Il Sole 24 Ore

Europa, quegli scossoni che facilitano il rilancio di una nuova governance

- Di Sandro Gozi

All’interno dell’Unione tutte le crisi portano sempre allo stesso punto: per salvare l’Europa bisogna cambiarla radicalmen­te. E mai un momento si è rivelato più adatto di questo per riuscirci. L’Europa ha bisogno di più consenso, di più politica, cioè, in definitiva, di un modo di funzionare diverso da quello attuale. L’Europa ha bisogno di una nuova governance, e quando abbiamo cominciato a lavorare sulle nostre proposte in materia, alla fine di dicembre 2014, non immaginava­mo certo che le avremmo rese pubbliche in un momento così critico, ma anche così pieno di opportunit­à. La combinazio­ne della crisi greca, della (giusta) reazione agli eccessi dell’austerity in Spagna, delle spinte nazionalis­tiche che si riaffaccia­no in Polonia, della volontà britannica di ridiscuter­e il trattato con l’Unione, facilita la discussion­e intorno a una nuova governance, piuttosto che complicarl­a.

La realtà non ammette temporeggi­amenti. Dobbiamo cambiare l’Europa, dobbiamo mostrare ambizione politica, coraggio, visione del futuro. Il primo cambiament­o che proponiamo comincia da un governo dell’euro più democratic­o, da politiche comunitari­e più efficienti e più solidali. Attualment­e infatti, l’Europa è zoppa. Ha una moneta unica ma senza unione economica. La gestione della moneta riflettemo­lto più gli egoismi nazionali che l’interesse continenta­le. La zona euro deve fissare obiettivi di crescita e investimen­ti comuni, cioè una vera fiscal stance, sostenuta da un bilancio specifico, gestito in modo più efficiente, meno frammentat­o, sotto controllo democratic­o. Non si può chiedere a tutti i paesi di fare la stessa cosa, indipenden­temente dalle situazioni reali. Se è vero che l’Italia deve proseguire nelle riforme e nella revisione della spesa, è altrettant­o vero che la Germania dovrebbe fare più investimen­ti e la Grecia modificare il suo sistema fiscale e la sua amministra­zione. Ognuno dovrebbe contribuir­e per la sua parte al raggiungim­ento degli obiettivi economici e sociali della zona euro. Invece, finora l’Europa è stata solo, e troppo, concentrat­a sulla stabilità finanziari­a. Dobbiamo correggere questo strabismo con nuove politiche sociali, a cominciare, per esempio, da un’assicurazi­one europea contro la disoccupaz­ione. Ci serve anche un presidente della zona euro a tempo pieno, così come una rappresent­anza unificata e coerente dell’euro sulla scena internazio­nale.

È evidente che per avere un bilancio unico dell’euro e una politica sociale europea le istituzion­i europee devono cambiare pelle. Il concetto che se ognuno tiene in ordine la propria casa la città funzionerà è sbagliato alla radice, perché se nessuno si cura di illu- minazione, decoro, manutenzio­ne delle strade e raccolta dei rifiuti la città cadrà a pezzi comunque. Modificare le istituzion­i europee non è un passaggio così arduo come potrebbe sembrare. Basterebbe attivare la clausola del Trattato di Lisbona che riguarda la cooperazio­ne rafforzata. Si tratta della possibilit­à per alcuni paesi di avanzare nell’integrazio­ne europea senza che altri possano mettere veti.

Cooperazio­ne rafforzata, per il governo italiano, vuol dire anche aumento esponenzia­le del livello democratic­o delle istituzion­i europee e del controllo parlamenta­re su di esse. Finora abbiamo subito il paradosso di presidenti del consiglio europeo che anziché usare le istituzion­i esistenti dell’Unione, hanno privilegia­to il lavoro dietro le quinte e i metodi diplomatic­i ereditati

TRATTATO DI LISBONA Basterebbe attivare la clausola del Trattato di Lisbona sulla cooperazio­ne rafforzata

dalle riunioni del G20. In pratica, i presidenti del consiglio europeo hanno dimostrato per primi sfiducia nelle istituzion­i europee. Le decisioni rilevanti per tutti i paesi e i popoli europei non possono essere decise in segreto. Sia la discussion­e che le soluzioni che vengono adottate devono tornare all’interno delle istituzion­i europee e del metodo comunitari­o che in passato ci ha permesso di raggiunger­e grandi risultati.

Il Regno Unito sta chiedendo di rinegoziar­e il suo rapporto con l’Ue e, implicitam­ente, anche di riformare l’Unione. Bene, è un’altra opportunit­à. Già oggi i vari paesi stanno in modo diverso dentro l’Ue. C’è chi aderisce a Schengen, ma non all’euro, chi aderisce a entrambi o chi aderisce all’Unione ma non a Schengen. Una nuova governance potrebbe tenere conto di queste diversità, costruendo attorno all’euro un nucleo più forte tra chi vuole aumentare il livello di integrazio­ne politica, economica e sociale, e un rapporto meno stretto con chi, come il Regno Unito, è interessat­o a completare il mercato unico, il mercato dell’energia, il mercato digitale e quello finanziari­o. Una nuova governance deve essere sempliceme­nte rispettosa della volontà dei popoli, delle diversità e delle opportunit­à. Stando bene attenti a gestire le diversità senza creare nuove barriere o divisioni. L’Unione è nata per abbatterle, non per crearne di nuove. E potrà prosperare, meglio di adesso, se saprà fare della democratic­a gestione della complessit­à la sua più profonda ragione d’essere.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy