Tenuità del fatto con «favor rei»
Nelle prime sentenze le modalità di applicazione della nuova disciplina penale La non punibilità non deve essere interpretata in modo restrittivo
Le eccezioni che limitano la non punibilità per par
ticolare tenuità del fatto vanno interpretate restrittivamente in nome del principio del favor rei.
Il tribunale di Milano sottolinea l’importanza di applicare l’articolo 131-bis del codice penale, disciplinato dal decreto legislativo 28/2015, tenendo presente un duplice obiettivo: non ridurre il raggio d’azione di una norma a vantaggio dell’imputato e sfoltire i processi. Tre le ipotesi di reato analizzate: maltrattamento di animali, tentato furto e sostituzione di persona finalizzata alla truffa (sentenze 3937, 3936 e 4195: tutte concluse con l’applicazione dell’articolo 131bis). I casi esaminati forniscono l’occasione al giudice monocratico Marco Tremolada, per interpretare alcuni punti non di immediata comprensione della norma. L’esame parte dai presupposti per l’applicazione: la particolare tenuità dell’offesa, da misurare in base alla modalità della condotta e all’esiguità del danno o del pericolo e la non abitualità del comportamento.
Il primo dubbio riguarda la necessità per il giudice di far pesare nella valutazione della particolare tenuità gli elementi di carattere soggettivo come l’intensità del dolo e il grado della colpa. Il Tribunale sottolinea che, a questo proposito, la relazione a tratti ambigua, non è di grande aiuto nel risolvere il problema. Da un lato specifica, infatti, che il legislatore non menziona, tra gli indici di valutazione, grado e intensità della colpevolezza, il che sarebbe indizio della volontà di sganciare il giudizio dalla necessità di fare “scivolosi” accertamenti di carattere “psicologico-soggettivistico”, dall’altro però nella stessa relazione si sottolinea che il criterio della modalità della condotta richiama considerazioni che riguardano l’elemento soggettivo.
Ad avviso del giudice milanese è corretto includere nella valutazione intensità del dolo e grado di colpa per una serie di ragioni: perché la norma nel fare riferimento ai criteri dettati (articolo 133 comma 1 del Cp) non esclude espressamente quello attinente a intensità del dolo e grado di colpa e perché il riferimento alla “modalità della condotta” non comporta solo considerazioni di carattere oggettivo.
Anche per quanto riguarda il secondo presupposto della non abitualità del comportamento il Dlgs non specifica il significato del concetto, ma si limita a definirlo in negativo, indicando le ipotesi nelle quali è obbligatorio parlare di abitualità: se l’autore è stato dichiarato delinquente abituale, se ha commesso più reati della stessa indole (anche se ciascun fatto isolatamente considerato sia di particolare tenuità) se i reati hanno a oggetto condotte plurime, abituali o reiterate.
Tre eccezioni l i mitanti che, secondo il Tribunale, devono essere interpretatate restrittivamente «in ossequio al principio di stretta interpretazione delle norme che costituiscono eccezione, nonché in ragione del principio del favor rei, dato che ci si trova a limitare un istituto favorevole all’imputato».
Coerente con questa impostazione, il giudice esclude che la commissione di più reati della stessa indole, ma uniti dal vincolo della continuazione, possa rientrare tout court nell’ipotesi di più reati della stessa indole per i quali sarebbe preclusa la valutazione della particolare tenuità; la continuazione va inquadrata, piuttosto, tra le condotte plurime abituali e reiterate che consente l’accesso all’applicazione dell’articolo 131-bis.
Per spiegare la differenza di comportamento tra reati della stessa indole continuati o commessi in contesti spaziotemporali lontani il giudice ricorre ad un esempio, sottolineando la differenza di comportamento tra un soggetto che in un momento di rabbia insulta più persone e chi invece distribuisce insulti a distanza di tempo per ragioni varie. Il reato commesso in tempi diversi è segno di una maggiore pericolosità. La reiterazione dello stesso reato in contesti isolati, dunque, taglia la strada alla valutazione di non punibilità mentre la reiterazione continuata non la preclude.
I CRITERI Nella valutazione è necessario tener conto dell’intensità del dolo e del grado di colpa La continuazione non esclude la non punibilità