Al voto in sette Regioni Renzi: non è test su di me Fi: «Violato il silenzio»
Polemica su De Luca e impresentabili I mercati guardano alla «prova riforme»
Elettori alle urne oggi in 7 Regioni. Sono 23 milioni i cittadini che hanno diritto al voto, ma pesa l’incognita dell’astensione. Il premier Renzi: non è un test su di me. Fi accusa: violato il silenzio elettorale. Polemica su De Luca e impresentabili.
«Ottimista? Lo sono sempre». Matteo Renzi è ancora sul palco del festival dell’Economia di Trento, assieme al suo omologo francese Manuel Valls, quando si concede una previsione sull’esito delle Regionali che, ribadisce, «non sono un test per il governo: le elezioni locali hanno valenza locale e lo stesso dissi in occasione delle europee». Più volte il premier, incalzato da Lilli Gruber, si trincera dietro il rispetto dell’obbligo al silenzio prima del voto («Tutte le questioni della campagna elettorale per me si sono chiuse venerdì alle 23 e 59»).
Anche quando la moderatrice lo stuzzica sulla lista degli “impresentabili” diffusa dalla presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi in cui a sorpresa è stato incluso anche il candidato del centrosinistra in Campania Vincenzo De Luca. «Io su questo non apro bocca. Se uno proclama la legalità deve essere conseguente e noi rispettiamo sempre la legalità».
Ma non basta. Le opposizioni, da Fi a Sel, lo accusano di aver violato il silenzio elettorale. Renato Brunetta, piccato anche per una battuta «irridente» del segretario del Pd nei suoi confronti, chiede l’intervento della Procura di Trento ricordando che chi viola l’obbligo del silenzio «è punito fino a un anno di carcere».
Nessuna replica arriva dal presidente del Consiglio che preferisce concentrare l’attenzione della platea sulle riforme e i prossimi appuntamenti a Bruxelles. Perchè l’unica, vera sfida che conta - ripete - «è cambiare l’Europa». Una prospettiva pienamente condivisa anche dal premier francese. I due parlano la stessa lingua. Renzi cita la comunicazione sulla flessibilità adottata lo scorso gennaio dalla Commissione europea, il piano Juncker sugli investimenti ma anche il Quantitative easing della Bce. «È cambiato il clima ma non basta». L’impegno che il presidente del Consiglio assume è che a settem- bre «una volta completato il processo delle riforme» sarà proprio l’Italia a portare avanti – d’intesa con la Francia – un’azione decisa in favore di una vera svolta in Europa «con una determinazione che neanche immaginate».
Prioritaria è la riforma della pubblica amministrazione. «Quando vedo che alcune amministrazioni pubbliche parlano tra di loro dandosi del lei o del voi, quando registro che si comportano come repubbliche autonome, non so quanto tempo occorrerà ma vi assicuro che cambieremo questo modo di procedere. È una questione di dignità». Valls rivendica al governo francese il merito di aver ridotto le imposte sugli affari, sulle imprese e sul ce- to medio per 40 miliardi. Ma ora la vera partita si gioca in Europa. «L’urgenza assoluta è il lavoro. Altrimenti l’Europa uscirà dalla storia. Perchè se continuiamo a ritenere che sia solo la politica di aggiustamento fiscale a farci uscire dalla crisi, avremo preparato il terreno per l’ulteriore affermazione dei populismi».
Renzi dibatte con Valls dell’Europa che verrà, ma intanto deve fare i conti con il presente e soprattutto con il suo partito. La black list diramata dalla Bindi a poche ore dalla fine della campagna elettorale, con l’iscrizione tra gli «impresentabili» di Vincenzo De Luca, il candidato del Pd in Campania, ha rotto la tregua con la minoranza. E certo non basta la “dissociazione” di Roberto Speranza, esponente di punta della minoranza, a sancire un nuovo armistizio: «Conosco De Luca e vedere il suo nome accostato all’Antimafia è in totale contraddizione con il suo impegno e la sua storia che sono sempre stati al servizio della comunità», ha detto l’ex capogruppo alla Camera. Sugli impresentabili è intervenuto anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova:«È una questione seria che deve essere risolta».
Il redde rationem arriverà all’indomani dal voto. I renziani sostengono che la mossa della Bindi «punta a farci perdere». E non tanto in Campania, quanto in Liguria, dove il caso De Luca potrebbe spingere una parte degli elettori del Pd ad astenersi o a dirottare il voto sul candidato della sinistra, l’ex dem Pastorino, o sul M5s.
IL CASO DE LUCA La linea del presidente del Consiglio: «Se uno proclama la legalità deve essere coerente e noi la rispettiamo sempre»