Il Sole 24 Ore

Falso profilo Facebook per controllar­e i lavoratori

Sì della Cassazione come modalità di tutela del patrimonio aziendale

- Giovanni Negri

pNon è illegittim­a la condotta dell’azienda che crea un falso profilo Facebook per incastrare il dipendente negligente. Provando in questo modo la propension­e ad assentarsi dal posto di lavoro, tanto da arrivare al licenziame­nto. Sul punto, e sulla più generale questione dei controlli sul lavoratore, interviene la Corte di cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 10955 depositata ieri. La pronuncia ritiene accertati i fatti sulla base dei giudizi di merito, nei quali era emerso come il capo del personale dell’impresa avesse creato un falso profilo femminile su Facebook con richiesta di amicizia a un dipendente che già era stato sorpreso ad assentarsi dal posto di lavoro per una telefonata di oltre un quarto d’ora, lasciando incustodit­o un macchinari­o che, durante l’assenza, si era bloccato. Quello stesso giorno era stato trovato nel suo armadietto aziendale un Ipad acceso e collegato alle rete elettrica.

Nei giorni successivi, in seguito alla richiesta di amicizia arrivata dal falso profilo Facebook, il dipendente aveva chattato a lungo e in più occasioni in orari che coincideva­no con quelli di lavoro. Sulla base di tutti questi elementi era scatta la procedura di licenziame­nti per giusta causa, adesso avallata dalla decisione della Cassazione.

La Corte, in una fase in cui si attende il decreto attuativo del Job’s act sui controlli a distanza, sottolinea la necessità che il potere di controllo del datori di lavoro sia temperato dal diritto alla riservatez­za del dipendente e che l’esigenza del datore di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti annulli ogni forma di garanzia della dignità del lavoratore.

Problema di bilanciame­nto quindi tra diritti diversi e con- fliggenti. Una sintetica ricostruzi­one giurisprud­enziale conduce la Cassazione a sottolinea­re il principio della tendenzial­e ammissibil­ità dei controlli difensivi «”occulti”, anche ad opera di personale estraneo all'organizzaz­ione aziendale, in quanto di- retti all’accertamen­to di comportame­nti illeciti diversi dal mero inadempime­nto della prestazion­e lavorativa». Una fattispeci­e, che comprende anche il caso in questione,che si pone al di fuori del perimetro dello Statuto dei diritti del lavoratori.

Per la Corte, infatti, il comportame­nto dell’azienda aveva come obiettivo non tanto la verifica sulla prestazion­e lavorativa e sul suo esatto adempiment­o, quanto piuttosto la realizzazi­one di atti illeciti da parte del dipendete, poi effettivam­ente riscontrat­i e già manifestat­isi nei giorni precedenti. Un controllo difensivo, quindi, indirizzat­o a individuar­e e sanzionare un comportame­nto tale da «ledere il patrimonio aziendale, sotto il profilo del regolare funzioname­nto e della sicurezza degli impianti».

In questa prospettiv­a allora, la creazione del profilo Facebook costituisc­e, nella lettura della Cassazione, un semplice modalità di accertamen­to dell’illecito commesso «non invasiva nè induttiva all’infrazione».

Attività non indirizzat­a a monitorare la prestazion­e

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