In cinque anni Pil giù del 13% In Campania la sfida è sul lavoro
Nella campagna i casi Fincantieri e Whirlpool
Ci sono Regioni e Regioni. In Campania i candidati – nessuno escluso – declamano nel deserto industriale. E non perché, come Giovanni Battista, i loro consigli sono ignorati, maperchélasituazioneeconomi-ca e sociale è precipitata ben oltre i livelli di guardia. Ad allarmarsi è stato persino il compassato desk Italia dell’Unione Europea, che alla luce della situazione ha inviato una delegazione di statistici ed economisti allo Svimez, l’istituto di ricerca e studi sul Mezzogiorno, per misurare l’entità di un divario ormai simile a un baratro.
Adriano Giannola, presidente dello Svimez e per tre mandati a capo della Fondazione del Banco di Napoli, riceve i suoi ospiti a Palazzo Ricca, la sede che ospita gli archivi del vecchio banco di Napoli, 300 stanze con la raccolta più antica al mondo – i titoli datano dal 1500 in poi - di assegni, ricevute bancarie e lettere fiduciarie. Il vecchio tribunale di Castelcapuano è a pochi metri: cassonetti stracolmi di munnezza, le strade sudice e gli scooter lanciati a velocità. Potrebbero essere le stesse scene di cinque, dieci o trent’anni fa. Le parole del professor Giannola, invece, leggono note di uno spartito che ci riportano all’immediato dopoguerra: «Dal 2008 al 2013 la Campania ha perso il 13% del prodotto interno lordo. Oramai siamo scivolati dietro alla Calabria. Solo Creta in Europa fa peggio di noi». Sono i numeri, come dice Giannola, «di una guerra mondiale persa». La Caporetto del Sud si consuma in un Paese indifferente e con i candidati che per convenzione discorrono di temi apparentemente reversibili: le liste piene zeppe di impresentabili, le norme della legge Severino sull’ineleggibilità di De Luca, rese ancora più stringenti dalla sentenza della Cassazione. Il rischio di una paralisi postelettorale, nel caso di vittoria del Pd, ormai è molto più che un’ipotesi. È l’irruzione della realtà in una campagna elettorale ricca di favole. Giannola, a proposito di principio di realtà, mostra le slide una dietro l’altra: tre volte maggiore il rischio di povertà in Campania rispetto al Centro-Nord; il tasso di occupazione per la classe di età 15-34 anni scivola al 19,9% contro il 43% del Centro-Nord; investimenti dimezzati (44,5%) rispetto al settentrione. Il governatore della Banca d’Italia assicura che la ripresa ci sarà, ma ci si dimentica di ricordare che le Regioni del Sud rimarranno in apnea. L’elenco potrebbe andare avanti all’infinito. E se non fosse stato l’Economist a mettere nero su bianco la divaricazione tra le due aree del Paese, tutti si sarebbero girati dall’altra parte.
Anna Rea, segretario regionale della Uil, se la prende con «l’irresponsabilità e inconsistenza della classe dirigente». Il sistema della mobilitàregionalefaacquadatut-- te le parti. Dice Rea: «La circumvesuviana negli anni 70 era un modello: una ferrovia di superficie che circondava il vulcano e collegava Napoli a Sorrento. Oggi assomiglia a un carro bestiame, con frequenze simili a quelle con cui esce un terno al lotto».
Ci sono problemi eterni a Napoli e in Campania. Il porto di Napoli e il suo dragaggio per l’accesso delle grandi navi di transhipment, la nomina di un presidente dell’autorità portuale (da tre anni si succedono dei commissari nominati dal Governo a causa del muro contro muro dei potentati locali), la deindustrializzazione selvaggia con l’anoressia della Fincantieri di Castellammare e il collasso della Whirlpool di Carinaro, che solo 15 anni fa contava sette stabilimenti industriali; Bagnoli e la sua bonifica infinita, una questione che si trascina dal lontano 1993, quando Antonio Bassolino diventò per la prima volta sindaco di Napoli.
«La disperazione sta montando» avverte Rea. La crisi dei partiti, in Campania più deflagrante che altrove, ha fatto il resto. Forza Italia e Pd sono solo due espressioni elettorali. Dice Carlo Borgomeo, grande conoscito- re della napoletanità e ora presidente della Fondazione con il Sud. «Il Pd campano è ancora alle prese con la elaborazione del lutto per la fine del bassolinismo». Nel frattempo, il partito del premier si è tribalizzato. E le primarie, invece di sancire una leadership, hanno solo cementato le fazioni, l’un contro l’altra armate. La rottamazione, con l’azzeramento della vecchia classe dirigente, sarebbe stata cosa buona e giusta. Invece, con un Renzi stranamente inerme, è finita come nella Real Marina borbonica quando scattava l’ordine Facite Ammuina. «Tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa, tutti chilli che stann’ a poppa vann’ a prora». Nel senso che dieci anni fa personaggi come Tommaso Barbato, deputato mastelliano che in aula sputò in faccia al suo collega siciliano Nuccio Cusumano, detto pasticciotto, o Corrado Gabriele, fedelissimo assessore regionale di Bassolino governatore, non solo erano politicamente vivi e vegeti, ma lottavano – e purtroppo continuano a lottare – per la loro affermazione personale. Al netto delle condanne giudiziarie intervenute nel frattempo.
Di politica, in Campania e in tutto il Sud, si campa. Di qui l’assalto ai posti di potere e di rappresentanza. Il partito è un dettaglio. Per le truppe dei candidati Caldoro o De Luca pari sono. Le alternative ai posti assicurati dalla politica, come illustrano con ampia facoltà di prova i dati del professor Giannola, franano giorno dopo giorno. E Stefano Caldoro, che ha riportato la disastrosa situazione sanitaria dentro parametri «contabilmente accettabili», può pure permettersi di affermare che le Regioni «vanno abolite». O lo Stato, dice il governatore, o le Regioni. La sovrapposizione tra i due soggetti ha moltiplicato la spesa pubblica improduttiva. Un cocktail micidiale che potrebbe spingere non pochi elettori a disertare le cabine elettorali. Perché molti di loro, e non solo in Campania, nutrono il dubbio che alcune Regioni abbiano deciso, senza clamore e senza annunci, di autoabolirsi.
LA QUESTIONE DEL PORTO Tra i problemi aperti anche il porto di Napoli con il suo dragaggio per l’accesso delle grandi navi e la nomina di un presidente dopo i commissari