G-7 di Dresda. Forum degli economisti al summit dei ministri finanziari Padoan: l’Europa deve puntare su investimenti e innovazione
pLe sessioni di discussione con i sette economisti convocati dalla presidenza tedesca del G7, per un simposio di confronto internazionale sulle idee, ieri mattina, sono state due, una sulla bassa crescita e una sulla regulation finanziaria. Tra i discussant, oltre a Larry Summers, Jaime Caruana, Robert Shiller, Martin Hellwig, Kenneth Rogoff, Nouriel Roubini, c’era anche l’italiano Alberto Alesina. Classe ’57, economista di Harvard di provenienza bocconiana, Alesina è intervenuto come key note speaker nel dibattito sul “che fare” per attivare una crescita più robusta nella parte più industrializzata del mondo.
Un confronto voluto dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, che, pur nella distinzione fra i ruoli è estremamente attento allo scambio intellettuale. «Quando parliamo di ritorno a una crescita più robusta- afferma Alesina - bisogna distinguere bene tra ciò che è possibile fare nel breve periodo e ciò che si può ottenere nel lungo termine. Nel breveosserva- non c’è dubbio che, poiché il mondo sta ancora uscendo dalla lunga crisi finanziaria, c’è un aspetto di sostegno alla domanda aggregata da curare. E una maggiore domanda va ri- cercata in particolare con riduzioni di imposte che permettano un rilancio degli investimenti privati. Poi, c’è il lungo termine e qui è necessario scommettere sul capitale umano, sulla formazione, sugli investimenti in ricerca e sviluppo».
Nella discussione, il ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Padoan, ha fatto osservare che in un continente che invecchia, come quello europeo, il solo modo per contrastare la minor produttività derivante dalla di- namica demografica sfavorevole è quello di puntare con decisione su investimenti in innovazione e nuove tecnologie. Dal canto suo il presidente della Bce, Mario Draghi, ha fatto osservare che questo è il momento migliore per varare le riforme, visto che la ripresa è arrivata. Poi, è stato anche ricordato che a frenare la crescita internazionale c’è da un lato, in molti paesi, un eccesso di indebitamento; dall’altro, per altri, c’è una carenza di domanda aggregata. «Non c’è dubbio che in Europa - sostiene Alesina - vi sono paesi ad alto debito pubblico, che devono far attenzione ad evitare le crisi da debito. E ci sono altri stati, come la Germania, che se spendessero un po’ di più contribuirebbero a ridurre la distanza con gli altri partner».
Ma i tedeschi dicono di essere già intervenuti su questo fronte, obiettiamo. «Resta il fatto che se la Germania spingesse di più sul pedale dell’espansione fiscale, soprattutto riducendo le imposte, questo sarebbe utile per l’Europa nel suo insieme. Dobbiamo sapere però - aggiunge - che anche se la Germania facesse una politica più espansiva non avremmo risolto tutto. I problemi del Sud Europa non può risolverli la Germania».
E l’Italia? «L’Italia ha certamente un forte debito pubblico; però si è incamminata sulla strada delle riforme e ha fatto una buona normativa sul mercato del lavoro. Adesso - sottolinea Alesina- è essenziale affrontare con decisione la riforma della spesa pubblica. Occorre una revisione, che permetta alle imprese di essere meno tassate e di avere più capitale da investire, oltre che una maggiore confidence. Il prossimo passo del governo Renzi dovrà essere necessariamente la spending review».
Che ruolo gioca la politica monetaria? «La Bce sta facendo un ottimo lavoro con il suo Quantitative easing», osserva Alesina <Certo- aggiunge, è corretto dare la giusta attenzione al fatto che un periodo molto prolungato di tassi d’interesse molto bassi possa creare bolle speculative. Ma, francamente, per il momento non mi pare che siano alle viste rischi di questo tipo». Infine, una domanda obbligata: avete parlato anche di Grecia? La risposta dell’economista è: «No». Evidentemente, quello non è più un argomento da professori, ma da politici.
IL RILANCIO DELLA CRESCITA Alesina: se la Germania spingesse di più sul pedale dell’espansione fiscale sarebbe utile, ma non risolutivo, per l’Europa