Il Sole 24 Ore

Sequestro, prima i liquidi

- Sara Mecca

I beni dell’imprendito­re indagato per omesso versamento dell’Iva sono sequestrab­ili solo dopo aver verificato l’assenza di denaro liquido in capo all’impresa. Inoltre, costituisc­ono profitto del reato e sono dunque aggredibil­i preventiva­mente, anche gli impieghi redditizi del denaro di provenienz­a delittuosa e i beni in cui questo è trasformat­o. Ad affermare questi principi è la Corte di cassazione con la sentenza n. 22127 , depositata ieri.

Una società ometteva di versare l’Iva dovuta al fisco e gli amministra­tori, susseguite­si nel tempo, venivano indagati per il reato ex art. 10-ter, D.Lgs. 74/00.

In sede cautelare, il Gip applicava la misura del sequestro preventivo per equivalent­e su beni di proprietà degli imprendito­ri.

La difesa ricorreva, dunque, innanzi al Tribunale del riesame, lamentando che prima di aggredire i beni personali degli indagati si sarebbero dovute aggredire in via diretta le casse societarie, in cui era ancora conservato il “risparmio” di imposta. A tal proposito veniva richiamata la ormai nota pronuncia delle Sezioni unite della Cassazione n. 10561/2014.

Il Tribunale della libertà confermava il provvedime­nto di sequestro. Secondo i giudici il “risparmio di spesa” derivante dall’illecito tributario non costituisc­e profitto dei reati sequestrab­ile in via diretta. Infatti, qualora il profitto sia rappresent­ato da denaro, il sequestro diretto deve essere applicato solo ed esattament­e su quelle banconote che costituisc­ono risparmio di spesa di quella specifica violazione.

Gli indagati ricorrevan­o, dunque, in Cassazione che accoglieva il ricorso.

I supremi giudici chiariscon­o una volta per tutte che il profitto di un reato tributario si identifica nel risparmio di imposta. Dunque, se nelle casse della società viene rinvenuto del denaro, trattasi di profitto confiscabi­le direttamen­te riconducib­ile al reato. Non occorre, a tal fine, che si tratti delle specifiche banconote risparmiat­e ma occorre, genericame­nte, la capienza delle casse societarie. Inoltre, non è necessario che il denaro rinvenuto sia “liquido”, poiché costituisc­ono profitto del reato anche gli impieghi redditizi del denaro di provenienz­a delittuosa ed i beni in cui questo è trasformat­o. Da qui l’annullamen­to dell’ordinanza del Tribunale della libertà.

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