E Wildt conquista l’Orangerie
Dopo la riconsacrazione nazionale con la rassegna dedicatagli nel 2012 a Forlì per iniziativa della Fondazione Cassa de’ Risparmi, il milanese Adolfo Wildt guadagna finalmente l a ribalta internazionale con la mostra organizzata all’Orangerie di Parigi dal Musèe d’Orsay, che ha acquistato un anno fa una magnifica versione in bronzo della testa del suo Vir temporis acti. Popolarissimo e celebrato in vita, Wildt venne travolto dopo la seconda guerra mondiale da una sorta di damnatio memoriae , sia per il suo coinvolgimento con il fascismo, sia per la difficoltà di accettare il suo virtuosismo e i contenuti oscuri del suo simbolismo. Adorato da Margherita Sarfatti - amante di Mussolini e ispiratrice delle scelte culturali del regime - fu incaricato proprio da lei di eseguire un busto e una maschera del Duce destinati a infinite repliche e ad essere riprodotti in tutti i libri scolastici e di propaganda.
Come conferma la mostra parigina, presentando in un percorso cronologico gessi, marmi, bronzi, bozzetti, disegni e straordinarie foto d’epoca di opere disperse o non movimentabili, Wildt ha saputo esplorare nelle sue statue dedicate ai grandi temi universali della vita, della morte, della maternità, del dolore, della follia, nei suoi estrosissimi monumenti funerari e celebrativi, nei ritratti, nei disegni realizzati ad inchiostro e oro su pergamena, uno straordinario universo iconografico reso attraverso uno tecnica ed uno stile assolutamente originali. L’accostamento con le opere di alcuni maestri antichi, come Cosmè Tura, Carlo Crivelli, Bronzino, Canova e contemporanei, come Casorati, Meštrovic, Rodin – ma sarebbe stato perfetto il dialogo con Klimt - spiega la profondità della sua cultura visiva e la capacità di confrontarsi sia con il passato che con il presente. Mentre l’inserimento, alla fine della mostra, della significativa testimonianza dei suoi due allievi prediletti, negli anni in cui ha insegnato scultura a Brera, Fontana e Melotti , conferma la sua modernità, grande interprete come sostenne Ojetti «della nostra epoca stanca e ansiosa, credula e curiosa».