La sfida industriale di fare leva sui clienti
Per spiegare meglio un concetto che può apparire fin troppo banale basta ricordare un numero indicato ieri dal cfo Alberto Minali: un punto di retention vale 20 milioni di risultato operativo. Ossia più fidelizzi il cliente, più utili produci e più cassa immagazzini per staccare la cedola. L’equazione, di per sé facile da descrivere, in realtà è il risultato di un’alchimia che deve avere ingredienti perfettamente dosati. Ed è attorno a questo ingranaggio che ruota il nuovo piano industriale delle Generali. Per tenere legato a sè il sottoscrittore Generali deve conoscere i bisogni del cliente e per farlo deve incrementare il tasso di dialogo e di confronto con l’utilizzatore (è di ieri la notizia che il gruppo sta trattando in esclusiva per l’acquisto di My Drive Solution, società specializzata nella profilazione dei clienti). Ciò può avvenire solo a fronte di cruciali investimenti in tecnologia utili anche a disegnare un nuovo portafoglio prodotti che vada incontro alle esigenze del mercato e dell’azienda. Il gruppo ha messo in agenda da qui al 2018 1,25 miliardi di investimenti. Spesa che intende finanziare grazie al rigore che continuerà a imporre sui costi, sono previsti 250 milioni di euro di risparmi all’anno, e con il contributo della cassa che verrà prodotta. Cassa che maturerà anche grazie alla ristrutturazione del portafoglio prodotti. E i risultati in Italia ne sono un esempio lampante. Nel 2014 la profittabilità del settore vita è passata da 336 milioni a 641 milioni grazie ad alcuni interventi come il lancio di prodotti ibridi, la riduzione di quelli a capitale garantito e l’ottimizzazione delle commissioni.
Tutte manovre che hanno permesso di incrementare sensibilmente i denari generati. Non a caso l’Italia è il primo “contributore” della holding: nel 2014 ha versato 900 milioni di euro alla casa madre, quanto la cedola staccata ai soci. È chiaro che quanta più liquidità verrà prodotta maggiori dividendi potranno essere distribuiti ai soci rispettando così quel circolo virtuoso di cui si parlava all’inizio. Ecco perché, quanto fatto nel nostro paese verrà replicato anche in Germania dopo aver avviato il processo in Francia. Inseguendo di fatto l’obiettivo di diventare retail leader in Europa. Il Leone continuerà a impegnarsi in Asia e in America Latina ma il cuore sarà il Vecchio Continente dove la compagnia ha il 90% dei propri clienti e dove intende scalare le classifiche: è prima in Italia, seconda in Germania, quarta in Francia e terza nell’Est Europa.
È un vero e proprio cambio culturale di cui lo stesso Greco si è fatto carico spiegando che: «Essere leader non dipende dai volumi. È quello che viene in mente quando si dice “chi è bravo”. Dobbiamo rafforzare marchio e immagine e innovare». In altre parole, come ha detto Isabelle Conner, si deve trasformare «un brand vecchio di 184 anni nel retail leader del 21 esimo secolo».
Le idee sembrano chiare, ora vanno realizzate e il mercato auspica che ciò venga fatto senza intaccare quel capitale reputazionale che l’azienda si è costruita con il piano di turnaround.
DALLA TEORIA AI PROFITTI Margini dalla capacità di trattenere i clienti: un punto di retention vale 20 milioni di risultato operativo