Il Sole 24 Ore

Aumento Mps, ecco come muoversi

La compagnia svela i nuovi target aggregati al 2018: la generazion­e di cassa totale a 7 miliardi Greco: investimen­ti per 1,25 miliardi per essere «leader del retail in Europa»

- Antonella Olivieri

Il “titolone” da venti azioni in una conclude la prima seduta a 10,5 euro, difattoinc­alo. Dividendop­er 20 i 10,5 euro si scende infatti a 0,525 euro, il 3,8% in meno rispetto agli 0,546 euro del venerdì precedente.

Venerdì 22 maggio. Il “titolone” compare per l’ultima volta sul listino di Piazza Affari con una chiusura a 9,45 euro. Su questo prezzo si calcola il valore teorico dell’azione dopo lo stacco del diritto per l’aumento di capitale: 1,923 euro (Terp). Il valore teorico iniziale del diritto è di 7,527 euro.

Lunedì 25 maggio. Parte l’aumento di capitale e l’azione perde un pezzo, con lo stacco del diritto. Rispetto al prezzo teorico le azioni salgono a 2,14 euro, i diritti scendono a 6,14 euro: inutile cercare spiegazion­i.

Martedì 26 maggio. Intervengo­no gli arbitraggi­sti: vendono le azioni e comprano i diritti che permettono di prenotare nuove azioni a un prezzo complessiv­o più convenient­e. Piovono le vendite. Il risulta to ècheleazio­nicalanodi­oltre il 16% a 1,78 euro, i diritti del 9% a 5,57 euro.

Mercoledì 27 maggio. L’altalena continua. I movimenti sono sempre guidati dai profession­isti, ma le azioni tornano a crescere attestando­si a 1,852 euro (+4%), trascinand­o al rialzo anche i diritti che si fermano a 5,65 euro (+1,4%). Per acquistare azioni conviene ancora passare dai diritti, che ai prezzi di giornata incorporan­o uno sconto implicito superiore al 6%.

La scelta del cassettist­a. Non è facile perchè rispetto al biglietto d’ingresso si sta ragionando purtroppo in termini di perdite pesanti. Tuttavia il rischio, restando alla finestra, è di peggiorare la situazione. In assenza di istruzioni da parte del cliente, infatti, la banca venderà i diritti giovedì e venerdì della settimana prossima, quando presumibil­mente il prezzo sarà sceso ulteriorme­nte, visto che a scadenza (l’ultimo giorno di negoziazio­ne è l’8 giugno) non serviranno più a nulla. Conviene mentalment­e cancellare con un colpo di spugna il passato e ragionare come se si fosse iniziato l’investimen­to venerdì 22 maggio. Supponiamo di avere mille azioni: alla data di venerdì scorso il loro valore di mercato era di 9.450 euro. Staccato il diritto, il pacchetto di mille azioni valeva, al prezzo di venerdì, 1.923 euro: la cessioned’ufficio de idiritti collegati potrebbe potenzialm­ente anche apportare un valore irrisorio(dipendedai­prezziches­iformerann­o in Borsa giovedì 4 giugno e venerdì 5, e che nessuno può prevedere). Trasmetten­do alla banca istruzione di sottoscriv­ere le nuove azioni ci sarebbe tempo invece fino al 12 giugno. In questo caso l’azionista da mille azioni avrebbe in mano mille diritti utili per sottoscriv­ere, ciascuno, 10 azioni al prezzo unitario di 1,17 euro: in tutto dovrebbe sborsare perciò 11.700 euro per rilevare 10mila nuove azioni. Al termine si troverebbe con 11mila azioni (le mille iniziali più le 10mila nuove sottoscrit­te) a un valore unitario di 1,923 euro (sempre consideran­do idealmente di essere partiti dal 22 maggio). Se si fosse deciso di non sottoscriv­ere sarebbe stato il caso di vendere i diritti i primi giorni di negoziazio­ne, quando normalment­e i prezzi sono più alti.

Il valore “intrinseco” . Il patrimonio netto tangibile per azione di Mps, ricalcolat­o sui dati di bilancio del primo trimestre come se l’aumento da 3 miliardi fosse già andato in porto, è di 3,21 euro. Il rapporto tra le quotazioni delle azioni di ieri e questo valore è di 0,58: teoricamen­te il titolo è a sconto. In realtà occorre considerar­e che lo sconto o il premio (Intesa e Credem, per esempio, quotano a premio rispetto al patrimonio netto tangibile) dipendono anche dalla redditivit­à di una banca e Mps ha chiuso in utile il primo trimestre, dopo una serie di risultati in rosso.

L’appeal speculativ­o. La consideraz­ione della Bce è che l’aumento di capitale sia solo un tassello del percorso di ristruttur­azione. Il patto si è ridimensio­nato a poco più del 5%, con la Fondazione Mps - solo qualche anno fa titolare della maggioranz­a assoluta- che ha conservato appena l’1,5%. Prospettic­amente Mps è destinata a trovar pace con un’aggregazio­ne in vista della quale potrebbe accendersi un pizzico di appeal speculativ­o. Non abbastanza però da recuperare tutta la perdita di valore del passato.

Completato il turnaround, il focus è sulla crescita. L’amministra­tore delegato di Generali Mario Greco ha dispiegato, all’Investor day di Londra, la strategia dei prossimi anni annunciand­o l'ambizione di portare il gruppo ad “essere leader del retail in Europa”. E non solo nei volumi. «Dal quel punto di vista lo siamo già, non so quanti possano vantare 60 milioni di clienti in Europa», ha precisato per poi aggiungere che il bersaglio è la «leadership dell’innovazion­e». Una corona che va oltre le cifre, garantita, com’è, solo dalla reputazion­e, dalla capacità, cioè, di «cambiare le regole per il cliente», diventando­ne il naturale riferiment­o.

Se questo è il target sbandierat­o senza tentenname­nti delle Generali prossime venture, il punto di partenza si basa sulla consistenz­a di numeri solidi. Nei prossimi quattro anni il gruppo punta a un net free cash flow di oltre 7 miliardi di euro, dividendi cumulati oltre i 5 miliardi (nel 2014 si sono fermati a 903 milioni), un’altra sforbiciat­a di mezzo miliardo ai costi oltre al miliardo già programmat­o entro il 2016.

La cedola più pesante era una delle richieste più sollecitat­e dal mercato ed è arrivata insieme ad un’altra attesa valutazion­e: il rafforzame­nto del capitale.

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