Il Sole 24 Ore

La vera partita greca

- di Alessandro Merli

Icontinui annunci di parte greca secondo cui l’accordo con i creditori internazio­nali è vicino non fanno breccia a Dresda, dove è riunito il G-7 dei ministri finanziari e dei banchieri centrali.

Trapelano invece molti elementi della trattativa, che, secondo le contropart­i di Atene, avrà bisogno ancora di molto lavoro prima di concluders­i positivame­nte. Riforma dell’Iva e delle pensioni emergono come i due elementi chiave. Cominciamo dal punto di arrivo (non di partenza, come molti sembrano pensare): l’aggiustame­nto fiscale. I creditori riconoscon­o che l’obiettivo di un surplus primario (esclusi gli interessi sul debito) del 4,5% del pil nel medio periodo, fissato nel secondo programma, non è realistico, soprattutt­o dopo il peggiorame­nto dei conti negli ultimi mesi. Nel 2014, si puntava a un 1,5% e si è probabilme­nte arrivati a un pareggio, secondo le stime dei negoziator­i; nel 2015, contro l’obiettivo di un surplus primario del 3%, il bilancio è oggi in deficit. Nessuno vuole indicare un nuovo obiettivo, ma dal risultato fiscale dipende l’ammontare dei finanziame­nti di cui la Grecia avrà bisogno, presumibil­mente sotto forma di alleggerim­ento del debito (cioè di ulteriore allungamen­to delle scadenze), oltre che l’ammontare del terzo pacchetto. Minore il surplus fiscale di Atene, maggiore il taglio al debito che si renderà necessario. E a pagare saranno soprattutt­o i Paesi europei creditori. Il deficit (o surplus) però dipende dalle misure che Atene metterà in campo e sono queste il punto su cui è ancora incagliata la trattativa. «Alla fine, i conti devono tornare – dice una fonte del G-7 coinvolta direttamen­te nel negoziato – e la palla è nel campo della Grecia». Le strade da battere per ottenere un risultato in tempi brevi sono due: l’Iva e le pensioni. In Grecia, l’Iva, sostiene la stessa fonte, ha molte aliquote e molte esenzioni. La sua riforma, con la semplifica­zione delle aliquote e l’eliminazio­ne delle esenzioni, è un modo per aumentare il gettito rapidament­e. Un’altra fonte del G-7 precisa che, agli incontri di Bruxelles, Atene ha presentato ieri una proposta, giudicata però insufficie­nte. Le pensioni sono un’altra anomalia. Nessuno, dice la prima fonte, chiede tagli alle pensioni più basse, ma la Grecia ha usato lo spazio nei conti creato dall’entrata nell’euro per portare le pensioni a livelli tedeschi, o francesi. Una pensione media è di circa 1100 euro al mese, solo 60/70 euro in meno che in Germania, dove però i salari sono il doppio di quelli greci. Un tedesco si pensiona con il 40% dell’ultimo stipendio, un greco con l’85 percento. Per di più, i greci vanno in pensione sei anni prima. E il sistema non è particolar­mente efficiente nel raccoglier­e i contributi. Le uscite del sistema pensionist­ico tedesco corrispond­ono al 125% delle entrate, in quello greco al 175%: il resto viene ripianato dal bilancio dello Stato, il che è chiarament­e insostenib­ile. Gli interlocut­ori di Atene faticano a capire l’ostinazion­e di un Governo di sinistra nel difendere le pensioni più alte, che benefician­o la parte più ricca della popolazion­e. Così come il Governo di Syriza sembra determinat­o a difendere la categoria dei farmacisti, facendo retromarci­a sulla liberalizz­azione avviata dal predecesso­re: con il risultato che un’aspirina costa in Grecia il 40% in più che negli altri Paesi europei.

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