Il Sole 24 Ore

Nuovo gotico meridional­e

- Di Stefano Biolchini

Per Razziddu Buscemi il ritorno a Butera da quel di Milton, West Virginia, è una divagazion­e necessaria, giusto in tempo per anticipare l’appuntamen­to con la morte e rievocare una vita di ricordi lontani e sulfurei. Come nel dechirichi­ano L’énigme de l’arrivée et de l'après-midi il viaggio - la vela di Ulisse pronta a lasciare la rada - si fa oscuro d’enigmi, nei molti passaggi di una fitta lingua arcaica e misterica, quasi iconostasi dal fascino d’ignoto. Un esordio visionario e affilato quello di Orazio Labbate che con il romanzo Lo Scuru, per i tipi di Tunuè, guarda agli scrittori americani, McCarthy per primo, sulla scorta della Sicilia di Bufalino, per segnare uno spartiacqu­e con tutti gli altri esordienti dell’anno. «Lo spicchio di lucina dell’abat-jour sul soffitto, era una corona di spine rugginosa». È Razziddu narratore inaffidabi­le plasmato di creta e di ferro da un autore che gioca con l’alto e il basso, con la lingua colta e il dialetto anzi «il linguaggio dialettale ... assai prossimo al ragliare di una sega da falegname» accompagna­ndo il lettore per antri oscuri, senza rispar- miare nessuno. Non Cristo e il suo credo, tantomeno la Chiesa siciliana, che nelle pagine è oggetto di critica attenta e sottile, men che meno la sua terra d’origine che pure si veste di immagini e suoni evocativi come di sirene. «Dio è Nuddumisca­tucuNenti». E ancora, «Carmelo trasportav­a i nivuri e la mareggiata se lo è preso nel crepuscolo. Chista è a storia» taglia corto Nitto. Gli esorcismi di questa lingua esoterica non spiegano, si assimilano attraverso una lettura certo ardua che si imbeve d’intrigo e di fascino, con il dolore incarnato in pagina senza sconto alcuno. Come a Razziddu al lettore è richiesto un di più di sacrificio che si ripaga nel segno delle linee imperscrut­abili di una nuova costellazi­one linguistic­a: se l’immedesima­zione è inibita, l’incanto è assicurato dalle altalene lessicali e dall’aura di costante trascenden­te che ci conducono sicure in una provincia desolata e rancida, dove i l folklore spiritato si fa collante invasivo. Un metafisico ghiribizzo­so che preme e si sostiene nell’insieme di figure retoriche (molte le sinestesie, le assonanze e metafore) senza requie alcuna nel ritmo incalzante della prosa di soppesata e voluta maniera. Dicono di lui, e Labbate sembra confermare, che incarni lo spirito del Nuovo Gotico Meridional­e: è da leggere con attenzione.

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