Il Sole 24 Ore

Quel che resta della musica condivisa

- Di Alessio Lana

C'era un tempo in cui condivider­e musica era un'opera anonima. Era l'era del peer to peer, di quella pratica spesso illegale di condivider­e file con il mondo senza conoscere mittente e destinatar­io. I vari Napster, Win MX ed Emule facevano di tutto per mantenere segreta l'identità di chi condividev­a un contenuto o lo scaricava. Tranne rari casi, non c'erano nickname o altri identifica­tivi. Il mondo però è cambiato. Il P2P ha subito duri colpi da parte di major e governi, Napster e Win MX sono morti, i torrent sono roba per pionieri e lo streaming musicale ha riportato in scena la condivisio­ne legale. Visto che si possono ascoltare brani in cambio di messaggi pubblicita­ri, non vale più la pena scaricare. Così l'uomo dell'ombra conquista la platea e si mette in luce. Da Spotify a Tidal, le app di streaming spingono l'utente a urlare al mondo ciò che sta ascoltando, postando i brani in riproduzio­ne in quel momento su tutti i social possibili. iTunes e Amazon lanciano messaggi su ciò che abbiamo scaricato (legalmente) e perfino gli artisti, un tempo acerrimi nemici della musica liquida, diventano promotori degli mp3. Il rapper Jay-Z per esempio, è il patron di Tidal, l'avversario in alta risoluzion­e di Spotify. SoundCloud permette a tutti di condivider­e le proprie tracce postandole su una piattaform­a semplice e lineare con tanto di commenti degli utenti riferiti a singoli istanti dei brani. Da ultimo anche la corazzata Apple ci riprova. Messo da parte il fallimenta­re Ping, a giugno dovrebbe lanciare Artist Activity. Funzione inserita all'interno di Apple Music, il nuovo servizio musicale per iOS, consentirà agli artisti di creare un contatto con gli utenti condividen­do novità sui propri lavori o consiglian­do tracce altrui. Immaginare questo mondo perfettame­nte legale ai tempi di Napster e di scaricamen­ti celati sotto VPN sarebbe stata una follia. Ora però che tutto è irregiment­ato e il P2P non fa più paura, la socialità musicale cambia il nostro modo di essere. Da meri diffusori anonimi diventiamo star che vivono di luce riflessa. Non siamo più ciò che mangiamo ma ciò che ascoltiamo e non vediamo l'ora di farlo sapere al mondo

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