Lontana dall’Unione
Mai come in queste ore la Gran Bretagna è stata tanto lontana dall'Unione europea. Mentre il presidente Mattarella illustrava la sua visione del destino comune alla London school of Economics, David Cameron veleggiava fra Danimarca e Olanda, in attesa di muovere sulla via di Parigi, Varsavia e Berlino, per ribadire ai partner del nord le eccezioni britanniche. Le clausole di autoesclusione dal processo di integrazione che il Regno Unito ricerca sono l'ultimo salvagente per mantenere Londra vicino a Bruxelles. Vicino e basta, perché qualora il negoziato con i partner avesse felice esito, qualora, sulla base delle nuove intese, gli elettori accettassero di restare nell'Ue, il Regno di Elisabetta sarà una realtà avulsa dalla partnership comunitaria. Condividerà, nel migliore dei casi, le regole del mercato interno accogliendo beni e servizi - possibilmente non cittadini – Ue, ma si terrà lontano da qualsiasi ulteriore passo verso un destino comune. L'alternativa è l'uscita tout court, un salto nel vuoto per il Regno di Elisabetta, uno scacco per l'Unione.
La realtà è questa, ogni via di fuga è stata chiusa dal risultato delle elezioni del 7 maggio che ha dato fiducia al premier conservatore e alla sua volontà “referendaria”. Anche il Labour party, risolte le perplessità interne, è favorevole alla consultazione che oggi stesso è stata incardinata nel calendario parlamentare. La parola è ora ai partner e ai grandi partner – Italia compresa – in primis. Dipenderà dalle risposte che sapranno dare alle richieste britanniche. Non potranno cedere alle isterie dell'euroscetticismo in odore di stantio nazionalismo, ma neppure potranno pensare di accontentare Londra con qualche tocco di maquillage istituzionale. La risposta popolare sarebbe un “no” e gli echi della crisi – deve essere ben chiaro – andrebbero molto oltre le scogliere di Dover.