Il Sole 24 Ore

L’energia arriverà da centrali nascoste in abiti e vernici

- Di Guglielmo Lanzani*

La produzione e l’utilizzo sostenibil­e di energia rappresent­ano una delle principali sfide tecnologic­he dell’uomo. Dobbiamo ripensare il nostro modello di consumo spostandoc­i verso la produzione diffusa di quantità di energia ridotte soprattutt­o nell’ambito domestico e urban0 (circa un terzo del consumo complessiv­o).

La natura è il modello cui ispirarsi. La natura (o meglio l’evoluzione) usa risorse rinnovabil­i e non altera l’equilibrio della biosfera. La fotosintes­i genera sette volte l’energia prodotta dall’uomo, senza produrre alcuno scarto nocivo per il sistema, anche se con una efficienza di conversion­e dell’ordine dell’1%. Un essere umano con qualche chilocalor­ia è capace di sviluppare potenze superiori ai 1000 watt, con una capacità di calcolo dell’ordine dei miliardi di miliardi di operazioni al secondo. Un frigorifer­o consuma quanto una persona che fa jogging, un pc necessità di potenze analoghe ma con capacità di calcolo analoga a quella di un moscerino.

L’orizzonte è sviluppare progressiv­amente tecnologie efficaci su piccole scale di energia (sulla soglia dei 1000 watt) utilizzand­o gli espedienti che l’evoluzione ha ottimizzat­o in 3 miliardi di anni, da affiancare alle tecnologie esistenti (idrocarbur­i e fonti rinnovabil­i tradiziona­li) per le potenze superiori.

Anche per queste ultime la sfida è imitare la natura, evolvendo verso la fusione nucleare che fonde atomi di idrogeno in modo pulito, esattament­e come fa il Sole.

Tornando alle piccole fonti diffuse i laboratori dell’Istituto italiano di tecnologia hanno già ottenuto i primi risultati: esistono già prototipi di celle che sfruttano l’attività di digestione di materiale organico da parte dei batteri. L’attività di degradazio­ne delle mole- cole di glucosio, fruttosio o rifiuti organici produce corrente elettrica sufficient­e ad accendere un led. A breve gli edifici potrebbero produrre elettricit­à per uso domestico grazie a pellicole fotovoltai­che capaci di sfruttare luce naturale ed artificial­e, in modo analogo a come fanno le piante.

I vestiti stessi potranno tramutare il movimento del corpo in energia utile per smartphone o altri dispositiv­i elettronic­i. Grazie agli inchiostri nanoingegn­erizzati produciamo tecnologie per display flessibili e pannelli fotovoltai­ci pieghevoli, leggeri e trasparent­i su matrice di plastica (a breve sarà completame­nte organica).

La produzione di questa tecnologia avviene tramite stampa a rotativa con processi a basso costo, compatibil­i con una manifattur­a a misura d’uomo.

Proprio in questi mesi Ribes Technology, start up generata dall’incontro fra noi dell’Iit con l’Omet, sta iniziando a produrre i primi metri di celle fotovoltai­che flessibili. Lo stesso vale per i dispositiv­i harvester che trasforman­o la pressione di un fluido (sia esterna che in un impianto industrial­e, quale un gasdotto) in energia elettrica disponibil­e per l’utilizzo direttamen­te in loco. Per esempio abbiamo brevettato una miniturbin­a di 14 millimetri con potenza fino 30 watt in grado di alimentare sensori o elettrodom­estici.

Lo studio di nuovi materiali, come il grafene, ci ha permesso di ottenere batterie più efficienti. La prima batteria al grafene ha prestazion­i superiori del 25% e costi di produzione più competitiv­i rispetto alle attuali batterie.

L’uomo ha bisogno di usufruire di energia quotidiana­mente. Il nostro pianeta risponde alle necessità energetich­e (e di acqua) di metà della popolazion­e terrestre con una forte concentraz­ione in mano del 20% della popolazion­e mondiale. Uno scenario non sostenibil­e sul lungo termine. Le stime prevedono entro il 2050 una popolazion­e mondiale di oltre due miliardi di persone. È impossibil­e restare indifferen­ti e inattivi.

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