I delitti scivolano sull’indeterminatezza
Entra oggi in vigore, col fragore di molti applausi e col sibilo di qualche fischio, un nuovo sistema sanzionatorio in materia ambientale. Cerchiamo qui di dare qualche flash sui nuovi principali delitti inseriti nel Codice penale: inquinamento e disastro.
Il primo punisce chi abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di acqua, aria o di porzioni estese o significative di suolo o sottosuolo, nonché di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora e della fauna. Il secondo sanziona chi, abusivamente, cagiona un disastro ambientale costituito, in via alternativa, dall’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema irreversibile, oppure la cui eliminazione sia particolarmente onerosa o conseguibile solo con provvedimenti eccezionali, oppure ancora dall’offesa alla pubblica incolumità quando si tratti di un fatto rilevante per l’estensione degli effetti lesivi o per il numero di persone offese o esposte al pericolo.
Tali delitti, in forza della previsione dell'articolo 452 quinquies, sono puniti pure a titolo colposo.
Un primo elemento comune a entrambi è il termine «abusivamente» che qualifica la condotta. Il significato del riferimento non è di facile individuazione. A prima lettura sembrerebbe limitare la rilevanza penale ai fatti commessi senza o contro una autorizzazione. Inoltre, la presenza dell’avverbio crea ulteriori interrogativi: sembra arduo, in presenza della violazione di un’autorizzazione, formulare una contestazione in forma colposa.
I due nuovi delitti soffrono altresì di scarsa determinatezza, caratteristica non secondaria per un reato che dovrebbe avere nella precisione dei contorni un requisito irrinunciabile. Nell’in- quinamento, le parole «compromissione» e «deterioramento», non essendo termini tecnici, risultano assai poco denotativi. Chi può dire quando davvero insorge una compromissione o un deterioramento? L’una e l’altro, poi, debbono essere significativi e misurabili. E se la nozione di «significativo» non aiuta a colmare il vuoto di precisione già segnalato, il riferimento al secondo aggettivo lascia quasi sbalorditi. Non sembrano esistere compromissioni e deterioramenti non misurabili. Certo, a meno di non voler ritenere che con ciò il legislatore abbia inteso escludere dalla punizione i fenomeni incommensurabili.
Se i reati in esame fossero compresi in una disciplina complementare il legislatore forse avrebbe previsto delle definizioni, ma trattandosi di normativa codicistica, si precipita nell’indeterminatezza.
Il delitto di disastro, poi, oltre ad avere analoghi problemi di genericità, prevede una definizione del fenomeno i cui presupposti paiono non c’ent rare conilfatto, come ad esempio l’onerosità della eliminazione delle conseguenze o il coinvolgimento di un elevato numero di persone.
I delitti colposi suscitano anch’essi qualche diffidenza. Oltre alla difficoltà di contestare in tale forma una condotta qualificata come abusiva, il comma 2 dell’articolo 452 quinquies prevede una disposizione la cui logica sfugge. Se dalla commissione dei fatti di inquinamento e disa- stro deriva il pericolo di inquinamento e disastro le pene sono ulteriormente diminuite. Come, da un fatto di inquinamento o disastro, possa derivare un pericolo di quello stesso e già cagionato inquinamento o disastro, è circostanza oscura.
In conclusione: che dovessero essere inseriti nel Codice delitti di danno e di pericolo concreto gli studiosi da anni lo sostengono e di recente l’Europa l’ha imposto. Il risultato, però, minato da eccessi di legislazione simbolica, lascia scettici. Almeno quanto la dichiarazione del ministro che ha ipotizzato di effettuare un “tagliando” alla normativa.
Fa piacere sapere l'ovvio - il legislatore è pronto a modificare una normativa che non faccia buona prova di sé - dispiace però avere la certezza che sia stato licenziato un testo con la riserva mentale di una revisione a breve.
IL PROBLEMA L’utilizzo di termini indefiniti mette a rischio la tassatività delle previsioni