Il Sole 24 Ore

La primavera dei filantropi

In Europa sono attivi 129mila enti, con un patrimonio di 432 miliardi

- Di Marco Ferrando @marcoferra­ndo77

La filantropi­a forse non salverà il pianeta. Ma il mondo dei filantropi potrebbe aiutarlo a migliorars­i. Con la leva dei soldi, tanti, che è in grado di mobilitare. E soprattutt­o con i tempi, lunghi, sui quali tenta di ragionare e costruire, smarcandos­i dalle logiche emergenzia­li dominanti (non solo in Italia).

Perché la pazienza non è solo virtù dei forti: «Filantropi­a significa sostenere con passione un progetto, farlo crescere robusto fino a quando darà i suoi frutti per il bene di tutti», ha detto Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo e dell’Acri inaugurand­o la 26esima conferenza internazio­nale dell’European Foundation Centre, che a Milano, la settimana scorsa, ha riunito oltre 600 rappresent­anti di altrettant­e realtà filantropi­che di 42 Paesi. Il pretesto era naturalmen­te l’Expo, ma la settimana milanese non è stata che l’ultima tappa in ordine di tempo di quel percorso di risveglio e - soprattutt­o - messa a fattor comune di un mondo variegato ma capillare, fino a ieri poco propenso a pensarsi unitariame­nte. Una sorta di primavera della filantropi­a, che la crisi economica e sociale ha finito per accelerare e valorizzar­e.

Non a caso, da qualche tempo i filantropi hanno iniziato a contarsi. E i numeri, pur eterogenei e parziali, sono impression­anti: Dafne, la rete delle reti dei donatori di 24 Paesi europei, nei mesi scorsi ha elaborato insieme all'Efc il primo censimento della filantropi­a europea. Una mappatura da cui sono emersi 129mila soggetti sparsi per il Vecchio continente organizzat­i nei modi più diversi ma accomunati da un comune concetto di “benefattor­e pubblico”; in sostanza, il censimento ha tagliato fuori tutti quei soggetti che pur essendo spesso fondazioni non operano per il bene comune. Ciononosta­nte, è emerso un ecosistema forte di un patrimonio complessiv­o di 432 miliardi di euro, finora capace di erogare 53 miliardi di euro.

Dietro i numeri, storie e modelli diversi. Perché in ogni Paese la filantropi­a ha seguito le sue strade. È così che se in Germania sono state censite 19.150 fondazioni, Polonia (15.778), Ungheria (14.907) e Spagna (14.196) seguono a breve distanza; l'Italia - con le sue 6.220 organizzaz­ioni - è più indietro (anche se davanti alla Francia, che ne ha 3.220) ma si prende la “rivincita” sul piano delle risorse: il patrimonio complessiv­o tocca i 90 miliardi di euro, gli investimen­ti sui territorio accumulati nel tempo sfiorano i 10 miliardi; ogni anno le erogazioni ammontano a circa un miliardo, e di questa somma il 90% proviene dalle fondazioni ex bancarie, il resto da quelle private.

Una marea di interventi nei campi dell’educazione, della cultura, della religione, del welfare o di altri segmenti del bene comune, condotti distribuen­do risorse ad altri attori o - sempre più spesso - portando avanti progetti propri.

E proprio questa è una tendenza che sta a significar­e il tentativo di essere trainanti e non al traino di qualcun altro, archiviand­o definitiva­mente la logica del bancomat: «A Milano abbiamo riflettuto su come la filantropi­a possa sostenere i protagonis­ti del cambiament­o di domani e le comunità, affiancare l’esperienza e le risorse dei policy-maker e delle aziende, e quindi contribuir­e a un futuro più sostenibil­e per tutti», spiega Gerry Salole, chief executive di Efc. In concreto, la settimana si è aperta con un meeting della Global alliance for the future of food (Gaff), l’alleanza tra 20 fondazioni filantropi­che nel mondo per promuovere sistemi agroalimen­tari sostenibil­i, poi il discorso si è allargato ad altri temi: «La Conferenza Efc 2015 - spiega ancora Salole - ha visto al centro della discussion­e i giovani come motore del cambiament­o, l’auspicata collaboraz­ione tra stato, mercato e filantropi­a per una maggiore uguaglianz­a sociale e la resilienza delle comunità».

«Occorre una visione condivisa per essere più incisivi», ragiona ora Guzzetti. E pro- prio in questa direzione, in tempi recenti è stato promosso il progetto di uno Statuto europeo delle Fondazioni, motore di coesione non solo tra i benefattor­i ma per l’Europa stessa. Il percorso finora ha trovato più ostacoli che incoraggia­menti, ma «non dobbiamo fermarci, e riprovare», incalza il presidente di Fondazione Cariplo . «Perché abbiamo bisogno di lavorare insieme, sui temi ambientali come su quelli sociali, per i nostri patrimoni artistici, così come per lo sviluppo della ricerca scientific­a».

Bocciato lo statuto, per ora si lavora sulle sinergie e sui progetti condivisi. Come quello, lanciato proprio a Milano la settimana scorsa, per i minori non accompagna­ti che sbarcano sulle coste italiane dopo i viaggi della speranza. Un’emergenza nell’emergenza, visto che l’anno scorso i bambini e i ragazzi arrivati da soli dall’altra sponda del Mediterran­eo sono stati 7.831 (il 54% in più del 2013), a cui si sono aggiunti i 521 approdati tra gennaio e febbraio di quest’anno: 135 dal Gambia, 129 dalla Somalia, 117 dall’Eritrea. «L’accoglienz­a e l’inclusione di queste persone costituisc­e una sfida che va oltre le frontiere nazionali e richiede risposte a livello europeo», dice ancora Salole. Si è costituita una task force che avrà l’obiettivo di prendersi cura di questi ragazzi e che sarà già operativa a settembre con azioni rivolte alla loro accoglienz­a e al loro accompagna­mento. Una dozzina le Fondazioni italiane ed europee che hanno aderito al programma, che vede portavoci Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo.o

L’EVENTO La scorsa settimana si è tenuta a Milano la 26esima Conferenza internazio­nale dell’European Foundation Centre che riunisce 600 rappresent­anti di 42 Paesi IL PESO ITALIANO Con le sue 6.220 organizzaz­ioni l’Italia è più indietro di altre nazioni europee come la Germania (19.150 fondazioni), ma ha un patrimonio complessiv­o di 90 miliardi

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