Stop alle liti sulle plusvalenze
L'agenzia delle Entrate, con una risoluzione, invita gli uffici ad abbandonare gli onerosi contenziosi in corso Nessun effetto per errori minimi o vendite a valori inferiori se si dichiara la rideterminazione
Il Fisco mette la parola fine al contenzioso sulle plusvalenze inesistenti. Il contribuente che ha venduto terreni edificabili rivalutati, pagando l’imposta sostitutiva del 4% sull’intero valore periziato, non ha conseguito alcuna plusvalenza, se il valore dichiarato nell’atto è inferiore a quello rivalutato. Per il calcolo della plusvalenza, ai fini delle imposte dirette, si deve fare sempre riferimento al valore rivalutato, che rileva quale valore minimo di riferimento anche ai fini della determinazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali.
Con la risoluzione 53/E del 27 maggio 2015 l’agenzia delle Entrate supera le indicazioni fornite in precedenza, con gli uffici che disconoscevano l’efficacia della rivalutazione se il contribuente riportava nell’atto un valore inferiore a quello che risultava dalla perizia e sul quale aveva pagato il forfait del 4 per cento. E abbandona i contenziosi in corso.
Gli effetti potevano essere devastanti per chi si “dimenticava” di riportare nell’atto il valore affrancato. Basti pensare al caso re- ale di un contribuente che, avendo venduto un terreno che aveva rivalutato pagando il forfait del 4% sul valore periziato. L’ufficio disconosceva la rivalutazione perché nell’atto era indicato l’importo di 160mila euro, cioè 600 euro in meno rispetto al valore rivalutato di 160.600 euro: il contribuente, per “liberare” dalle imposte sui redditi l’eventuale plusvalenza, avrebbe dovuto specificare nell’atto il valore risultante dalla rivalutazione, di ammontare superiore a quello incassato per la vendita. Per questa “dimenticanza”, l’ufficio cancellava la rivalutazione e determinava una plusvalenza tassabile, mettendo a confronto l’importo della vendita con il costo storico del terreno edificabile, che era di poche migliaia di euro. Ed emetteva un accertamento per quasi 100mila euro, facendo emergere la presunta plusvalenza in quanto riteneva indispensabile l’indicazione nell’atto del valore di perizia (circolare 1/E del 15 febbraio 2013, paragrafo 4.1).
L’assunto dell’ufficio è sbagliato, per la ragione che questa interpretazione non è comunque chiesta dalla norma di legge (articolo 7, comma 4, legge 448/2001). Così la pensano la Commissione tributaria provinciale di Catania (sentenza 574/13/15, depositata il 20 gennaio 2015) e la Cassazione, sezione VI (ordinanza 22503/12).
Ora, la stessa agenzia delle Entrate, con la risoluzione 53/E ritiene “superate” le indicazioni in tema di disconoscimento dell’efficacia della rivalutazione fatta, e, quindi, di calcolo della plusvalenza, nei due casi: quando la perizia è stata giurata in data posteriore a quella della compravendita del terreno; e quando è stato indicato nell’atto di vendita un valore inferiore a quello risultante dalla perizia giurata di stima. Per le Entrate va tenuto conto che sarebbe di ostacolo all’attività di controllo consentire al contribuente di dichiarare in atto un valore inferiore a quello originariamente periziato (e non rideterminato con una nuova perizia) che, per presunzione legale 7 La rideterminazione del valore di acquisto dei terreni edificabili, con il pagamento del forfait del 4%, costituisce valore normale minimo di riferimento, ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale. Per calcolare la plusvalenza ai fini delle imposte dirette potrà farsi comunque riferimento al valore rivalutato, che rileverà come valore minimo di riferimento anche ai fini delle imposte indirette. Questo valore minimo vale anche in caso di indicazione nell’atto di vendita di un importo più basso, che sia poco significativo, nonché in caso di corrispettivo sensibilmente inferiore a quello periziato, a condizione che sia fatta menzione nello stesso atto della intervenuta rideterminazione del valore del terreno affermata all’articolo 7 della legge 448/2001, individua anche la base imponibile minima di riferimento ai fini delle imposte di registro, ipotecari e catastale.
L’agenzia delle Entrate avverte anche che la ratio sottostante alla norma, «volta a contrastare l’occultamento della base imponibile ai fini delle imposte indirette, viene meno nei casi in cui, pur non facendosi menzione in atto della intervenuta rideterminazione, lo scostamento del valore indicato nel medesimo atto rispetto a quello periziato, ossia quello “minimo di riferimento” previsto dalla norma, sia poco significativo e tale da doversi imputare ad un mero errore». Queste regole valgono anche quando il contribuente, «pur avendo dichiarato in atto un corrispettivo anche sensibilmente inferiore a quello periziato, abbia comunque fatto menzione nello stesso atto della intervenuta rideterminazione del valore».
In questi casi, per il calcolo della plusvalenza ai fini delle imposte dirette potrà farsi comunque riferimento al valore rivalutato, che rileverà come valore minimo di riferimento anche ai fini delle imposte indirette.
ILQUADRO L’Agenzia tiene conto delle posizioni che sono emerse da parte dei giudici di merito e dalla Cassazione