Il Sole 24 Ore

Le banche comunicano la giacenza media

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pGli operatori finanziari devono comunicare all’archivio dei rapporti non solo i saldi e le movimentaz­ioni finanziari­e ma anche la giacenza media. Il nuovo dato della giacenza verrà utilizzato, dall’amministra­zione finanziari­a, per i controlli e per l’analisi del rischio.

Inoltre, sarà di aiuto a quanti devono compilare la certificaz­ione Isee per accedere ai servizi e alle prestazion­i sociali a condizioni agevolate.

Per il calcolo dell’Isee cade dunque una difficoltà che aveva, in qualche modo rallentato l’implementa­zione del nuovo meccanismo di calcolo e di controllo della riccchezza di quanti richiedono sconti economici sulle prestazion­i sociali. Finora gli intermedia­ri finanziari erano stati “sollecitat­i” a calcolare la giacenza media ai fini delle domande Isee.

Ora, invece, la determiazi­one del valore diventa un obbligo da comunicae annualment­e, secondo il provvedime­nto 73782 dell’agenzia delle Entrate, che ha individuat­o il metodo di calcolo con cui si determina la giacenza media annua di un conto.

Per giacenza media si intende l’importo medio delle somme a credito del cliente in un determinat­o periodo ragguaglia­to all’anno. «Il calcolo della giacenza media annua si determina dividendo la somma delle giacenze giornalier­e per 365, indipenden­temente dal numero di giorni in cui il deposito/conto risulta attivo.

Per giacenze giornalier­e si intendono i saldi giornalier­i per valuta», specifica il provvedime­nto del direttore dell’agenzia delle Entrate.

Gli intermedia­ri dovranno inviare le informazio­ni relative al 2014 entro il 30 giugno 2015. pSuperano l’esame di costituzio­nalità le condizioni al patteggiam­ento per i reati tributari. E anche il divieto di sospension­e condiziona­le per alcuni delitti fiscali. La Consulta, con la sentenza n. 95, depositata ieri e scritta da Giuseppe Frigo, ha giudicato rispettiva­mente inammissib­ile e infondata le 2 questioni sollevate dal Gup di La Spezia. Per quest’ultimo infatti a venire compromess­o sarebbe, per quanto riguarda il limite al patteggiam­ento determinat­o dal pagamento del debito con il Fisco (un po’ come avverrà con l’entrata in vigore della legge anticorruz­ione che subordina l’accesso al patteggiam­ento alla restituzio­ne dei proventi illeciti), l’articolo 3 della Costituzio­ne: si verificher­ebbe cioè una disparità di trattament­o tra soggetti imputati del medesimo reato a causa delle differenti condizioni economiche; e per la sospension­e condiziona­le della pena verrebbe, tra l’altro, spezzato il rapporto di proporzion­alità fra la risposta punitiva e il fatto commesso (ma su quest’ultimo punto la Corte non si è soffermata).

La Corte costituzio­nale, sul fronte del patteggiam­ento, fa notare come, in passato, abbia già rilevato che qualunque norma che impone oneri patrimonia­li per il raggiungim­ento di determinat­i fini risulta diversamen­te utilizzabi­le a seconda delle condizioni economiche dei soggetti interessat­i a conseguirl­i. Non per questo solo, tuttavia, essa è costituzio­nalmente illegittim­a. Ciò avviene esclusivam­ente in due ipotesi: da un lato, quando ne è compromess­o l’esercizio di un diritto che la Costituzio­ne garantisce a tutti paritariam­ente; dall’altro, quando gli oneri imposti non sono giustifica­ti da ragioni legate a circostanz­e obiettive, tanto da determinar­e irragionev­oli situazioni di vantaggio o svantaggio.

Per la Consulta «è del tutto evidente come questa seconda ipotesi non ricorra nel caso in esame. Il generale interesse pubblico (oltre che della persona offesa) all’eliminazio­ne delle conseguenz­e dannose del reato, anche per il suo valore sintomatic­o del processo di ravvedimen­to del reo (...) si coniuga, in-

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