«Le notizie sul web non devono essere gratuite»
Google? I prodotti editoriali hanno un costo che va pagato da chi ne trae utilità
Il concetto di gratuità totale sul web? Per Angelo Marcello Cardani, presidente Agcom, «non è più adeguato». Andava bene «per una fase pionieristica del web». Ora però è tutto diverso. Un punto chiave, questo, sottolineato dal presidente Agcom nell’intervista al Sole 24 Ore, soprattutto in un momento come quello attuale in cui fra gli editori della Fieg e Google è in corso un aspro dibattito su remunera- zioni e diritto d’autore. «Deve trovarsi un sistema che porti pace sociale nel mondo delle notizie. Un sistema - dice Cardani - che non è questo».
C’è un punto sul quale Angelo Marcello Cardani, 66 anni, presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) indugia più volte: il concetto di gratuità totale collegato a Internet è da considerarsi «non più adeguato». Un punto chiave questo, anche alla luce di tutto il dibattito che si sta sviluppando – e che nelle ultime settimane sta salendo di tono – fra gli editori della Fieg e Google. Su questo fronte, pur non intervenendo nelle specifico delle possibili soluzioni – pagamenti per indicizzazioni o soluzioni di altro tipo – per il presidente dell’Authority non ci sono dubbi sul fatto che «ci si dimentica che quel che genera utilità anche sul web ha un costo nella sua costruzione. E questo costo deve esser ribaltato su coloro che ne traggono vantaggio».
Alla guida dell’Agcom da luglio 2012, l’economista Cardani si è trovato a gestire la “patata bollente” del regolamento per il dritto d’autore online, invocato a gran voce dai produttori di contenuti – da Confindustria cultura, all’Aie (editori di libri), alla Fimi (industria musicale) ad altri – ma osteggiato dai fautori dell’Internet libero e che comunque ritenevano il regolamento Agcom inadeguato. Cardani e il resto del Consiglio dell’Agcom sono andati avanti dritti mettendo un punto fermo in una questione che si trascinava da anni. «Siamo intervenuti in un campo molto delicato. E difatti siamo stati bersaglio di molte e ingiustificate critiche».
Di diritto d’autore e libertà della rete si sta parlando tanto ultimamente. Anche perché gli editori di carta stampata, per esempio, hanno posto con for- za la questione legata ai motori di ricerca, Google in testa, e al mancato riconoscimento del diritto d’autore per i contenuti indicizzati. Qual è la sua valutazione?
La mia sensazione è che si stia vivendo un periodo di transizione epocale. E come tale, occorrerà ricercare degli equilibri nuovi. Ed è evidente che l’equilibrio passato non potrà che essere anche profondamente diverso da quello che verrà.
Un primo passo verso questo equilibrio può essere considerato l’accordo fra Google e 8 grandi gruppi editoriali euro- pei (in Italia c’è La Stampa) cui se ne sono aggiunti anche altri? Giudica questo un accordo sufficiente?
Commento da “persona informata dei fatti”, perché su questo non abbiamo competenza, al contrario di ciò che riguarda i ricavi pubblicitari.
Di questo magari parliamo dopo...
Ecco. Allora dico che gli accordi sono sempre positivi perché interrompono situazioni di tensione che non fanno bene a nessuno. Si spera che editori e Google continuino a parlarsi per trovare soluzioni ed è chiaro che questo accordo recentemente raggiunto non può essere considerato la soluzione definitiva alla contesa. Perché? Alla base c’è un problema di diritto d’autore online che è difficile da gestire. Laddove il prodotto è immateriale, c’è sempre una tensione nella rivendicazione dei diritti. Deve evidentemente trovarsi un sistema che porti pace sociale nel mondo delle notizie. Un sistema che al momento non è questo. E quindi pagare le notizie? Beh, io dico che si sono costruite delle autostrade sulle quali passano camion di merce. Ci si dimentica che questa merce ha un costo, così come ha un costo la costruzione di queste autostrade per le telco. Quel che genera utilità ha un costo nella sua costruzione. Questo costo deve essere ribaltato su coloro che ne traggono vantaggio. Il concetto di gratuità assoluta, che andava bene per una fase pionieristica del web, non è più adeguato. Certo, ci sono scelte commerciali sui contenuti, e va bene. Ma il principio della gratuità assoluta, ripeto, non è più attuale. Poi, sul come arrivare al pagamento o valutare la redistribuzione dei ricavi dall’uso della rete rispetto a chi sostiene i costi, editori compresi, io non mi avventuro. Ma sul principio credo che ci siano pochi dubbi.
Ma lei è d’accordo con chi dice che gli editori avrebbero dovuto pensarci prima così come l’Unione Europea che avrebbe potuto favorire la nascita di una Google europea?
È un po’ come il problema dell’uovo e della gallina. Io quel che so è che traggo utilità e giovamento dall’utilizzare i motori di ricerca e quel che il web propone. C’è senza dubbio stato un miglioramento nella qualità delle nostre vite. Ora è chiaro che si pongono questioni da affrontare, ma senza essere manichei. La situazione è estremamente complessa e non ci sono facili soluzioni.
Viene un po’ da pensare che dobbiamo rassegnarci a una proprietà intellettuale che avrà sempre meno valore.
Tutt’altro. Internet ha iniziato a essere sempre più presente nelle nostre vite. Ci sono più attività che si svolgono sulla rete e quindi anche più diritti rivendicati e da rivendicare e un’attenzione ovviamente maggiore. Certo, la legislazione deve evolvere in risposta ai cambiamenti. A livello europeo, la Commissione europea ha lanciato nel suo programma una revisione della normativa europea sul copyright. Occorrerà arrivare presto all’attuazione. Ci sarà sempre maggior richiesta di regolazione.
Sulla questione dei ricavi pubblicitari accennata prima voi avete dovuto fare la voce grossa con Google per avere i loro dati. Cosa che hanno fatto facendo però subito dopo ricorso, ancora pendente al Tar.
Google ci ha sempre fornito i dati richiesti. Loro contestano dal punto di vista giuridico l’obbligo a fornire questi dati nell’ambito della procedura della Ies (Informativa Economica di Sistema) dato che la società ha sede legale fuori dal territorio italiano. I dati vengono richiesti per calcolare le quote di mercato nel Sic (Sistema Integrato Comunicazioni) per verificare il raggiungimento o meno del tetto del 20% che farebbe insorgere una posizione dominante. Cosa che comunque ad oggi non è avvenuta.
@An_Bion
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«La recente intesa fra il colosso Usa e alcuni editori non è la soluzione definitiva» «Occorre arrivare presto alla revisione della normativa sul copyright a livello europeo»