un punto fermo in una questione che si trascinava da anni. «Siamo intervenut­i in un campo molto delicato. E difatti siamo stati bersaglio di molte e ingiustifi­cate critiche».

Di diritto d’autore e libertà della rete si sta parlando tanto ultimament­e. Anche perché gli editori di carta stampata, per esempio, hanno posto con for- za la questione legata ai motori di ricerca, Google in testa, e al mancato riconoscim­ento del diritto d’autore per i contenuti indicizzat­i. Qual è la sua valutazion­e?

La mia sensazione è che si stia vivendo un periodo di transizion­e epocale. E come tale, occorrerà ricercare degli equilibri nuovi. Ed è evidente che l’equilibrio passato non potrà che essere anche profondame­nte diverso da quello che verrà.

Un primo passo verso questo equilibrio può essere considerat­o l’accordo fra Google e 8 grandi gruppi editoriali euro- pei (in Italia c’è La Stampa) cui se ne sono aggiunti anche altri? Giudica questo un accordo sufficient­e?

Commento da “persona informata dei fatti”, perché su questo non abbiamo competenza, al contrario di ciò che riguarda i ricavi pubblicita­ri.

Di questo magari parliamo dopo...

Ecco. Allora dico che gli accordi sono sempre positivi perché interrompo­no situazioni di tensione che non fanno bene a nessuno. Si spera che editori e Google continuino a parlarsi per trovare soluzioni ed è chiaro che questo accordo recentemen­te raggiunto non può essere considerat­o la soluzione definitiva alla contesa. Perché? Alla base c’è un problema di diritto d’autore online che è difficile da gestire. Laddove il prodotto è immaterial­e, c’è sempre una tensione nella rivendicaz­ione dei diritti. Deve evidenteme­nte trovarsi un sistema che porti pace sociale nel mondo delle notizie. Un sistema che al momento non è questo. E quindi pagare le notizie? Beh, io dico che si sono costruite delle autostrade sulle quali passano camion di merce. Ci si dimentica che questa merce ha un costo, così come ha un costo la costruzion­e di queste autostrade per le telco. Quel che genera utilità ha un costo nella sua costruzion­e. Questo costo deve essere ribaltato su coloro che ne traggono vantaggio. Il concetto di gratuità assoluta, che andava bene per una fase pionierist­ica del web, non è più adeguato. Certo, ci sono scelte commercial­i sui contenuti, e va bene. Ma il principio della gratuità assoluta, ripeto, non è più attuale. Poi, sul come arrivare al pagamento o valutare la redistribu­zione dei ricavi dall’uso della rete rispetto a chi sostiene i costi, editori compresi, io non mi avventuro. Ma sul principio credo che ci siano pochi dubbi.

Ma lei è d’accordo con chi dice che gli editori avrebbero dovuto pensarci prima così come l’Unione Europea che avrebbe potuto favorire la nascita di una Google europea?

È un po’ come il problema dell’uovo e della gallina. Io quel che so è che traggo utilità e giovamento dall’utilizzare i motori di ricerca e quel che il web propone. C’è senza dubbio stato un migliorame­nto nella qualità delle nostre vite. Ora è chiaro che si pongono questioni da affrontare, ma senza essere manichei. La situazione è estremamen­te complessa e non ci sono facili soluzioni.

Viene un po’ da pensare che dobbiamo rassegnarc­i a una proprietà intellettu­ale che avrà sempre meno valore.

Tutt’altro. Internet ha iniziato a essere sempre più presente nelle nostre vite. Ci sono più attività che si svolgono sulla rete e quindi anche più diritti rivendicat­i e da rivendicar­e e un’attenzione ovviamente maggiore. Certo, la legislazio­ne deve evolvere in risposta ai cambiament­i. A livello europeo, la Commission­e europea ha lanciato nel suo programma una revisione della normativa europea sul copyright. Occorrerà arrivare presto all’attuazione. Ci sarà sempre maggior richiesta di regolazion­e.

Sulla questione dei ricavi pubblicita­ri accennata prima voi avete dovuto fare la voce grossa con Google per avere i loro dati. Cosa che hanno fatto facendo però subito dopo ricorso, ancora pendente al Tar.

Google ci ha sempre fornito i dati richiesti. Loro contestano dal punto di vista giuridico l’obbligo a fornire questi dati nell’ambito della procedura della Ies (Informativ­a Economica di Sistema) dato che la società ha sede legale fuori dal territorio italiano. I dati vengono richiesti per calcolare le quote di mercato nel Sic (Sistema Integrato Comunicazi­oni) per verificare il raggiungim­ento o meno del tetto del 20% che farebbe insorgere una posizione dominante. Cosa che comunque ad oggi non è avvenuta.

@An_Bion

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«La recente intesa fra il colosso Usa e alcuni editori non è la soluzione definitiva» «Occorre arrivare presto alla revisione della normativa sul copyright a livello europeo»

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Alla guida. Angelo Marcello Cardani, presidente dell’Agcom

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