Nuovo gotico meridionale
Per Razziddu Buscemi il ritorno a Butera da quel di Milton, West Virginia, è una divagazione necessaria, giusto in tempo per anticipare l’appuntamento con la morte e rievocare una vita di ricordi lontani e sulfurei. Come nel dechirichiano L’énigme de l’arrivée et de l'après-midi il viaggio - la vela di Ulisse pronta a lasciare la rada - si fa oscuro d’enigmi, nei molti passaggi di una fitta lingua arcaica e misterica, quasi iconostasi dal fascino d’ignoto. Un esordio visionario e affilato quello di Orazio Labbate che con il romanzo Lo Scuru, per i tipi di Tunuè, guarda agli scrittori americani, McCarthy per primo, sulla scorta della Sicilia di Bufalino, per segnare uno spartiacque con tutti gli altri esordienti dell’anno. «Lo spicchio di lucina dell’abat-jour sul soffitto, era una corona di spine rugginosa». È Razziddu narratore inaffidabile plasmato di creta e di ferro da un autore che gioca con l’alto e il basso, con la lingua colta e il dialetto anzi «il linguaggio dialettale ... assai prossimo al ragliare di una sega da falegname» accompagnando il lettore per antri oscuri, senza rispar- miare nessuno. Non Cristo e il suo credo, tantomeno la Chiesa siciliana, che nelle pagine è oggetto di critica attenta e sottile, men che meno la sua terra d’origine che pure si veste di immagini e suoni evocativi come di sirene. «Dio è NuddumiscatucuNenti». E ancora, «Carmelo trasportava i nivuri e la mareggiata se lo è preso nel crepuscolo. Chista è a storia» taglia corto Nitto. Gli esorcismi di questa lingua esoterica non spiegano, si assimilano attraverso una lettura certo ardua che si imbeve d’intrigo e di fascino, con il dolore incarnato in pagina senza sconto alcuno. Come a Razziddu al lettore è richiesto un di più di sacrificio che si ripaga nel segno delle linee imperscrutabili di una nuova costellazione linguistica: se l’immedesimazione è inibita, l’incanto è assicurato dalle altalene lessicali e dall’aura di costante trascendente che ci conducono sicure in una provincia desolata e rancida, dove i l folklore spiritato si fa collante invasivo. Un metafisico ghiribizzoso che preme e si sostiene nell’insieme di figure retoriche (molte le sinestesie, le assonanze e metafore) senza requie alcuna nel ritmo incalzante della prosa di soppesata e voluta maniera. Dicono di lui, e Labbate sembra confermare, che incarni lo spirito del Nuovo Gotico Meridionale: è da leggere con attenzione.