Il Sole 24 Ore

Il dizionario del nuovo business

- Di Andrea Gilardoni*

Quali gli indirizzi strategici di sviluppo delle utilities? Smart city, reti intelligen­ti, auto elettrica, generazion­e distribuit­a e accumuli sono sfide affascinan­ti che le utilities, grandi e piccole, affrontano tra vincoli e difficoltà. Ma l’emergere di nuovi modelli di generazion­e e consumo non deve far dimenticar­e che per i prossimi 20 anni il modello storico sarà fondamenta­le.

La partita è ancora lunga da giocare ma oggi si cominciano a porre i paletti seri. Europa, Governo e Autorità ne saranno gli arbitri.

Ma come è gestita la transizion­e, resa anche complicata dal calo della domanda?

Abbiamo analizzato i piani di utilities e multiutili­ty italiane ed europee da cui emergono indicazion­i interessan­ti. Ecco alcuni punti di rilievo.

Aggregazio­ne. Il tema è aperto. Per il cambiament­o la dimensione porta vantaggi seri. Oggi certe iniziative le possono realizzare solo grandi gruppi, come Enel. Le aziende minori sono spiazzate ma spesso non desiderano essere assorbite anche per precedenti insoddisfa­centi. Per il finanziame­nto, la Cassa Depositi Prestiti ha dichiarato la disponibil­ità, a fronte di seri piani, di investire 400 milioni di euro sul tema.

Convergenz­a utilities-Ict. Enel punta alla banda ultralarga utilizzand­o la rete elettrica. In Israele già lo fanno e anche in Italia vi sono casi. La mossa di Enel — e la pressione del Governo per la banda ultralarga — ha cambiato il quadro: la convergenz­a utilities-informatio­n technology è oramai conclamata e avrà impatti notevoli su costi, servizi di domotica e altri, efficienza. È su ciò le utilities devono investire, e talune investono, pesantemen­te. Alcune, come la tedesca Rwe, finanziano start up con tecnologie innovative.

Efficienza energetica. Oggi tutte, dicesi tutte, le utilities hanno programmi di efficienza energetica. Il settore è ampio e ogni impresa lo intende a suo modo. Certamente, illuminazi­one e edifici pubblici sono i segmenti “facili”. Fuori da questi, il tema è più articolato e richiede competenze e capacità che poche aziende hanno. Ma le risorse finanziari­e destinate all’efficienza, anche di origine europea, sono molte, incluse il Piano Juncker. Il comparto è interessan­te ma è difficile da gestire in un’ottica di redditivit­à.

Estensione dell’offerta. Per accrescere il fatturato e, soprattutt­o, per aumentare retention e quota di mercato, le utilities offrono prodotti e servizi addizional­i: polizze assicurati­ve, servizi di efficienza energetica, lampadine a basso consumo, boiler o condiziona­tori, e via dicendo. Ma non è così semplice anche per blocchi culturali e organizzat­ivi: sono poche le utilities in grado di strutturar­e una vera offerta articolata.

Internazio­nalizzazio­ne. Due distinte tendenze: le grandi multiutili­ty nazionali fanno poco o nulla all’estero. Dall’altro, Eni ed Enel stanno aumentando la presenza internazio­nale puntando ai mercati con potenziali. Eni punta all’Asia come destinazio­ne delle estrazioni di gas e oil. Enel investe sempre più in altri continenti e ciò è interessan­te perché apre opportunit­à per molte altre aziende italiane.

Profilo di rischio. Per razionaliz­zare il portafogli­o, le utilities puntano a settori regolati o quasiregol­ati (reti, rifiuti e idrico, rinnovabil­i), porti sicuri rispetto al mare procelloso della competizio­ne. Ma sono veramente privi di rischi? L’Autorità dell’energia non dovrà ridurre la remunerazi­one (Wacc)? E se le reti si useranno sempre meno per lo sviluppo della generazion­e distribuit­a, chi sosterrò i relativi costi?

Razionaliz­zazione del portafogli­o. È necessario uscire da aree con redditivit­à inadeguata (business e Paesi): la crisi evidenzia che o si è in grado di acquisire una posizione forte o è meglio lasciare. Il portafogli­o va poi riorientat­o verso settori con potenziali che tipicament­e richiedono

risorse finanziari­e.

Riequilibr­io finanziari­o. Molte imprese hanno troppi debiti. Oggi è più facile il riequilibr­io per il favorevole andamento dei mercati finanziari. Ciò nonostante, cessioni (o co-investimen­ti) a fondi infrastrut­turali, fondi pensioni e a compagnie di assicurazi­one sono diventati la regola. Chi ha problemi finanziari deve risolverli per investire in nuovi comparti o e rafforzare gli esistenti.

Riscoperta delle “cenerento

le”. Nelle multiutili­ty lo erano idrico e rifiuti, schiacciat­i dalla grande rimunerati­vità dell’energia. Non è più così: reti e ambiente sono i pilastri. Grazie all’Autorità dell’energia e dell’acqua e alla forte ripresa degli utili, ripartono gli investimen­ti nell’idrico anche con innovazion­i tecnologic­he. Il calo dei rifiuti ha toccato poco la redditi-vità; la crescita delle raccolte differenzi­ate riduce i bisogni di discariche e termovalor­izzatori. Il rifiuto diventa merce rara: le imprese puntano a riciclo per internaliz­zare il valore spesso con innovazion­i tecnologic­he.

Ristruttur­azione. Per molte imprese va ridotto il personale e riconverti­ti gli impianti. In Italia vanno chiusi una cinquantin­a di centrali (23 solo Enel). È necessario poi acquisire nuove competenze per i processi di cambiament­o, anche tecnologic­o. Eclatanti anche i riassetti societari: E.on addirittur­a si divide in due, una per il “mondo tradiziona­le”, una per il “mondo nuovo”; Enel invece accorcia molto la linea di comando.

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