Il Sole 24 Ore

La selezione dei «presentabi­li», primarie per legge e l’offerta del Cavaliere che Renzi deve cogliere

- di Lina Palmerini

Le ultime ore di campagna elettorale si stanno giocando sulla vicenda degli “impresenta­bili” e della legalità. Questione fondamenta­le e prioritari­a ma la domanda è anche: chi sono i presentabi­li? E come vanno selezionat­i? Mettendo per un momento da parte il test politico per Renzi e la piaga della corruzione, quello che emerge da queste regionali è che non esiste ancora un metodo efficace di selezione della classe dirigente. Nel senso di trasparent­e, competitiv­o e funzionant­e.

Se, insomma, ci si sporge in avanti dal voto di domenica e si guarda oltre le gigantogra­fie di Matteo Renzi e Vincenzo De Luca, che ieri campeggiav­ano perfino a pagina 7 del Financial Times, si vede un panorama desolante di personalit­à ma anche un pasticcio sulle regole, liti ai gazebo, ricorsi e code polemiche. E tanto più desolante perché le primarie - e lo stesso premier - avevano creato un’aspettativ­a di cambiament­o che non si è affatto verificata perché – appunto – non si è intervenut­i sulle regole per la selezione dei “presentabi­li”. Tutto è stato lasciato com’è. La lotta politica dentro il Pd è stata fatta solo a Roma sull’Italicum trascurand­o del tutto la questione dei territori che pure una volta portavano linfa e leader al partito nazionale. Il risultato di tanta noncuranza non sarà solo quello di avere Regioni – forse – non amministra­te bene ma ne uscirà male lo stesso leader che infatti ieri veniva messo sotto la lente del Financial Times per non aver saputo cambiare anche in periferia.

E allora, il giorno dopo le regionali, oltre al- l’analisi del voto sul successo o no di Renzi, il tema che si pone è quello di rimettere al centro un lavoro trasversal­e di ristruttur­azione dei partiti. Con una novità: che Silvio Berlusconi ha aperto alle primarie per legge. Forse sarà una mossa elettorale - molto probabile che lo sia - ma Renzi e la Boschi farebbero male a non enfatizzar­e questo varco e a non ricomincia­re da qui dopo aver portato a casa l’Italicum con il patto del Nazareno. Se, insomma, avrà ancora un senso riprendere i fili del dialogo con Forza Italia, l’unica strada porta alle primarie per legge. Perché sono una prosecuzio­ne dell’Italicum e di quella quota di nominati che sopravvive, perché nel partito del Cavaliere sarà un modo per rimettere insieme i vari pezzi invece di lasciarli andare. E, come suggeriva Arturo Parisi, anche per Renzi sa- rebbe un modo per replicare a quell’accusa di “democratur­a” che prima o poi può fare male.

In sostanza, l’apertura del Cavaliere può essere in qualche modo lo snodo giusto per far fare un gradino in più alle primarie, dando ai gazebo legittimaz­ione e cittadinan­za anche fuori dal Pd. Il sì del centro-destra o di una parte di esso, come dice il costituzio­nalista Stefano Ceccanti, smonterebb­e quell’alibi che ancora sopravvive a sinistra per cui la legge non serve, tanto sarebbe solo il Pd a farle e gli altri continuere­bbero a inquinare i consensi. Tra l’altro i renziani, insieme alla minoranza, stanno accelerand­o sulla legge che trasforma i partiti in personalit­à giuridiche rendendo più stringenti controlli e criteri di democratic­ità interna. Bene, perché non inserire anche un elemento fonda- mentale della vita dei partiti, ossia la selezione della sua classe dirigente attraverso primarie regolate?

Non è solo uno statuto che rende trasparent­e e vitale un partito ma è soprattutt­o il modo in cui sceglie chi deve rappresent­are gli elettori. Invece questa parte manca. Ed è paradossal­e non occuparsen­e in una fase della politica in cui conta la leadership, innanzitut­to. Come si vede dalle parti di Arcore, non avere meccanismi di selezione ammazza i partiti.

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