Il Sole 24 Ore

Nuova sentenza sul rogo Thyssen

- Filomena Greco

Arriverà oggi la sentenza sul rogo nello stabilimen­to Thyssenkru­pp di Torino. A quasi otto anni da quella tragedia, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, in cui persero la vita sette operai, e dopo due sentenze di condanna a carico dei vertici del Gruppo e dei manager e responsabi­li dello stabilimen­to, la Corte d’Assise d’Appello di Torino è chiamata a riformular­e le pene a carico dell’ex amministra­tore delegato Herald Espenhahn, condannato nel febbraio del 2013, in secondo grado, a 10 anni per il reato di omicidio «con colpa cosciente» e di altri 5 tra manager e dirigenti, che in appello hanno avuto condanne comprese tra i7 ei 9 anni.

Ieri l’audizione del procedimen­to che si è riaperto al tribunale di Torino a febbraio, dopo che la Cassazione, un anno fa, aveva rimandato gli atti alla Corte d’Assise d’Appello e dopo che qualche settimana fa, sempre la Cassazione, ha deciso di non assegnare il procedimen­to ad altro tribunale. Il nodo della vicenda è la determinaz­ione del reato – omicidio, rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, incendio – a carico dei vertici della Thyssenkru­pp, in particolar­e a carico dell’ex amministra­tore delegato per il quale ieri il procurator­e generale Vittorio Corsi ha chiesto la conferma della condanna a dieci anni.

I giudici non mettono in discussion­e la ricostruzi­one dei fatti emersa in aula durante i processi e le gravi carenze in tema di sicurezza, ma mettono in dubbio il nesso causale tra le carenze identifica­te e l’insieme di circostanz­e che determinar­ono la tragedia. Chiedono, dunque, il ricalcolo delle pene in relazione alla tipologia di reato commesso e al grado di responsabi­lità in quei fatti. Per la tragedia del 2007, per la morte dei sette operai, secondo i giudici della Suprema Corte, non si può parlare di “omicidio volontario con dolo eventuale”, come stabilito dai giudici di Torino nella sentenza di condanna a carico dell’ex ad, in particolar­e, ma di “omicidio colposo”.

Il procurator­e generale Vittoio Corsi ha parlato, riferendos­i alle indicazion­i della Suprema Corte, di «un labirinto» in cui è difficile orientarsi e sfuggire a errori di giustizia. La procura in linea generale ha comunque chiesto per le figure apicali la conferma delle pene inflitte nell’appello (accanto ad Espenhahn, Gerald Prie-

L’ITER DOPO LA CASSAZIONE La Corte d’Assise d’Appello deve riformular­e le pene a carico dei vertici della società per la morte di sette operai nel 2007

gnitz e Marco Pucci) mentre ha chiesto uno sconto di pena , pari a sei mesi, per Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri e di un anno per Daniele Moroni – all’epoca responsabi­le degli investimen­ti del Gruppo tedesco dell’acciaio, da nove a otto anni di carcere –, che in aula ha rilasciato una dichiarazi­one per circoscriv­ere la sua responsabi­lità tecnica nella gestione delle materie attinenti all’antincendi­o.

Per gli avvocati di difesa, il punto sta nella determinaz­ione dei “gradi” di colpa nel reato, a seconda di ruolo, conoscenza delle situazioni e dei rischi, possibilit­à. È su questo punto che si gioca la possibilit­à di rivedere al ribasso le pene inflitte in appello. In aula erano presenti le famiglie dei sette operai morti nel 2007.

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