Ville vandalizzate e poi salvate
Sono due storie molto travagliate ma con lieto fine quelle della Villa Cavrois a Croix, vicino a Lille, e della casa di Eileen Gray a Roquebrune-Cap-Martin, in Costa Azzurra, capolavori dell’architettura moderna francese che in queste settimane riaprono al pubblico dopo anni di incuria e vandalismi. Si tratta di due abitazioni molto diverse: la prima, progettata da Robert Mallet-Stevens, offre l’immagine di una lussuosa sobrietà, pacatamente moderna e nordica; la seconda fu invece il banco di prova della giovane designer irlandese, desiderosa creare una maison minimum all’avanguardia ma in armonia con il sole mediterraneo.
La Villa Cavrois, che aprirà il 13 giugno, fu voluta nel 1929 dall’industriale Paul Cavrois per dare un sontuoso tetto alla sua numerosa famiglia. L’architetto rispose con un’enorme costruzione squadrata in mattoni gialli di ben 3.800 metri quadri, ispirata all’architettura di Wilem Marinus Dudok e alla tradizione dei castelli francesi. Più che una villa è difatti un moderno château – come dimostra il monumentale specchio d’acqua nel giardino – al cui interno si sposano l'eleganza del Palais Stoclet di Bruxelles e le più avanzate tecnologie: aria condizionata, ascensore (disegnato da Jean Prouvé), telefono, orologi elettrici e tanta, tantissima luce.
Inaugurata in pompa magna nel 1932, la villa fu poi occupata dai nazisti e nel 1947 tornò al proprietario, che la modificò profondamente. Dopo la morte dei due coniugi iniziò il degrado: nel 1987 gli arredi furono messi all’asta e la villa fu venduta a una società intenzionata a di- videre il terreno e a distruggere l’edificio. Per fortuna, nel 1990 fu creata un’associazione per la sua salvaguardia e l’edificio divenne monumento nazionale. Per un altro decennio, tuttavia, la villa rimase abbandonata e vandalizzata, finché nel 2001 lo Stato acquistò l’immobile scongiurando ogni minaccia e avviando un costoso restauro – 23 milioni di euro – per riportarla allo stato originale. Impresa non facile, come si può constatare nella stanza dei bambini, lasciata apposta nelle condizioni in cui versava prima dei lavori. Molti degli arredi originali sono stati rintracciati e riacquistati, le decorazioni riprodotte in base alle fotografie e ai frammenti superstiti. Sono stati ad esempio ricostruiti i pannelli luminosi che introducono al grande salone, espediente scenografico che testimonia l’attività di Mallet-Stevens come creatore di set cinematografici (uno per tutti quello de L’inhumaine di Marcel L’Herbier).
Mille chilometri più a sud è stata invece riaperta la casa “E-1027”, progettata da Eileen Gray con Jean Badovici tra il 1926 e il 1929. Lo strano nome deriva dalle iniziali dei due: E come Eileen, 10-2-7 come le lettere J-B-G tradotte in numeri. La casa assomiglia a un piccolo battello incagliato sulle rocce davanti alla baia, una maison en bord de mer con interni costellati di invenzioni di una designer fuori dal comune. I differenti tipi di finestra, ad esempio, studiati in base al sole e al vento; i pannelli riflettenti che amplificano lo spazio; la poltrona Bibendum e la sedia Nonconformist, con un solo bracciolo; lo specchio Satellite, che permette di guardarsi la nuca. «Entrate lentamente», scrisse la Gray all’ingresso, esortando a cogliere passo dopo passo il senso della sua architettura.
Nel 1938 la casa fu visitata da Le Corbusier, che decise di dipingervi – completamente nudo, come mostrano alcuni celebri scatti – otto grandi murales. Eileen, che ormai abitava altrove, considerò questa “aggiunta” una terribile profanazione del carattere originale. Secondo alcuni fu un gesto di invidia per un progetto bellissimo, fatto da una donna. Sicura- mente il Maestro era ossessionato dal luogo: infatti a poca distanza costruì, nel 1952, il suo famoso Cabanon, piccolo rifugio che lo ospiterà fino alla morte avvenuta nelle acque lì davanti nel 1965. Occupata durante la guerra dai soldati tedeschi, che scelsero i murales di Corbu per allenarsi al tiro a segno, la E-1027 fu acquistata da un ginecologo nel 1974, che proprio qui sarà assassinato vent'anni più tardi dal suo giardiniere. Poi fu la volta di vagabondi e squatters, autori di vari danni. Nel 2000 la casa fu rilevata dallo Stato e dichiarata monumento nazionale, ma le sofferenze non finirono. Le lunghe fasi del restauro, svolte da più attori, sono state criticate per svariati motivi, a torto o a ragione: perché avrebbero richiesto costante manutenzione (come d'altronde è ovvio), per sostituzioni considerate improprie, per i tempi dilatati. Come per la Villa Cavrois, simili interventi faranno discutere a lungo gli specialisti; almeno però, oggi possiamo entrare e goderci un raro scorcio di modernità.