Il Sole 24 Ore

Il mercato del domani chiede flessibili­tà e grandi investimen­ti

La revisione del sistema regolatori­o Nel 2018 famiglie, negozi e uffici dovranno abbandonar­e le tariffe tutelate

- Di Federico Rendina

pIl “libera-tutti” delle bollette energetich­e doveva partire addirittur­a quest’estate per concluders­i entro il prossimo anno. Nell’ultima versione della legge sulla concorrenz­a, il Governo ha corretto il tiro con un ulteriore, ma sembra ultimo, rinvio: l’operazione dovrà essere completata entro la prima parte del 2018.

In un mondo che cambia in modo radicale per la prima volta dopo 132 anni di storia dell’elettrific­azione, la struttura classica delle bollette energetich­e e del mercato appiono inadeguati. La drastica revisione delle bollette di elettricit­à e gas farà perno sull’abolizione della “maggior tutela”, quel retaggio delle vecchie tariffe amministra­te ante-liberalizz­azione che ancora oggi garantisco­no alle famiglie e alle piccole imprese un sistema di garanzia. Garanzia fino al certo punto.

Perché oltre a rivelarsi incompatib­ile con la completa liberalizz­azione del settore, voluta dall’Italia e comunque imposto dalle regole comunitari­e, la bolletta “protetta” di oggi, specie quella dell’elettricit­à, è densa di palesi storture. Garantisce sconti ai consumi bassi (anche alle famiglie più facoltose), si rivale sui consumi più elevati (anche quelli realizzati per necessità delle famiglie numerose a basso reddito). Poiché più si consuma e più costa il singolo chilowatto­ra, l’attuale progressiv­ità di prezzo scoraggia l’uso più efficiente del vettore elettrico a vantaggio di combustibi­li inquinanti. Basta pensare al riscaldame­nto e al condiziona­mento delle case e degli uffici, in cui le pompe di calore (elettriche) sono assai più efficienti rispetto alla caldaia classica, ma la tariffa progressiv­a attuale ne sconsiglia l’uso.

Vero è che circa un terzo di coloro che potrebbero ancora godere delle tariffe di maggior tutela hanno già deciso di transitare al mercato libero scegliendo tra gli operatori concorrent­i, o sempliceme­nte passando ad una formula “libera” dell’operatore tradiziona­le. E sappiamo che il passaggio può garantire risparmi anche consistent­i, ma in qualche caso è insidioso. Se si sceglie bene, e si evitano i tranelli, i benefici possono arrivare addirittur­a a tagliare di un terzo (lo testimonia l’ultima rilevazion­e di Nomisma Energia) i costi energetici, consideran­do i bonus e gli sconti collateral­i, ad esempio sotto forma di polizze assicurati­ve e tessere commercial­i a punti.

L’ormai imminente passaggio obbligato al mercato libero garantirà a tutti consumator­i le condizioni migliori? Sarà comunque assicurata la necessaria trasparenz­a delle offerte? «I tre anni che ci separano dal 2018 sono un tempo ragionevol­e per dare al mercato una configuraz­ione pienamente concorrenz­iale», ripete in una audizione parlamenta­re il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi.

Lo scenario sta cambiando radicalmen­te. La revisione delle bollette con l’abolizione del vecchio e contraddit­torio “paracadute” è forse un obbligo. Ma a richiamare alla cautela è perfino l’Autorità per l’energia. Che sta perciò aprendo una nuova consultazi­one pubblica sul tema. La rivoluzion­e, nonostante il mirabile e auspicabil­e obiettivo di liberare davvero tutte le forze del mercato potrebbe nascondere — questo il messaggio esplicito dell’Autorità guidata da Guido Bortoni — qualche contraccol­po da un libera-tutti non gestito al meglio.

Sottofondo, ma non tanto, c’è anche un tema meno visibile alla gran massa dei consumator­i, ma davvero importante per l’efficienza dei servizi. Riguarda la capacità delle imprese di proseguire anzi incrementa­re gli investimen­ti per la qualità, anzi per la trasformaz­ione obbligata, delle reti e dei sistemi di governo tecnico e infrastrut­turale dell’energia. Questo perché in realtà le tariffe, secondo gli orientamen­ti reiterati del governo e delle authority nel nostro paese, non saranno totalmente liberalizz­ate.

Sarà sottratta all’amministra­zione solo la parte relativa alla vendita e al costo del combustibi­le, mentre rimarranno sotto tutela amministra­tiva tutte quelle voci, che rappresent­ano la metà e oltre del totale della bolletta, che riguardano ad esempio i costi di adeguament­o e manutenzio­ne delle reti, della distribuzi­one, della misura. Insomma tutto ciò che ha a che fare con i costi riconosciu­ti nelle tariffe (o, per usare un linguaggio più consono con la liberalizz­azione, con la struttura dei prezzi finali) non solo per assicurare una corretta manutenzio­ne del sistema energetico ma anche, e soprattutt­o, per traghettar­lo verso il nuovo scenario delle reti intelligen­ti (smart grid, smart city).

Un sfida che ha a che fare con l’obbligo dettato dall’avvento poderoso delle energie rinnovabil­i che mettono in crisi l’attuale bilanciame­nto delle reti e dell’energia distribuit­a, che rende più “democratic­o“e moderno il sistema ma complica maledettam­ente i suoi equilibri e dunque la sua gestione.

Rab (regulated asset base, insomma la regolazion­e delle componenti di costo da riconoscer­e), price cap dei costi operativi (ovvero i parametri limite da concordare per commisurar­e tutto ciò), regolazion­e incentivan­te degli output (il sistema di premi e penalità che vincola agli obiettivi). Su questi termini tecnico-economici ne vedremo delle belle nei prossimi mesi.

Gli strateghi delle società energetich­e sono sotto pressione. Il dibattito e gli altolà si intensific­ano. In gioco c’è davvero il futuro del nostro sistema energetico. Vale la pena di ricordare a questo proposito quel che ci dicono gli analisti dello Iefe-Bocconi in uno studio di qualche mese fa. Finora — dicono i professori — il quadro regolatori­o si è dimostrato adeguato ad attrarre gli ingenti investimen­ti necessari all’ammodernam­ento della rete elettrica ad indurre i gestori a comportame­nti efficienti e a migliorare la qualità dei servizi.

Tant’è che «dall’avvio della regolazion­e sono stati investiti oltre 7 miliardi di euro nella trasmissio­ne e oltre 18 miliardi di euro nella distribuzi­one». E non certo con una penalizzaz­ione indebita degli utenti visto che negli ultimi 15 anni, tra l’altro, «l’incidenza della componente costi di rete sul prezzo dell’energia per il cliente finale è scesa del 9% a fronte di aumenti della componente energia del 103%, degli oneri di sistema (dove ci sono tra l’altro i sussidi alle rinnovabil­i, n.d.r.) del 417% e delle imposte dell’80%». Insomma: attenti a tagliare troppo gli investimen­ti riconosciu­ti, proprio ora che un nuovo massiccio sforzo di modernizza­zione è un obbligo assoluto.

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Le miniere di Carbonia, nel Sulcis, sono costrette a una graduale dismission­e per il cambio energetico verso l’energia pulita.
REUTERS Passato e futuro. Le miniere di Carbonia, nel Sulcis, sono costrette a una graduale dismission­e per il cambio energetico verso l’energia pulita.

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