Crack Deiulemar, a Malta un «tesoretto» da 360 milioni
Èuna storia questa, amarissima e tormentata, di una caccia al tesoro da parte di oltre 11 mila risparmiatori di Torre del Greco e Marina di Procida truffati dal crac da 800 milioni della Deiulemar, il colosso dei trasporti via mare, affondato dopo essere stato spogliato da ogni asset dai soci fondatori. Il tesoro sono i patrimoni sottratti e portati in un reticolo di trust e fiduciarie estere da sette componenti delle tre famiglie proprietarie (Della Gatta, Iuliano e Lembo) condannati in primo grado nel luglio del 2014 a pene complessive per quasi 90 anni per la bancarotta della compagnia. E ora spunta, a distanza di tre anni dal crac, una parte di quel tesoretto in quel di Malta, nelle casse di Bank of Valletta, la banca posseduta al 25% dal governo maltese. Lì ci sarebbero tre Trust (Giano, Gilda, Capital) per un controvalore di 363 milioni di euro riconducibili ai condannati in sede penale. La curatela fallimentare della società di fatto (il reticolo di scatole costituite dai soci fondatori per depauperare negli anni il patrimonio della Deiulemar) ha chiesto al Tribunale di Torre Annunziata di citare in giudizio la banca maltese chiedendo il sequestro del denaro. La banca ha risposto ritenendo infondate le richieste. Si vedrà. Ma nel frattempo come spiega l’avvocato Monica Cirillo che assiste per Adusbef molti degli obbligazionisti truffati c’è il rischio che quei soldi possano volatilizzarsi. «Nel 2013 in quei Trust c’erano oltre 600 milioni, a fine 2104 erano scesi a 363 milioni. Presumo siano stati spostati proprio nel pieno dell’inchiesta. Si rischia che spariscano del tutto». Capitali distratti e finiti non solo a Malta secondo Cirillo ma anche in Svizzera, a Madeira e nelle isole Vergini.
E senza il recupero delle somme spostate all’estero dalle tre famiglie socie della Deiulemar non sarà possibile ristorare gli oltre 700 milioni di somme in certificati al portatore che i cittadini Torresi e di Marina di Procida avevano sottoscritto a favore della compagnia depredata. Ma come nasce questa vicenda di truffa colossale su un’intera cittadina napoletana? Da sempre gli abitanti di Torre del Greco, spesso dipendenti della società, facevano da banca per Deiulemar sottoscrivendo obbligazioni fuori mercato che però non finivano nei bilanci della compagnia ma nei conti personali degli armatori.
Ma mentre Deiulemar faceva raccolta abusiva di risparmi sul territorio, i figli dei tre armatori provvedevano a spogliare di beni la compagnia. Una pratica che durava almeno dal 2005. Un reticolo di società spesso estere cui venivano conferite mano a mano le navi della flotta e da cui si attingevano anche copiosi dividendi tutti a favore dei soci fondatori. Come appurato dal Tribunale di Roma che ha condannato a pene severissime i sette imputati, la Deiulemar privata della flotta di proprietà rinunciava all’unico asset in grado di produrre reddito, mentre le cessioni anzichè rimborsare il debito obbligazionario da oltre 900 milioni finivano in dividendi agli armatori. Insomma un fallimento pilotato. Si spoglia la socie- tà, si portano i capitali all’estero e ovviamente si lasciano gli 11mila sottoscrittori delle obbligazioni a bocca asciutta. Una vicenda che ha messo in ginocchio Torre del Greco e i suoi abitanti. Se penalmente c’è stata una prima dura sentenza, sul piano civile si sono ottenute molte vittorie ma nessun ristoro finora. Sono state infatti dichiarate fallite tutte le società, compresa quella di fatto riconducibile ai soci fondatori. E 11mila risparmiatori sono stati finalmente ammessi nel passivo delle società. Ma come nel caso di Malta finchè non si otterrà il sequestro dei beni sottratti non si potranno ripagare gli oltre 700 milioni di obbligazioni degli 11mila sottoscrittori. La caccia al tesoro vedrà battaglia tra gli avvocati di parte civile, gli inquirenti e Trust e fiduciarie estere che opporrano ogni forma di diniego. Triste copione di ogni grande truffa.