«Investire nel Monte? Non ci interessa Erogazioni priorità della Fondazione»
p «Così come il management di una società viene misurato sulla base degli utili che è in grado di generare, noi dovremo essere misuratisulleerogazionichesaremocapaci di muovere, e sull’impatto che produrranno sul territorio». Umberto Tombari, presidente dell’Ente Cr Firenze e vice dell’Acri, tra i volti nuovi del mondo delle Fondazioni, sintetizza così la mission che sempre più marcatamente caratterizzerà gli enti, all’indomani di una riforma che ha definito tempi e modalità di quell’allontanamento dalle banche conferitarie previsto dalla legge Ciampi ma finora affidato alla sensibilità di ognuno. Con i risultati che, in alcuni casi, si sono visti.
Meno finanza “vecchio stile” e più territorio. È questo che suggerisce il modello Firenze, che ha vistol’Enteattuareperprimolariforma – è di poche settimane fa la cessione del 10,25% che residuava in BancaCassadiRisparmiodiFirenze – e dotarsi ora di un advisor per iniziare la sua nuova avventura da soggetto «attrattore di erogazioni». Perché un advisor? «Abbiamo la necessità di dotarci di un’elevata competenza nel settore», spiega Tombari « e l’advisor ci aiuterà a individuare i soggetti, per lo più fondazioni estere, che abbiano interesseadaffiancarsianoiinalcuni progetti specifici e di “grande impatto” : noi avremo accesso a risorse aggiuntive, una sorta di “effetto leva sulle erogazioni”, loro potranno fregiarsi del brand Firenze».
In realtà, la razionalizzazione del patrimonio è solo all’inizio (c’è da vendere un altro 2% di Intesa, su cui «inizieremo le prime valutazioni nei prossimi mesi»), ma intanto la Fondazione ha avviato un percorso che l’ha vista reclutare un altro advisor, Cambridge Associates, per creare una nuova piattaforma di gestione del patrimonio, mentre a Kpmg è stato assegnato l’incarico di certificare il bilancio; tra gli appuntamenti dei prossimi mesi, anche un road show per far conoscere l’Ente e le sue iniziative per ottimizzare il fund raising.
«Il nostro obiettivo è quello di avere un patrimonio liquido gestito nel miglior modo possibile. Il che ovviamente significherà più investimenti finanziari rispetto a quando il patrimonio era fortemente concentrato, finalizzati a una migliore erogazione sul terri- torio», dice Tombari. A ribadire che ogni scelta d’investimento rappresenta solo un mezzo e non il fine, che invece sono «gli interventi, la capacità di esprimere un progetto di lungo periodo e di produrre ricadute significative nel tempo». E poco importa se, in questo processo, parte degli investimenti finanziari dovesse allontanarsi non solo da Firenze ma anche dall’Italia: «La logica deve essere quella dell’investimento, pertanto valuteremo solo le opzioni che siano adeguatamente remunerate e garantite». In questa prospettiva il dossier Mps «non è all’ordine del giorno» e sulle popolari «non abbiamo ancora iniziato una valutazione seria».
La recente riforma sembra in grado di mettere al riparo da ulteriori interventi del governo? «Il protocollo Acri-Mef ha fatto bene il suo lavoro. Comunque le Fondazioni non devono muoversi sempre al traino della Vigilanza o del Governo: dobbiamo saper dare prova di un capitale liquido e ben gestito, massima trasparenza e progettualità alta prima ancora che ci venga chiesto. Ed è quello che stiamo provando a fare».