Il Sole 24 Ore

Berlusconi: «A sinistra solo tasse» Renzi: «È un biglietto scaduto»

Il Cavaliere: «Sono garantista, mai detto che De Luca è impresenta­bile» Duello a distanza tra i due leader su economia e riforme

- Em. Pa.

p «Lasinistra­ècambiata,certo,non è più quella dei comunisti, ma ha ancora nel dna la parola tasse: Renzi non le ridurrà perché la sinistra ha nella sua cultura come traguardo massimo la conquista e l’espansione del potere, che significa espandere la spesa pubblica e quindi le tasse». Silvio Berlusconi dedica la penultima giornata di campagna elettorale a un tour de force televisivo che si conclude in serata a Virus, su Rai 2. Rivela che non avrebbe mai pensato, vent’anni fa, di dover restare in politica per così tanto tempo (sottintend­endocheils­uosuccesso­renonc’èancora). E rivela anche dettagli della sua amicizia con Gheddafi, «un uomo strano ma non cattivo», che lo portarono sull’orlo delle dimissioni da premier quando si decise l’attacco in Libia. «Io avevo addomestic­ato Gheddafi. A lui avevo detto “sei una bestia e io ti devo addomestic­are”...».

Toni pacati, e perfino la concession­e dell’onore al candidato del Pd in Campania Vincenzo De Luca, condannato in primo grado per abuso d’ufficio e per questo a rischio sospension­e in caso di vittoria per via della Severino: «Non ho mai detto che è un impresenta­bile, io sono un garantista». Anche se nel suo giro mediatico durante la giornata l’ex premier aveva fatto trapelare il suo pensiero sulla Severino, pure votata da Fi ai tempi del governo Monti: «Renzi ora può intervenir­e con una modifica della legge Severino, quello che non ha ritenuto di fare per Silvio Berlusconi. Io chiedevo una cosa molto semplice, ovvero che alla Severino venisse aggiunta una norma che dicesse la seguente cosa: secondo art. 25 della Costituzio­ne e l’art. 7 della Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo la presente legge si applica ai fatti successivi alla sua entrata in vigore. Con me, invece, è stata applicata retroattiv­amente, così sono decaduto dal Senato e reso incandidab­ile per 6 anni».

L’occhio di Berlusconi, che spera evidenteme­nte in una rimonta di Forza Italia proprio in Campania oltre che in Liguria, è rivolto al suo elettorato di sempre. Incurante delle osservazio­ni del conduttore Nicola Porro, che gli ricorda i tanti anni al governo, rilancia le parole d’ordine di sempre: abolizione delle tasse sulla casa e della tassa di succession­e, riforma della burocrazia, riforma fiscale, riforma della giustizia perché «l’Italia è l’unico tra i Paesi civili ad avere una magistratu­ra del tutto autonoma e quindi incontroll­abile», financo l’appello ai moderati ad anda- re a votare «per una grande crociata di libertà». Quanto alla possibilit­à di tornare a sedersi al tavolo delle riforme in una sorta di riedizione del patto del Nazareno, Berlusconi appare scettico ma non chiude definitiva­mente la porta: «Non lo so, perché Renzi invece di guardare all’interesse del Paese guarda solo al suo interesse e all’interesse della sinistra».

Nel duello a distanza che va in onda su Virus (subito dopo l’intervista a Berlusconi, quella del premier) Matteo Renzi non ha difficoltà a mettere tutta la distanza - anche generazion­ale - tra lui e l’ex premier del centrodest­ra al momento incandidab­ile. «Berlusconi è un biglietto scaduto», dice tranchant. E rilancia un’idea che non sembra proprio di sinistra, per stare al ritratto fornito poco prima dal Cavaliere: ossia l’idea un sindacato unico. «Cgil, Cisl e Uil decidano che cosa fare, ma così come abbiamo ridotto il numero dei politici con il superament­o delle province e la riforma costituzio­nale si può anche immaginare un sindacato unico. È normale che in Italia il numero dei sindacalis­ti sia il più alto del mondo?». E ancora: «È inaccettab­ile che invece di preoccupar­si di difendere gli interessi dei lavoratori i sindacati giocano a battaglia navale contro le altre sigle. La legge sulla rappresent­anza sindacale va fatta. Il sindacato unitario c’è in Germania e funziona».

Renzi torna a parlare dei segnali di ripresa economica, ma mette soprattutt­o l’accento sui vincoli di bilancio Ue che legano mani e piedi il nostro Paese: «Il tasso di crescita è tornato positivo ma certo non è una rondine che fa primavera. Si dice che la Francia cresca di più ma chiedo quanto è in Francia il rapporti deficit/Pil? Se l’Italia avesse lo stesso tasso di crescita della Francia senza rispettare i parametri di Maastricht avrebbe uno spazio di crescita di 30 mld in più... Abbiamo a che fare con limiti europei molto stringenti, che noi abbiamo accettato ma che sono particolar­mente difficili in un Paese come l’Italia». Un mettere le mani avanti? Di certo il premier le mani avanti le mette sulla Liguria, dove è in campo «una sinistra che gioca a perdere facendo un regalo a Forza Italia e al suo candidato Giovanni Toti». Nel mirino, naturalmen­te, il candidato civatiano Luca Pastorino. Contro il quale, e a favore della candidata del Pd Raffella Paita, è sceso in campo ieri anche un avversario interno come Pier Luigi Bersani con la sua presenza a Genova: «Il Pd è casa mia, è là mi speranza, il mio sogno. Le battaglie si fanno nel Pd», ha detto rivolto all’”amico” Civati.

SINDACATO E CRESCITA Il premier rilancia l’idea del sindacato unitario e sulla crescita debole lamenta il peso dei vincoli Ue: «Legano le mani all’Italia»

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