«Berlusconi non conosceva l’età di Ruby»
Le motivazioni dell’assoluzione dell’ex premier per le serate ad Arcore
pSilvio Berlusconi non sapeva che Ruby fosse minorenne quando la giovane marocchina frequentava le serate, «disinvolte e spregiudicate», di Arcore. L’ex premier «non intimidì» né «prevaricò» i funzionari della Questura di Milano la notte del 27 maggio 2010, perché con la sua telefonata «si limitò a una segnalazione», anche se «certamente impropria e scorretta». Semmai, il capo di gabinetto Piero Ostuni ebbe un atteggiamento «non lusinghiero» e «non consono a un dirigente della polizia di Stato che, ancorché inserito in una struttura fortemente gerarchica come il ministero dell’Interno, è pur sempre soggetto alla legge e conserva, perciò, autonomi poteri di apprezzamento del contenuto intrinseco anche di veri e propri ordini che possano essergli impartiti».
Dopo cinque anni dalla telefonata “galeotta” di Berlusconi in Questura, è questa la verità processuale firmata dalla Corte di cassazione che ieri ha depositato le motivazioni della sentenza (n. 22526/15) pronunciata il 3 marzo scorso, con cui confermava l’assoluzione dell’ex premier decisa dalla Corte d’appello, in contrasto con la condanna a 7 anni disposta invece in primo grado.
«Assertive e congetturali» le affermazioni contenute nella sentenza del Tribunale, a fronte della «rigorosa aderenza alle risultan- ze processuali» della pronuncia d’appello, scrive la Cassazione, che peraltro “supera” gli stessi giudici d’appello nel motivare l’esclusione del reato di «induzione indebita», figlio dello spacchettamento della concussione effettuato con la legge Severino (n. 190/2012). La Corte di Milano aveva fatto discendere l’assoluzione dalla legge 190, rilevando che nella condotta compiacente di Ostuni non ci fosse traccia di quell’«indebito vantaggio» divenuto «criterio di essenza» del nuovo reato, a differenza della vecchia concussione per induzione (tant’è che la sentenza sembrava persino dubitare dell’esistenza di una «continuità normativa»). La Cassazione non si è limitata a confermare questa interpretazione (e cioè che «l’indebito vantaggio» è diventato elemento essenziale del nuovo reato e non c’era nel comportamento di Ostuni) ma ha anche aggiunto che la legge 190 è «in continuità normativa» - quanto alla posizione del «pubblico agente» - con la vecchia concussione per induzione e che nella telefonata di Berlusconi non c’era «alcuna prevaricazione induttiva» (si trattò solo di una «segnalazione»), tantopiùche, quando il soggetto indotto è un pubblico ufficiale (come nel caso di Ostuni), «l’effetto induttivo» va «apprezzato con particolare prudenza» visto che su di lui grava un «particolare obbligo di resistenza», per cui ci si aspetta che possa anche contestare un ordine, se illegittimo. Insomma, nella visione della Cassazione, Berlusconi sa- rebbe stato assolto anche senza la legge Severino. Dunque sbagliò la Procura. La telefonata dell’ex premier, forse, configurava i reati di abuso d’ufficio o di interesse privato, sempre che gli articoli 323 e 324 del Codice penale non fossero stati, rispettivamente, modificato e abrogato. «Ma è inutile e inappropriato - conclude la Corte - speculare sulla base di un assetto normativo ormai superato».
Quanto alla prostituzione minorile, non c’è la prova che Berlusconi sapesse, prima del 27 maggio 2010, della minore età di Ruby. Al contrario, «sono affidabili gli elementi probatori» che escludono che l’ex premier sapesse. Anche qui la Cassazione rimprovera il Tribunale di essere stato troppo «assertivo», e così il Procuratore generale quando ha sostenuto che la frequentazione di donne minorenni da parte dell’imputato fosse «notizia di dominio pubblico». Tuttavia la Corte conferma che è stata acquisita la prova certa che ad Arcore, dal 14 febbraio al 2 maggio 2010, «vi fu esercizio di attività prostitutiva», che coinvolse anche Ruby.
LA CHIAMATA IN QUESTURA Per i giudici l’allora premier «non intimidì» i funzionari, si limitò a una «segnalazione». Anche senza la legge Severino sarebbe stato assolto