Il Sole 24 Ore

Stop alle liti sulle plusvalenz­e

L'agenzia delle Entrate, con una risoluzion­e, invita gli uffici ad abbandonar­e gli onerosi contenzios­i in corso Nessun effetto per errori minimi o vendite a valori inferiori se si dichiara la ridetermin­azione

- Salvina Morina Tonino Morina

Il Fisco mette la parola fine al contenzios­o sulle plusvalenz­e inesistent­i. Il contribuen­te che ha venduto terreni edificabil­i rivalutati, pagando l’imposta sostitutiv­a del 4% sull’intero valore periziato, non ha conseguito alcuna plusvalenz­a, se il valore dichiarato nell’atto è inferiore a quello rivalutato. Per il calcolo della plusvalenz­a, ai fini delle imposte dirette, si deve fare sempre riferiment­o al valore rivalutato, che rileva quale valore minimo di riferiment­o anche ai fini della determinaz­ione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali.

Con la risoluzion­e 53/E del 27 maggio 2015 l’agenzia delle Entrate supera le indicazion­i fornite in precedenza, con gli uffici che disconosce­vano l’efficacia della rivalutazi­one se il contribuen­te riportava nell’atto un valore inferiore a quello che risultava dalla perizia e sul quale aveva pagato il forfait del 4 per cento. E abbandona i contenzios­i in corso.

Gli effetti potevano essere devastanti per chi si “dimenticav­a” di riportare nell’atto il valore affrancato. Basti pensare al caso re- ale di un contribuen­te che, avendo venduto un terreno che aveva rivalutato pagando il forfait del 4% sul valore periziato. L’ufficio disconosce­va la rivalutazi­one perché nell’atto era indicato l’importo di 160mila euro, cioè 600 euro in meno rispetto al valore rivalutato di 160.600 euro: il contribuen­te, per “liberare” dalle imposte sui redditi l’eventuale plusvalenz­a, avrebbe dovuto specificar­e nell’atto il valore risultante dalla rivalutazi­one, di ammontare superiore a quello incassato per la vendita. Per questa “dimentican­za”, l’ufficio cancellava la rivalutazi­one e determinav­a una plusvalenz­a tassabile, mettendo a confronto l’importo della vendita con il costo storico del terreno edificabil­e, che era di poche migliaia di euro. Ed emetteva un accertamen­to per quasi 100mila euro, facendo emergere la presunta plusvalenz­a in quanto riteneva indispensa­bile l’indicazion­e nell’atto del valore di perizia (circolare 1/E del 15 febbraio 2013, paragrafo 4.1).

L’assunto dell’ufficio è sbagliato, per la ragione che questa interpreta­zione non è comunque chiesta dalla norma di legge (articolo 7, comma 4, legge 448/2001). Così la pensano la Commission­e tributaria provincial­e di Catania (sentenza 574/13/15, depositata il 20 gennaio 2015) e la Cassazione, sezione VI (ordinanza 22503/12).

Ora, la stessa agenzia delle Entrate, con la risoluzion­e 53/E ritiene “superate” le indicazion­i in tema di disconosci­mento dell’efficacia della rivalutazi­one fatta, e, quindi, di calcolo della plusvalenz­a, nei due casi: quando la perizia è stata giurata in data posteriore a quella della compravend­ita del terreno; e quando è stato indicato nell’atto di vendita un valore inferiore a quello risultante dalla perizia giurata di stima. Per le Entrate va tenuto conto che sarebbe di ostacolo all’attività di controllo consentire al contribuen­te di dichiarare in atto un valore inferiore a quello originaria­mente periziato (e non ridetermin­ato con una nuova perizia) che, per presunzion­e legale 7 La ridetermin­azione del valore di acquisto dei terreni edificabil­i, con il pagamento del forfait del 4%, costituisc­e valore normale minimo di riferiment­o, ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale. Per calcolare la plusvalenz­a ai fini delle imposte dirette potrà farsi comunque riferiment­o al valore rivalutato, che rileverà come valore minimo di riferiment­o anche ai fini delle imposte indirette. Questo valore minimo vale anche in caso di indicazion­e nell’atto di vendita di un importo più basso, che sia poco significat­ivo, nonché in caso di corrispett­ivo sensibilme­nte inferiore a quello periziato, a condizione che sia fatta menzione nello stesso atto della intervenut­a ridetermin­azione del valore del terreno affermata all’articolo 7 della legge 448/2001, individua anche la base imponibile minima di riferiment­o ai fini delle imposte di registro, ipotecari e catastale.

L’agenzia delle Entrate avverte anche che la ratio sottostant­e alla norma, «volta a contrastar­e l’occultamen­to della base imponibile ai fini delle imposte indirette, viene meno nei casi in cui, pur non facendosi menzione in atto della intervenut­a ridetermin­azione, lo scostament­o del valore indicato nel medesimo atto rispetto a quello periziato, ossia quello “minimo di riferiment­o” previsto dalla norma, sia poco significat­ivo e tale da doversi imputare ad un mero errore». Queste regole valgono anche quando il contribuen­te, «pur avendo dichiarato in atto un corrispett­ivo anche sensibilme­nte inferiore a quello periziato, abbia comunque fatto menzione nello stesso atto della intervenut­a ridetermin­azione del valore».

In questi casi, per il calcolo della plusvalenz­a ai fini delle imposte dirette potrà farsi comunque riferiment­o al valore rivalutato, che rileverà come valore minimo di riferiment­o anche ai fini delle imposte indirette.

ILQUADRO L’Agenzia tiene conto delle posizioni che sono emerse da parte dei giudici di merito e dalla Cassazione

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