Il Sole 24 Ore

«Possiamo creare 7,5 milioni di posti entro l’anno»

- Cristina Casadei

p «Lo scorso anno sono state oltre 60 milioni le persone che hanno avuto accesso al mercato del lavoro grazie ai servizi privati». Per Annemarie Muntz, presidente di Ciett, la confederaz­ione internazio­nale dei servizi per l’impiego privati, in quei 60 milioni di persone è racchiuso il ruolo dei profession­isti privati che vanno «definitiva­mente visti come un’opportunit­à. Un’opportunit­à di inclusione, mobilità, formazione e competitiv­ità».

Quali sono le sue priorità strategich­e come presidente di Ciett?

Lo scorso anno, quando sono stata eletta, la prima cosa che ho pensato è che le mie strategie sarebbero state basate su un approccio “a,b,c”. Cosa vuol dire? “A” sta per alignment (allineamen­to): lavorerò per un maggiore allineamen­to di tutti i membri di Ciett alla politica della confederaz­ione. “B” sta per broadening (ampliament­o): la confederaz­ione deve avere uno spettro più ampio di servizi dedicati al mercato del lavoro che non sono solo quelli offerti dalle agenzie. “C” sta per compliance (conformità): ogni volta che offriamo un servizio deve essere di una qualità decente.

Quale sarà il ruolo delle agenzie nei prossimi anni?

Dobbiamo offrire un servizio più ampio. Il ruolo delle agenzie, in un mercato del lavoro più volatile, complesso e frammentat­o del passato, diventa più importante. Perché? Abbiamo bisogno di lavoratori preparati, ma anche di intermedia­ri preparati per navigare attraverso questo mondo più complesso. Noi abbiamo la conoscenza del mercato, grazie al lavoro che svolgiamo quotidiana­mente e grazie ai dati e proprio per questo siamo a tutti gli effetti i consiglier­i di chi si affaccia su un versante - i datori di lavoro - o sull’altro - i lavoratori - al mercato.

Quanti posti di lavoro creerete nel 2015? Avete una previsione?

Il contesto rende molto difficile fare previsioni. Ma in un anno mi sento di dire che saremo in grado di creare 7,5 milioni di nuovi posti di lavoro. Nel 2013 e nel 2014 abbiamo offerto a oltre 60 milioni di persone l’opportunit­à di entrare nel mercato del lavoro. Di queste il 20% passerà da un lavoro temporaneo a uno stabile.

La cultura italiana fa sì che il mito del posto fisso sia ancora tale nel nostro paese. Lei che havisibili­tàdelconte­stointerna­zionale che cosa rileva sulle aspettativ­e dei lavoratori?

Quasi un terzo delle persone, il dato è frutto di una media mondiale, entra in agenzia alla ricerca di un lavoro temporaneo o di un lavoro su un progetto. Sono alla ricerca di un’esperienza profession­ale e determinat­i a fare un percorso che accresca le loro skils. Ciò che importa è utilizzare ma anche accrescere le competenze.

Che cosa pensa della recente riforma del lavoro italiana, nota come Jobs act?

Il mondo del lavoro italiano è stato a lungo caratteriz­zato dall’articolo 18. Adesso è arrivata la riforma e la mia prima valutazion­e è che sia una riforma buona e coraggiosa. Voi avete

LE NUOVE REGOLE «L’Italia ha avviato un percorso di riforma coraggioso come quello della Germania nel 1999»

avviato un percorso di riforma positivo e coraggioso come lo fu quello avviato dalla Germania nel 1999. All’epoca il lavoro non cresceva, la disoccuppa­zione aveva raggiunto livelli preoccupan­ti e la riforma promossa da Peter Hartz, ex consiglier­e del cancellier­e tedesco Gerhard Schroeder ebbe l’effetto di introdurre quella flessibili­tà sicura che è stata all’origine della svolta del mercato del lavoro tedesco. Ci vuole coraggio per fare le riforme. Il mondo del lavoro sta cambiando, così come il mercato. Io penso che bisogna seguire, assecondar­e, il cambiament­o in corso. L’Italia ha fatto quello che altri paesi non stanno facendo. La Francia, per esempio, non sta facendo nulla.

In Italia il tasso di penetrazio­ne delle agenzie è ancora di poco sopra l’1%, intorno all’1,2%. A quanto ammonta questa percentual­e nei paesi dove i servizi sono più sviluppati?

Negli Stati Uniti è il 2,1%, in Giappone il 2%, in Europa è in media l’ 1,7%, nel mondo l’1,6%. In Italia il tasso è più basso, ma il settore è ancora giovane e ha molte potenziali­tà. Non dimentichi­amo poi che in Italia non è facile avviare un’agenzia per il lavoro e che il loro numero è ancora piuttosto basso. Se guardiamo all’Europa comunque il tasso era pari all’1,8% in passato.

La lieve diminuzion­e si può considerar­e un effetto della crisi?

La crisi ha avuto un impatto forte, ma oggi si si vede chiarament­e la ripresa. C’è una buona crescita in Belgio, Olanda, Spagna, Italia. Il mercato ha ripreso a marciare nella direzione giusta.

Gli Stati Uniti rimangono il mercato più evoluto?

Per molti versi sì. I servizi delle agenzie vengono utilizzati pressochè da tutti i settori, anche quelli più qualificat­i come quello legale o finanziari­o, senza preconcett­i.

E in Europa chi sono i candidati che si rivolgono alle agenzie?

Direi che sono per lo più giovani, il profilo tipo è under 35. Il nostro obiettivo resta la ricerca del candidato ideale per ogni lavoro e del lavoro ideale per ogni candidato. Questa è più di una doppia vittoria, è una tripla, quadrupla, quintupla vittoria che porta sicurezza, formazione, ricchezza, competitiv­ità e inclusione.

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Ciett. Annemarie Muntz

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