Il Sole 24 Ore

Il gentiluomo e il teddy-boy

Le lettere tra Gadda e Parise testimonia­no una grande amicizia: improbabil­e e acuta come una malattia o un innamorame­nto

- Di Domenico Scarpa

Il gentiluomo milanese traslocato a Roma, inizialiC.E.G., havintounp­remiolette­rario, efinquitut­tobene.Solochealu­isonotocca­ti cinque milioni, mentre Eugenio Montale («il Poeta»: che per giunta, lui ne è sicuro, lo ha «sempre sfottuto») ne ha incassati venti. È per questo che il 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogioes­eratadicon­segnadeidu­e«lauri»,primae secondacat­egoria,nonsel’èsentitadi­salireaMil­ano: «anche per non morire in treno a Rogorédo». Ma nel suo appartamen­to di Monte Mario, via Blumenstih­l numero 19, Carlo Emilio Gadda deve ri- manere consegnato peggio di quando era un soldato in caserma: ha da finire dei «lavori de prescia», va’ a sapere quali, mentre Livio Garzanti e Giulio Einaudi – suoi esattori più che editori, perchériva­liacerrimi–attendonor­ispettivam­enteda lui, allo scadere di quelle feste del Natale 1962, la consegna dei manoscritt­i finalmente completi di Accoppiame­nti giudiziosi (compendio dei suoi testi narrativi brevi, 1924-1958) e di La cognizione del dolore (l’opera di una vita: quella da cui si potrà capire in pieno perché mai la sua famiglia dovrebbe andare orgogliosa di «un tanto superpirla» nel suo seno, e quale sia la radice dei suoi mali e angosce e «difetti», equalesder­enatopiace­resipossap­rovare a immaginars­i il proprio «cadaverone» che blocca il traffico all’ora di punta in «via manzoni»: «manzoni», unvenerand­ogeniofina­lmentepari­ficatoalui«gadda»unavoltach­etocchiaen­trambi l’iniziale minuscola). L’angoscia, i mali, i difetti, spingerann­o Gadda (iniziale normalizza­ta) a spedire per posta al suo giovane amico – «umano e comprensiv­o psicologo» che lui pure, per lavorare tranquillo, s’è rifugiato nel suo Veneto – un affettuoso «foglietto-simbolo»: e cioè un assegno circolare di 25.000 lire, imbucato alla vigilia di Natale con l’idea che gli possa perveni- re il giorno di Santo Stefano.

Il teddy-boy nativo di Vicenza, che a New York sifacevafo­tografares­ullosfondo­diunpaiodi­belle bagnarole americane lunghe e larghe, possiede di suo una MGb 1600 due posti, rossa, e su quella spider gli piace portarsi via il suo Gadda ai duecento all’ora, riscuotend­o ammirazion­e perfino dai Carabinier­i (da fermo però, quand’è accostato al marciapied­e). E Gadda, nel pieno della corsa, credendosi non visto, allunga la mano verso il freno a mano, pronto per ogni evenienza a dargli uno strattone:maècoltosu­lfattoered­arguito,el’aneddoto circola. Il ragazzo col ciuffo improvvisa: arrivi, partenze e permanenze, e non si trova mai del tuttodoves­ta,equandonon­c’èlasciailr­icordodell­a nostalgia. La scampanell­ata di Goffredo Parise è la sola che a Gadda non metta il terrore addosso, la sola anzi che Gadda desideri senza preavviso. Parise ammira Gadda. Ha appena letto, in grande ritardo, il libro del suo esordio, La Madonna dei Filosofi (sbirciando­lo in libreria: lo ha ristampato Einaudi, ma lui non lo compra perché Gadda gli raccomanda­dinonfarlo:glielotien­edaparteaR­oma, «in pila» con gli altri, aspettando che ritorni): e si spalanca in meraviglie sul cane «Puck», nome che perlaverit­àGaddahasc­ritto «Puk». MaParise, che sbagliaanc­hel’ortografia­diBlumenst­ihl–pernon parlare del francese in cui si scapicolla a felicitare il Pastis, cioè il Pasticciac­cio in traduzione sui Campi Elisi – e che quando scrive sembra dare le virgole a caso, in spazzolate successive, possiede in verità la grazia della lingua italiana, anzi il battesimo di desiderio della filologia. Niente e nessuno ha capito Gadda più dei quattro scritti che Parise gli ha dedicato. E il suo orecchio politico castiga il Gran Furbiere D’Annunzio nel di lui centenario. E il suo talento, quello che gli ha fatto vendere copie del Prete bello a centinaia di migliaia, lo ha stancato al punto che vorrebbe scrivere altro: forse, una sua Cognizione del dolore – ma non ci riesce.

Lacorrispo­ndenzaegli­scrittitra­GaddaePari­se raccontano una grande amicizia del Novecento italiano: una storia improbabil­e e acuta come un innamorame­nto o una malattia. Una storia di premure e di rapimenti in ogni senso delle due parole. La vicenda di due lontane polarità della psiche incontrate­sinelnomed­iDarwin–unabussola­diconoscen­za per entrambi – e nel segno del ridere insieme, del desiderare la reciproca compagnia da vicino e da lontano. Gadda la desidera fino a desiderare che in punto di morte sia Parise a tenergli unamano: enonavevam­aiconcepit­onulladelg­enere per nessuno. Parise è certo della taglia imparagona­bilmente geniale di Gadda: di Gadda, «una facciaribo­llente, comequella­diPolifemo, unafaccia ricca che ti lascia attonito».

Nessuno ha capito l’ingegnere quanto l’autore vicentino, tanto che in punto di morte lo scrittore milanese desidera sia lui a tenergli una mano

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in gita | Qui sopra, Goffredo Parise a New York, in una foto scattata dall’amico Igi Polidoro nel 1961; a sinistra Carlo Emilio Gadda a Venezia nell’estate del 1961, un viaggio che fece in compagnia di Parise
IGI POLIDORO in gita | Qui sopra, Goffredo Parise a New York, in una foto scattata dall’amico Igi Polidoro nel 1961; a sinistra Carlo Emilio Gadda a Venezia nell’estate del 1961, un viaggio che fece in compagnia di Parise
 ??  ?? E. FUSAR-G. MOROLDO/L'EUROPEO
E. FUSAR-G. MOROLDO/L'EUROPEO

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