Per l’indotto una rinascita con la sfida dell’innovazione
Un indotto tanto integrato nelle lavorazioni Fiat Chrysler dello stabilimento di Melfi da funzionare quasi come un reparto di Fca. Anzi, come 13 reparti. Tante sono le aziende che fanno capo ad Acm, il Consorzio Autocomponentistica Mezzogiorno che riunisce le imprese che lavorano per il polo Fca di Melfi. Lo zoccolo duro dell’indotto lucano, con circa 2.500 addetti in capo a multinazionali come Lear, Johnson, Ti Group, o aziende italiane come la Tiberina di Giuseppe Codovini, che presiede il consorzio stesso. Una realtà produttiva che si è sviluppata a partire dagli anni Novanta nel comprensorio dello stabilimento Sata e che ora vive una “seconda giovinezza” grazie agli investimenti Fiat Chrysler e all’avvio delle nuove produzioni.
Un rilancio che è anche un cambio di pelle. Sì, perché a Melfi per anni è stata prodotta la Fiat Punto – che è ancora in produzione – mentre ora nel polo lucano si produce un modello globale, come la Jeep Renegade, e la 500X. Luca Pino, vicepresidente del Gruppo Proma, una multinazionale tutta italiana specializzata nello stampaggio e lastratura di particolari metallici, descrive questa trasformazione con una espressione significativa: «Positivo stress tecnologico». In sostanza, lo sforzo «a cui l’intera filiera è sottoposta, sia con riferimento ai prodotti che ai processi». «L’allargamento al mercato premium e le nuove prospettive di crescita – sottolinea Pino, a capo di un’azienda cresciuta al seguito di Fca, con 18 stabilimenti in Europa, America ed Africa, circa 2.500 addetti e 400 milioni di fatturato – ha visto il nostro gruppo ed in generale la filiera automotive intensificare le attività di R&S, con il conseguimento di rilevanti risultati nell’impiego di nuovi materiali, come il carbonio, l’alluminio, l’acciaio alto resistenziale multispessore, i materiali compositi, di innovativi processi produttivi e di un modellato sistema organizzativo, il World Class Manufacturing, che stanno rilasciando elevate performance qualitative».
Acm rappresenta un unicum a livello nazionale, «e forse anche a livello euro- peo» spiega il responsabile Gianni Mulè. Un «supplier park» strutturato come una vera fabbrica integrata, con un collegamento in rete tra le aziende e la casa produttrice per garantire la produzione “Just in time” e “Just in sequence”, così da avere «componenti da montare direttamente in linea e non per il magazzino». Un alto livello di integrazione, aggiunge Mulè, per diversi tipi di lavorazioni, dagli allestimenti per interni (il 48% degli addetti) a stampaggio e lastratura.
In questi mesi sono circa 500 i lavoratori interinali inseriti dalle aziende dell’indotto per far fronte alla salita produttiva di Fca. Potrebbero crescere ancora, almeno stando alle previsioni dello stesso ad di Fiat Chrysler Sergio Marchionne. E seguire a ruota la crescita e il consolidamento di Fca a Melfi.
Le imprese dell’indotto, tra l’altro, si sono preparate alla salita produttiva di Melfi dal punto di vista sindacale e organizzativo. A giugno scorso è stato siglato l’accordo con Fim Cisl, Uilm, Fismic e Uglper armonizzare il contratto metalmeccanico utilizzato in queste aziende e il Ccsl di Fiat Chrysler. In seguito è arrivato l’accordo per avviare il lavoro a 20 turni, come è per la Sata.
LA TRASFORMAZIONE La costruzione di «modelli globali» sta spingendo tutta la filiera a intensificare la ricerca per fornire elevate performance qualitative