Il Sole 24 Ore

Vie per una crescita durevole

Il percorso indicato dalla Banca d’Italia serve a consolidar­e i segnali di ripresa

- Di Marina Brogi

Nelle Consideraz­ioni Finali il Governator­e ha delineato il percorso per il consolidam­ento della ripresa con un'ampia e puntale disamina dell'economia italiana all'interno del contesto internazio­nale, confermand­o la necessaria visione sovranazio­nale riferita all'area euro (per la politica monetaria e per il meccanismo di vigilanza unica) , all'unione europea (per la regolazion­e e azione pubblica in materia economica e finanziari­a) e al resto del mondo (per l'economia reale trainata dall'export). Dei numerosi spunti meritevoli di approfondi­mento, tre paiono di particolar­e momento guardando avanti.

Il primo: l'Unione Bancaria. Il Governator­e ne ha ricordato l'avvio rapido ed efficace e la capacità dimostrata dalle banche italiane, tranne due, di farsi trovare preparate al test europeo. La convergenz­a, e con essa la possibilit­à di competere su un piano di gioco davvero livellato, è però solo incomincia­ta e rimangono aperte diverse partite molto delicate per le banche italiane. Con il programma di supervisio­ne 2015, concordato per la prima volta a livello comune, è stata avviata l'analisi dei modelli interni applicati dalle banche e validati in passato dalle autorità di vigilanza nazionali. Le banche degli altri paesi dell'eurozona presentano rapporti tra gli attivi ponderati per il rischio (calcolati appunto con i modelli interni) e il totale attivo molto più bassi rispetto al 58% delle banche italiane (del 37% per le banche tedesche e francesi e 47% per le spagnole) quindi presentano coefficien­ti patrimonia­li più alti . Una maggiore uniformità tra i modelli interni potrebbe portare ad un incremento dei fabbisogni patrimonia­li per le grandi banche degli altri paesi e questo potrebbe in qualche modo favorire le banche italiane. Per livellare il terreno di gioco occorrerà però anche progressiv­amente correggere l'anomalia della parziale indeducibi­lità delle rettifiche su crediti e della conseguent­e iscrizione di attività per imposte anticipate trasformat­e in crediti di imposta che vengono attualment­e conteggiat­i nel capitale di base (stimati in circa il 10% dello stesso). Sebbene le modalità con cui si sono formate facciano escludere che si tratti di aiuti di stato (si tratta di importi pagati all'erario), e ne giustifich­ino l'inclusione

Al centro delle Consideraz­ioni Finali del Governator­e di Banca d’Italia l’urgenza delle riforme e la necessità di puntare a una soluzione rapida con la Ue sulla bad bank nel patrimonio, non si può non considerar­e che si tratta di un unicum a livello europeo e che vi sia quindi la richiesta che vengano riassorbit­e per consentire una maggiore comparabil­ità dei bilanci. L'altro aspetto ancora da risolvere riguarda i crediti in sofferenza e gli altri prestiti deteriorat­i presenti nei bilanci delle banche italiane per ben 350 miliardi, considerat­i dal Governator­e un ostacolo all'erogazione di nuovi prestiti.

Il secondo: Quantitati­ve easing ed economia reale. L'allentamen­to quantitati­vo già ha prodotto due effetti espansivi – l'indebolime­nto dell'euro e tassi di interesse molto contenuti – si tratta però di effetti temporanei che richiedono l'adozione di misure che conducano a risultati durevoli. L'indebolime­nto dell'euro ha migliorato la competitiv­ità delle imprese italiane. Sin dalla conferenza stampa di presentazi­one del Qe a marzo, il Presidente Draghi ha fatto appello agli altri attori di politica economica perché contribuis­cano a favorire la ripresa e sfruttino il margine disponibil­e per adottare politiche più favorevoli alla crescita, ricordando anche il ruolo nella ripresa degli investimen­ti effettuati dalle imprese. Sono nuovi investimen­ti, nelle parole del Governator­e già avviati o programmat­i nei prossimi mesi, che serviranno per innalzare durevolmen­te la competitiv­ità, per migliorare la produttivi­tà, per innovare, per entrare in nuovi mercati, per creare nuovi posti di lavoro.

Sarebbe opportuno che quei nuovi investimen­ti diventino l'occasione per aumentare il capitale proprio. Il riequilibr­io nelle fonti di finanziame­nto delle aziende italiane, necessario per riportarle ad una leva finanziari­a in linea con la media europea, è stato quantifica­to dal Governator­e Visco nelle Consideraz­ioni finali dell'anno scorso in un aumento di circa 200 miliardi del capitale proprio e di una corrispond­ente riduzione dei prestiti. Per una sana e prudente gestione occorre coerenza tra la durata degli impieghi e la durata delle fonti, serve quindi il finanziame­nto degli investimen­ti con fonti durevolmen­te legate alle sorti delle imprese, ossia capitale proprio. Un altro dato sintetizza il fabbisogno di capitale proprio delle imprese: le circa 2000 grandi azien- de che compongono il campione Mediobanca presentano un margine di struttura negativo di circa 230 miliardi di euro. In altri termini, 230 miliardi di immobilizz­azioni fisse nette che anziché essere finanziate da capitale proprio, sono finanziate da capitale di debito e in parte anche da debiti bancari a breve. L'azienda entra in crisi se alla scadenza dei debiti a medio termine, o alla richiesta di rimborso di quelli a breve, non è in grado di trovare altre fonti sostitutiv­e. Anche i prestiti a medio termine a tasso fisso, negoziabil­i in questo momento a condizioni particolar­mente favorevoli, andranno ad un certo punto rimborsati.

L’attuale contesto di tassi di interessi bassi, ampia liquidità e quotazioni di borsa in rialzo è particolar­mente favorevole per le ammissioni alle quotazioni e non solo, per l’allungamen­to delle scadenze delle fonti di finanziame­nto a titolo di credito che sta già avvenendo. Non andrebbe quindi persa l'occasione per nuovi apporti di capitale di rischio – derivanti dall'autofinanz­iamento, immessi dall'imprendito­re, raccolti sul mercato e/o provenient­i dall'estero – atti a finanziare fisiologic­amente quei nuovi investimen­ti delle imprese che possono innalzarne la produttivi­tà e migliorarn­e stabilment­e la competitiv­ità anche quando l'effetto cambio non sarà più così favorevole e i tassi si saranno normalizza­ti a livelli più elevati.

Anche il progetto di Capital markets union, richiamato dal Governator­e, sarà tanto più efficace a sostegno di una crescita durevole quanto più riuscirà a diffondere la cultura dell'equity e a favorire la raccolta di capitale di rischio. Peraltro un maggiore ricorso al mercato da parte delle imprese migliorerà anche la qualità del credito delle banche.

Il terzo aspetto e forse più importante: all’inizio delle Consideraz­ioni il Governator­e ha riscontrat­o un'accelerazi­one nelle riforme in Italia nel 2014, concludend­o però ricordando che è meglio ascoltato nel dibattito tra paesi a livello europeo chi dimostra di onorare gli impegni e fare le riforme in casa propria. La ripresa è incomincia­ta, ora occorre continuare negli sforzi affinché possa consolidar­si e radicarsi anche dopo il Qe.

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Ignazio Visco.

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