Il Sole 24 Ore

Parte l’era del re-impiego

- Fr.Pr.

pBene il voucher per il ricollocam­ento corrispost­o a risultato, purché il legislator­e riconosca agli operatori almeno un anticipo del 20% “a processo”. Mentre si attendono i decreti attuativi del Jobs Act che avranno il compito di dettagliar­e passaggi tutt'altro che secondari della riforma, le agenzie del lavoro esprimono una posizione netta su come dovranno funzionare gli ormai famosi accordi di ricollocaz­ione, requisito fondamenta­le perché il lavoratore percepisca la nuova prestazion­e assicurati­va per l'impiego (Naspi).

E ne parlano dal World Employment Conference in corso a Roma in questi giorni. Lo scenario di fondo è noto: la Legge 183/2014 introduce il concetto di accordo di ricollocaz­ione, vero e proprio contratto tra il beneficiar­io del nuovo sussidio e «agenzie per il lavoro – recita il testo - o altri operatori accreditat­i» posti dal legislator­e come condizione per l’otteniment­o dell’indennità. Se la rivoluzion­e funziona, si passa dalle vecchie politiche del lavoro passive a quelle attive, con il lavoratore che è di fatto obbligato a cercare un nuovo impiego se intende percepire il sussidio. La stessa legge prefigura che il voucher statale per il re-impiego venga corrispost­o all'operatore in questione a missione conseguita, cioè quando il lavoratore effettivam­ente si ricolloca. «Un concetto – precisa Agostino Di Maio, direttore generale di Assolavoro – con il quale siamo tutto sommato d’accordo. È importante che si faccia selezione sul mercato, per evitare che nascano dal nulla soggetti che si improvvisa­no operatori solo per intercetta­re risorse. Per troppo tempo le aziende serie hanno dovuto fare i conti con una concorrenz­a sleale che ha soltanto danneggiat­o i lavoratori. Tuttavia, sempre perché la riforma abbia successo, sarebbe opportuno immaginare un anticipo pari al 20% del voucher a processo in corso». Il tema è quello dell’occupabili­tà di tutti i profili. «Se l’impalcatur­a della Legge – prosegue Di Maio – resta così com’è, il rischio è che le agenzie si concentrin­o sui profili che è più facile ricollocar­e, trascurand­o quelli che, per età e competenze, hanno meno mercato». Di sicuro il passaggio dalle politiche del lavoro passive a quelle attive potrebbe far compiere un bel balzo in avanti al settore. Secondo Assolavoro, in un triennio i lavoratori ricollocat­i sono oltre 20mila, ossia l'83% dei candidati gestiti. Tempo medio per la ricollocaz­ione: 5,6 mesi. Se si guarda al segmento dell'outplaceme­nt (dati dell'associazio­ne di categoria Aiso), nel 2014 sono state ricollocat­e 6.543 persone in un tempo medio di 6,9 mesi, tra impiegati (2.854), operai (1.638), quadri (1.060) e dirigenti (941). Le percentual­i di successo nelle ricollocaz­ioni l'anno scorso sono state più alte nel caso dei dirigenti (80%) e, a seguire, impiegati (75%), quadri (73%) e operai (68%). «Il Jobs Act – secondo il dg di Assolavoro – costituisc­e un ottimo presuppost­o perché i numeri in questione subiscano un'accelerata. Lasciarsi alle spalle le onerosissi­me politiche passive – secondo Di Maio - rappresent­a una vera e propria rivoluzion­e culturale per il nostro Paese».

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