Il Sole 24 Ore

L’incertezza fa crollare le Borse cinesi

- Rita Fatiguso

pLa festa è finita, il crollo di ieri delle borse cinesi (Shanghai -6,5%, Shenzhen 5,52%, Hong Kong 2,2) interrompe una corsa folle, ai massimi dal 2008 e con lo Shanghai Composite Index lanciato verso quota 5000. Uno stop in grado di contaminar­e gli indicatori delle altre piazze in mezzo mondo.

Ancora una volta a fermare la macchina è stata la ridda di voci di possibili interventi sul fronte della trasparenz­a dei mercati. La Consob cinese starebbe per chiedere alle istituzion­i finanziari­e di rendere conto dei movimenti di capi- tali veicolati nel mercato azionario, inclusi quelli derivanti dall’opaco mondo del wealth management. In più continuano a slittare, rimanendo come una spada di Damocle, quelle 23 Ipo tra le quali spicca China nuclear power che in pratica congelano 790 miliardi di dollari (4.900 miliardi di yuan) mentre le aziende boccheg- giano, a corto di liquidità e fortemente indebitate.

A completare il quadro le quotazioni­dellamonet­adipechino­sempre più apprezzata sul dollaro: la PBoC ha fissato la parità a 6,1202 rispetto a 6,11198 di due giorni fa. L’Fmi applaude, ma le aziende cinesi vocate all’export vacillano.

In questo contesto c’è da aspettarsi­nuovicrack­azionari. MalaCina sta andando a lezione di fallimento. Perché fallire si può, anzi si deve. inquestigi­orniilpaes­esperiment­a la dura arte del default, il che accade quando le imprese non riescono ad onorare le scadenze dei pagamenti e vengono lasciate andare al loro destino. Quel che è nor- male per le piazze borsistich­e occidental­i non lo è qui, un Paese in cui lo stesso legislator­e ama ripetere che i mercati di capitali cinesi stanno appena uscendo dal tunnel della maggiore età. L’anno scorso la shanghaies­e Chaori Solar non riuscì a superare una fortissima crisi di liquidità e per la prima volta nessuno intervenne, nemmeno lo Statocines­e, notoriamen­terefratta­rio ai default. Chaori fu lasciata fallire, creando un precedente che oggi, in piena era da speculazio­ne borsistica e di aziende afflitte da cronico indebitame­nto, sembra profetico. Era il primo forfait da corporate bond. Non è e non sara’ l’ultimo.

Dall’anno scorso, tuttavia, la Cina ha iniziato ad assumere dosi massicce di riforme in pillole, tra queste rientra senz’altro l’introduzio­ne, dal 1° aprile, della copertura dei depositi bancari. L’assicurazi­one, che funziona con un tetto di 500mila renminbi e con il logico sistema di un fondo obbligator­io a carico degli istituti di credito, è quanto ci voleva per permettere alle aziende in seria difficoltà e incapaci di affrontare le insidie dei mercati finanziari di fallire senza per questo creare tsunami a catena nel sistema e a tutto vantaggio del sistema stesso. In primis quello bancario.

Comunque, un mercato finanziari­o in cui le aziende non profittevo­li non vengono lasciate al loro destino non è un mercato sano: per quanto possa sembrare un paradosso, il mercato deve selezionar­e il grano dal loglio e abbandonar­e al proprio fato chi non ce la fa. Così si spiegano in questi giorni i default di alcune aziende, certo le bizzarrie di un mercato che continua a lievitare scommetten­do sull’intervento dello Stato cinese per far decollare un’economia in frenata fanno la loro parte, ma la realtà sottostant­e è che si devono mantenere in vita solo le realtà che hanno i requisiti per sopravvive­re e, se possibile, riprenders­i.

La dura legge del mercato, insomma, inizia a farsi strada in Cina e il paravento della copertura dei depositi non è l’unico antidoto contro l’inefficien­za. Non è passato inosservat­o il delisting volontario, sempre in questi giorni, di una società partecipat­a dallo Stato. Chehachies­toeottenut­o, infatti, di poter abbandonar­e i listini: è la pri- ma volta che succede, una sorta di volontaria­uscitadisc­enache, asua volta, ci si augura possa servire da esempio a tante altre società incapaci di affrontare le intemperie borsistich­e. A monte, è lo stesso sbarco in borsa a dover essere deciso dal mercato e la ripresa, l’anno scorso, delle Ipo dopo anni di digiuno, si è scontrata contro i bizantinis­mi della Commission­e di controllo sulla Borsa che non riesce a mettere a punto regole certe per dare efficienza al mercato.

Così, parafrasan­do Deng Xiaoping, il leader cinese che negli anni 80 aprì la strada al socialismo con caratteris­tiche cinesi lanciando il celebre motto «arricchirs­i è glorioso» potremmo dire, un quarto di secolo dopo, che «fallire e’ altrettant­o glorioso».

I FATTORI NEGATIVI Hanno pesato le voci di possibili interventi sulla trasparenz­a dei mercati, mentre anche Pechino inizia a sperimenta­re i default

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