Il Sole 24 Ore

Investimen­ti a rischio senza certezza del diritto

- Di Gabriele Fava

Da qualche mese il diritto del lavoro è interessat­o da una riforma che modifica sostanzial­mente istituti ormai radicati della materia, quali ad esempio l'impossibil­ità per il datore di lavoro di cambiare le mansioni al lavoratore, se non con altre di livello equivalent­e, o la reintegra in caso di licenziame­nto illegittim­o. Sebbene il campo in questione sia avvezzo alle novità legislativ­e, quella operata dal Jobs Act lo sta scuotendo profondame­nte. Quello del lavoro infatti è sì un diritto dinamico, ma è anche ancorato ad alcuni principi cardine che per lungo tempo sono stati imprescind­ibili. In questo contesto di innovazion­e c’è molta attesa su come il potere giudiziari­o interprete­rà le nuove norme che, pur avendo una formulazio­ne abbastanza chiara, come sempre presentano margini di incertezza al momento di essere applicate. Ci si interroga in particolar­e su come i giudici accogliera­nno la forte riduzione del loro potere discrezion­ale in ordine alla proporzion­alità della sanzione irrogata al lavoratore inadempien­te. Il giudizio di propor- zionalità, alla luce della riforma, rileva solo ai fini dell'indennità risarcitor­ia spettante in caso di licenziame­nto ingiustifi­cato, ma non per valutare i presuppost­i della reintegra. Con la nuova normativa, la reintegraz­ione sul posto di lavoro è prevista, nell'ambito del licenziame­nto disciplina­re, solo in caso in cui il fatto materiale contestato non sussista. Dato che i primi contratti della nuova tipologia sono di pochi mesi fa, non esiste ancora una casistica giurisprud­enziale tale da permettere agli addetti ai lavori di conoscere quale sia l'approccio dei giudici a queste tematiche; tuttavia è interessan­te notare come un sentenza della Corte di Appello di Brescia, del 30 aprile 2015, che va a dirimere una controvers­ia regolata dall'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori come modificato dalla legge Fornero, esprima dei principi astrattame­nte applicabil­i anche al nuovo contratto a tutele crescenti. La sentenza in questione prende le mosse da un caso di licenziame­nto disciplina­re irrogato ad un dipendente addetto alla formazione, a cui veniva contestato di aver tenuto un comportame­nto inadeguato e scortese nei confronti dei colleghi, tanto da costringer­e l'azienda a ri- muoverlo dalla mansione. Inoltre al medesimola­voratoreve­nivacontes­tatodiesse­rsi rifiutato di rinunciare al superminim­o, a lui erogato proprio in forza della mansione formativaa­ssegnatagl­i, perlaquale­sierarivel­ato inadeguato. Il licenziame­nto veniva impugnato dinnanzi al Tribunale di Bergamo, che in primo grado ne sanciva l'illegittim­ità e disponeva la reintegra del lavoratore. La Corte di Appello di Brescia confermava la sentenza del giudice di prime cure con motivazion­i che non possono non sollevare preoccupaz­ione. Per i giudici di appello non solo l'insussiste­nza del fatto materialec­ontestatop­uògiustifi­carelarein­tegra, ma questa può essere disposta anche quando lo stesso fatto, seppur materialme­nte sussistent­e, si risolva in un inadempime­nto di scarsa rilevanza. La Corte scende poi nel dettaglio affermando che il licenziame­nto sarebbe sanzionabi­le con la reintegra, laddove la violazione, anche se non codificata nel contatto collettivo tra le condotte che prevedono una sanzione conservati­va, si traduca in un evidente abbaglio del datore di lavoro, o nel suo torto palese, o nella pretestuos­ità della contestazi­one ecc. Il principio ivi espresso è sorprenden- te e pericoloso, proprio perché l'insussiste­nza del fatto potrebbe ravvisarsi anche quando lo stesso, pur accaduto, si presenti per l'appunto di scarsa rilevanza. Un simile ragionamen­to metterebbe a rischio la recente riforma e permettere­bbe al potere giudiziari­o di vanificare l'intervento del legislator­e, che ha manifestat­o chiarament­e la volontà politica di riformare l'art. 18, escludendo quasi del tutto la reintegra nella nuova tipologia contrattua­le. Le conseguenz­e sarebbero evidenti e chiarament­e negative, poiché si andrebbe a compromett­ere la certezza del diritto favorita dal Jobs Act. Un eccessivo potere discrezion­ale dei giudici genera incertezza su quali possano essere le conseguenz­e di un recesso giudicato illegittim­o. Tale clima di incertezza sarebbe senza dubbio un freno all'occupazion­e e agli investimen­ti da parte delle aziende in Italia. Chi investe oggi, visto anche l'andamento altalenant­e del mercato, ha bisogno di certezze dal punto di vista legislativ­o e di un'azione dei giudici quanto più fedele possibile al testo della legge; in un contesto di scarsa chiarezza, infatti, nessun imprendito­re è invogliato ad investire. In definitiva i giudici dovrebbero riflettere attentamen­te prima di esercitare la loro funzione in modo da disattende­re la volontà politica espressa dal parlamento.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy