La primavera dei filantropi
In Europa sono attivi 129mila enti, con un patrimonio di 432 miliardi
La filantropia forse non salverà il pianeta. Ma il mondo dei filantropi potrebbe aiutarlo a migliorarsi. Con la leva dei soldi, tanti, che è in grado di mobilitare. E soprattutto con i tempi, lunghi, sui quali tenta di ragionare e costruire, smarcandosi dalle logiche emergenziali dominanti (non solo in Italia).
Perché la pazienza non è solo virtù dei forti: «Filantropia significa sostenere con passione un progetto, farlo crescere robusto fino a quando darà i suoi frutti per il bene di tutti», ha detto Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo e dell’Acri inaugurando la 26esima conferenza internazionale dell’European Foundation Centre, che a Milano, la settimana scorsa, ha riunito oltre 600 rappresentanti di altrettante realtà filantropiche di 42 Paesi. Il pretesto era naturalmente l’Expo, ma la settimana milanese non è stata che l’ultima tappa in ordine di tempo di quel percorso di risveglio e - soprattutto - messa a fattor comune di un mondo variegato ma capillare, fino a ieri poco propenso a pensarsi unitariamente. Una sorta di primavera della filantropia, che la crisi economica e sociale ha finito per accelerare e valorizzare.
Non a caso, da qualche tempo i filantropi hanno iniziato a contarsi. E i numeri, pur eterogenei e parziali, sono impressionanti: Dafne, la rete delle reti dei donatori di 24 Paesi europei, nei mesi scorsi ha elaborato insieme all'Efc il primo censimento della filantropia europea. Una mappatura da cui sono emersi 129mila soggetti sparsi per il Vecchio continente organizzati nei modi più diversi ma accomunati da un comune concetto di “benefattore pubblico”; in sostanza, il censimento ha tagliato fuori tutti quei soggetti che pur essendo spesso fondazioni non operano per il bene comune. Ciononostante, è emerso un ecosistema forte di un patrimonio complessivo di 432 miliardi di euro, finora capace di erogare 53 miliardi di euro.
Dietro i numeri, storie e modelli diversi. Perché in ogni Paese la filantropia ha seguito le sue strade. È così che se in Germania sono state censite 19.150 fondazioni, Polonia (15.778), Ungheria (14.907) e Spagna (14.196) seguono a breve distanza; l'Italia - con le sue 6.220 organizzazioni - è più indietro (anche se davanti alla Francia, che ne ha 3.220) ma si prende la “rivincita” sul piano delle risorse: il patrimonio complessivo tocca i 90 miliardi di euro, gli investimenti sui territorio accumulati nel tempo sfiorano i 10 miliardi; ogni anno le erogazioni ammontano a circa un miliardo, e di questa somma il 90% proviene dalle fondazioni ex bancarie, il resto da quelle private.
Una marea di interventi nei campi dell’educazione, della cultura, della religione, del welfare o di altri segmenti del bene comune, condotti distribuendo risorse ad altri attori o - sempre più spesso - portando avanti progetti propri.
E proprio questa è una tendenza che sta a significare il tentativo di essere trainanti e non al traino di qualcun altro, archiviando definitivamente la logica del bancomat: «A Milano abbiamo riflettuto su come la filantropia possa sostenere i protagonisti del cambiamento di domani e le comunità, affiancare l’esperienza e le risorse dei policy-maker e delle aziende, e quindi contribuire a un futuro più sostenibile per tutti», spiega Gerry Salole, chief executive di Efc. In concreto, la settimana si è aperta con un meeting della Global alliance for the future of food (Gaff), l’alleanza tra 20 fondazioni filantropiche nel mondo per promuovere sistemi agroalimentari sostenibili, poi il discorso si è allargato ad altri temi: «La Conferenza Efc 2015 - spiega ancora Salole - ha visto al centro della discussione i giovani come motore del cambiamento, l’auspicata collaborazione tra stato, mercato e filantropia per una maggiore uguaglianza sociale e la resilienza delle comunità».
«Occorre una visione condivisa per essere più incisivi», ragiona ora Guzzetti. E pro- prio in questa direzione, in tempi recenti è stato promosso il progetto di uno Statuto europeo delle Fondazioni, motore di coesione non solo tra i benefattori ma per l’Europa stessa. Il percorso finora ha trovato più ostacoli che incoraggiamenti, ma «non dobbiamo fermarci, e riprovare», incalza il presidente di Fondazione Cariplo . «Perché abbiamo bisogno di lavorare insieme, sui temi ambientali come su quelli sociali, per i nostri patrimoni artistici, così come per lo sviluppo della ricerca scientifica».
Bocciato lo statuto, per ora si lavora sulle sinergie e sui progetti condivisi. Come quello, lanciato proprio a Milano la settimana scorsa, per i minori non accompagnati che sbarcano sulle coste italiane dopo i viaggi della speranza. Un’emergenza nell’emergenza, visto che l’anno scorso i bambini e i ragazzi arrivati da soli dall’altra sponda del Mediterraneo sono stati 7.831 (il 54% in più del 2013), a cui si sono aggiunti i 521 approdati tra gennaio e febbraio di quest’anno: 135 dal Gambia, 129 dalla Somalia, 117 dall’Eritrea. «L’accoglienza e l’inclusione di queste persone costituisce una sfida che va oltre le frontiere nazionali e richiede risposte a livello europeo», dice ancora Salole. Si è costituita una task force che avrà l’obiettivo di prendersi cura di questi ragazzi e che sarà già operativa a settembre con azioni rivolte alla loro accoglienza e al loro accompagnamento. Una dozzina le Fondazioni italiane ed europee che hanno aderito al programma, che vede portavoci Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo.o
L’EVENTO La scorsa settimana si è tenuta a Milano la 26esima Conferenza internazionale dell’European Foundation Centre che riunisce 600 rappresentanti di 42 Paesi IL PESO ITALIANO Con le sue 6.220 organizzazioni l’Italia è più indietro di altre nazioni europee come la Germania (19.150 fondazioni), ma ha un patrimonio complessivo di 90 miliardi